Alla fine degli anni sessanta del secolo della bomba atomica
le manifestazioni per lo più studentesche andarono a colpire anche il cinema
non solo come fase produttiva ma anche culturale. I cineforum ed i Circoli del
Cinema unitamente alle Associazioni di cui facevano parte attraversarono una fase
burrascosa che portò a scissioni intestine da cui vennero fuori nuove sigle che
favorirono un diverso approccio con le opere e gli autori. Da tutto ciò non
rimase indietro il Cineforum “Don Orione” allora legato con la parrocchia e l’istituto
dentro cui agiva. Parte dei dirigenti quel circolo si staccarono per dare vita
al Circolo di Cultura Cinematografica “Umberto Barbaro”. A portare avanti le
iniziative del “Barbaro” fino alla metà degli anni settanta fu il professor
Guerrera e dopo una pausa di qualche anno da un gruppo di cinefili usciti anch'essi
dal vecchio “Don Orione”. Le prime programmazioni del “Barbaro”, avvenivano al
cinema Aurora in via XXVII Luglio,
riflettevano l’ideologia degli ideatori i programmi e le opere dei fratelli
Taviani o della Cavani non mancavano mai dagli schermi accanto ai meno noti
registi dell’America Latina. Successivamente, negli anni dei cinefili, si
andarono a divulgare generi ed autori considerati di culto cosicché accanto a
Monte Hellman si accostava Sergio Citti. I più intellettuali di quei cinefili
diedero vita anche ad un evento abbastanza unico per la città dello Stretto,
che portò il nome di “Saggi dell’Espressionismo Tedesco”. Le programmazioni di
questi anni avvenivano al cinema Royal
di via Palermo come anche al cinema Orientale
di Gianni Parlagreco a Camaro. Quella del “Barbaro” è una storia breve, legata
alla stagione in cui ancora nella città le sale erano abbastanza numerose, connessa
anche al desiderio di portare gli autori esclusi da quel circuito ormai
dissolto.
Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
giovedì 26 gennaio 2017
mercoledì 25 gennaio 2017
Le cinéma vu par Bonnaffé
Schiava d'amore Раба любви (Raba ljubvi)
reg. Nikita Mikhalkov (Никита Сeргеевич Михалков)
Il Pistolero (The Shootits) (1976)
reg. Don Siegel
La Luna (1979)
reg. Bernardo Bertolucci
martedì 24 gennaio 2017
Hell & High Hell
Al contrario del cinema italico asfissiato da tempo memorabile, quello giapponese e quello hollywoodiano si rinnovano anno dopo anno sulle proprie carni. Provate per credere con questi due:
il primo, Why Don't You Play in Hell? del 2013 di Sion Sono (alla giapponese va letto capovolto);
il secondo, Hell or High Water del 2016 di David Mackenzie.
Sono cento anni e passa di cinema mai venuto meno, specie il nipponico, dove generi, situazioni e personaggi rinascono come nei verdi anni passati, costringendo lo spettatore appassionato to cross the gates of hell, incollato sullo schermo dalla pista sonora anche essa rivisitata con piglio contemporaneo noché dalle cameras RED EPIC e ARRI con ottiche Zeiss e Angenieux.
lunedì 23 gennaio 2017
Diario di un soggettista - un'idea immorale per il pubblico
La scelta d’un soggetto dipende dal momento in cui
l’attenzione di tutti quelli che lavorano si appunta su un personaggio, quale
esso sia, di dovunque venga. Questo è il lato più misterioso della creazione
cinematografica. Un personaggio che ha preso Ia mano domina tutto e non c’è più
verso di levarselo di torno. E non si sa come si sia conquistato questo pesto.
Eccoci attorno alla donna che canta sul palcoscenico come attorno a un’ostrica
che tutti ci studiamo di aprire con ogni mezzo senza scheggiarne la conchiglia.
La cantatrice del palcoscenico è una famosa attrice
decaduta.
E decaduta con la guerra che ha travolto molti uomini
e molle fortune.
La cantatrice del palcoscenico non può essere tanto
attraente perché dalla guerra a oggi sono passati venti anni. Se vogliamo
rappresentarla ancora giovane bisogna che andiamo al 1920, e mettiamo tutta
l’azione intorno a quell’anno.
Un momento: la cantatrice di palcoscenico può avere
una figlia molto bella; e di questa figlia molto bella si dovrebbe innamorare
l’ufficiale schiaffeggiato.
Nossignori: la cantatrice di palcoscenico ha una figlia
molto bella; di costei s’innamora l’ufficiale schiaffeggialo: ma la cantante é
a sua volta innamorata dell’ufficiale che ella ha schiaffeggialo.
Benissimo. Siamo al contrasto. Però l’ufficiale,
quanti anni ha? Deve avere pressappoco l’età della cantante. Un’idea. La cantante
é stata in altri tempi l’amante dell’ufficiale schiaffeggialo, e sulle prime non lo riconosce. Lo riconosce
poi.
Magnificamente. La cantante vuole impedire che
l’ufficiale schiaffeggiato, di cui ella fu amante,prima della guerra, concepisca
una passione verso sua figlia e che sua figlia s’innamori di lui.
Molto bene.
Anzi potrebbe finire cosi: lei, davanti alla passione
che nasce tra il suo amante di una volta e sua figlia...
Ma state a sentire: se l’ufficiale che era stato l’amante
della cantante vuole sposare la figlia di costei?
Per carità. E‘ immorale.
Immorale? E prima non era immorale?
Immorale per il pubblico. Questo offende il pubblico.
C’é una soluzione. La cantante, per impedire che
l’ufficiale seduca la sua figliola, gli spara una revolverata.
Ma signori, questo è I’intreccio di Mazurka tragica.
E vero. Ricominciamo daccapo.
(continua)
(Da “Scenario “, Marzo XV).
BIANCO
E NERO Anno I –
N. 3 – 31 Marzo 1937 - XV
domenica 22 gennaio 2017
giovedì 19 gennaio 2017
mercoledì 18 gennaio 2017
Ernst Lubitsch vs Frank Borzage
L’UNGHIA DEL LEONE
VERSO la fine di Desiderio,
il film diretto da Frank Borzage (supervisore Ernst Lubitsch) la ladra - Marlene
Dietrich – si pente della vita che ha condotto fino allora, restituisce il
vezzo di perle rubato, e prendendo nella sua la mano del bravo ingegnere – Gary
Cooper - incomincia una nuova esistenza.
Rimane sempre, però, da saldare il conto con la giustizia. Come evitare
una scena di tribunale? Scena che, trattandosi ormai semplicemente di
ratificare quanto in senso morale e individuale – la coscienza dell’ex ladra –
è già liquidato, non avrebbe portato niente di nuovo allo svolgimento della
fine, sarebbe certo risultata inutile e sgradita. Facciano bene attenzione gli
scenaristi: ecco come Lubitsch (perché è senz’altro sua, questa trovata)
risolve da maestro il suo facile problema.
Lubitsch finge dunque di dimenticarsi d’aver riconosciuto la necessità
d’inserire questa scena: che, infatti, non appare nella pellicola: Soltanto
che, a un certo punto, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, l’ingegnere
fidanzato, invece di presentare il documento che autorizza le sue nozze con
Marlene, presenta per isbaglio la sentenza del tribunale, che ha inflitto alla
ladra di gioielli la condanna penale.
Dunque, proprio nel momento quando sappiamo imminente quella grande
gioia della unione legittima di cui è simbolo il prezioso documento di
autorizzazione al matrimonio, scoppia il motivo della legge offesa, come un
fulmine. Un fulmine, bisogna dirlo, che si spenge prima di cadere, e non causa
che un attimo penoso. E forse, neppure quello: dato che la peccatrice
recentemente purificata non ha avuto il tempo di crearsi una sensibilità molto
raffinata per questo genere di faccende.
Ai nervi meno coriacei dello spettatore, invece, questo piccolo brivido
imprevisto è come un ottimo condimento per la piacevole pietanza del ‘ lieto
fine ‘.
E per mezzo del documento uscito per isbaglio dalle tasche di Cooper
che si stabilisce fulmineo un corto circuito fra passato di vergogna e lieto
avvenire. Questi due stadi contraddittori sono portati, grazie all’apparizione
inaspettata del documento di condanna, sotto il segno di un denominatore
comune, di cui il secondo documento – quello di nozze – rappresenta l’elemento
di scambio. La trovata produce inoltre nell’animo del pubblico un
caratteristico momento di sospensione, per il motivo che tutto ad un tratto si
rappresenta a noi – che lo avevamo ormai dimenticato – il Male nelle vesti
stesse della Felicità. L’errore di documento, subito ritirato, oltre a colmare
in modo fulmineo e retrospettivo una lacuna del racconto cinematografico, serve
egregiamente a porre in maggior rilievo, con una piccola ombra nera,
l’immacolato splendore della cerimonia nuziale.
CINEMA, QUINDICINALE DI
DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA, Luglio –
Dicembre 1936 Anno XV
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