L’UNGHIA DEL LEONE
VERSO la fine di Desiderio,
il film diretto da Frank Borzage (supervisore Ernst Lubitsch) la ladra - Marlene
Dietrich – si pente della vita che ha condotto fino allora, restituisce il
vezzo di perle rubato, e prendendo nella sua la mano del bravo ingegnere – Gary
Cooper - incomincia una nuova esistenza.
Rimane sempre, però, da saldare il conto con la giustizia. Come evitare
una scena di tribunale? Scena che, trattandosi ormai semplicemente di
ratificare quanto in senso morale e individuale – la coscienza dell’ex ladra –
è già liquidato, non avrebbe portato niente di nuovo allo svolgimento della
fine, sarebbe certo risultata inutile e sgradita. Facciano bene attenzione gli
scenaristi: ecco come Lubitsch (perché è senz’altro sua, questa trovata)
risolve da maestro il suo facile problema.
Lubitsch finge dunque di dimenticarsi d’aver riconosciuto la necessità
d’inserire questa scena: che, infatti, non appare nella pellicola: Soltanto
che, a un certo punto, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, l’ingegnere
fidanzato, invece di presentare il documento che autorizza le sue nozze con
Marlene, presenta per isbaglio la sentenza del tribunale, che ha inflitto alla
ladra di gioielli la condanna penale.
Dunque, proprio nel momento quando sappiamo imminente quella grande
gioia della unione legittima di cui è simbolo il prezioso documento di
autorizzazione al matrimonio, scoppia il motivo della legge offesa, come un
fulmine. Un fulmine, bisogna dirlo, che si spenge prima di cadere, e non causa
che un attimo penoso. E forse, neppure quello: dato che la peccatrice
recentemente purificata non ha avuto il tempo di crearsi una sensibilità molto
raffinata per questo genere di faccende.
Ai nervi meno coriacei dello spettatore, invece, questo piccolo brivido
imprevisto è come un ottimo condimento per la piacevole pietanza del ‘ lieto
fine ‘.
E per mezzo del documento uscito per isbaglio dalle tasche di Cooper
che si stabilisce fulmineo un corto circuito fra passato di vergogna e lieto
avvenire. Questi due stadi contraddittori sono portati, grazie all’apparizione
inaspettata del documento di condanna, sotto il segno di un denominatore
comune, di cui il secondo documento – quello di nozze – rappresenta l’elemento
di scambio. La trovata produce inoltre nell’animo del pubblico un
caratteristico momento di sospensione, per il motivo che tutto ad un tratto si
rappresenta a noi – che lo avevamo ormai dimenticato – il Male nelle vesti
stesse della Felicità. L’errore di documento, subito ritirato, oltre a colmare
in modo fulmineo e retrospettivo una lacuna del racconto cinematografico, serve
egregiamente a porre in maggior rilievo, con una piccola ombra nera,
l’immacolato splendore della cerimonia nuziale.
CINEMA, QUINDICINALE DI
DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA, Luglio –
Dicembre 1936 Anno XV
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