mercoledì 20 gennaio 2016

Necrologia di uno scrittore

Michel Tournier (1924-2000)1
Nato nel centro di Parigi, ha capito immediatamente che si trattava della città più inospitale del mondo, soprattutto nei confronti dei giovani. Così abitò per tutta la vita nel presbiterio di un piccolo villaggio della valle di Chevreuse, quando non viaggiava per il mondo, con una predilezione per la Germania e il Maghreb. Le sue ceneri sono custodite nel suo giardino, all'interno di un sepolcro scolpito che rappresenta una figura supina con il volto nascosto da un libro aperto, sostenuto da sei scolari che ricordano, con le loro varie pene, una versione infantile dei Borghesi di Calais di Rodin.
Dopo lunghi studi di filosofia è arrivato abbastanza tardi al romanzo, che ha sempre concepito come una fabulazione dall'apparenza il più possibile convenzionale, che ricopre un'infrastruttura metafisica invisibile, ma dotata di un attivo irradiamento. In questo senso è stata spesso pronunciata la parola mitologia a proposito della sua opera.
Se si dovesse riconoscergli un predecessore e un’etichetta, si potrebbe pensare a ].K. Huysmans e a quella di  naturalista mistico. Perché ai suoi occhi tutto è bello, anche la bruttezza; tutto è sacro, anche il fango.
A proposito dell’ amore, diceva: «C”è un segno infallibile da cui si riconosce che si ama d”amore qualcuno: è quando il suo volto vi ispira più desiderio fisico di qualunque altra parte del suo corpo».
Se avesse avuto una tomba, ecco l’ epitaffio che avrebbe voluto vi fosse scolpito: «Ti ho adorata, mi hai ripagato cento volte. Grazie, vita! ››.

1 Un giornale ha svolto recentemente un'inchiesta sul tema seguente: quale sarà secondo voi il grande avvenimento che segnerà l”anno 2000? Ho risposto senza esitare: la mia morte. E ho evocato il vasto e sontuoso corteo che accompagnerà le mie spoglie al Pantheon, al suono dell'Allegretto della 7a sinfonia di Beethoven. Mi si dirà: perché morire nel 2000? Perché avrò 76 anni. Mio padre è morto a quell'età, come suo padre ecc. E una bella età per morire. Con un po' di fortuna e di assennatezza si evitano cosi le sofferenze e le umiliazioni della vecchiaia; e poi basta, non è vita a sufficienza, quella?

Michel Tournier, Immagini, paesaggi ed altre piccole prose, Garzanti, I Coriandoli, 1990

lunedì 18 gennaio 2016

Il ritorno di Joan Crawford

DUE film con Joan Crawford apparsi contemporaneamente in questi giorni sugli schermi italiani, uno di nove anni fa (Donne, diretto da Cukor) e l'altro recente (Il  romanzo di Milred  del  regista Michael Curtiz) dimostrano come possa invecchiare con dignità una bella donna intelligente attrice.
Dai tempi di Non più signore, Troppo amataAmante, Incatenata, Amore in  corsa, La fine della signora Gheney, Io vivo la  mia vita, Tormento, da quando cioè era la “ vamp ” laureata, soprattutto dai tempi del suo triste declino, Joan Crawford  è migliorata moltissimo, anche il suo fascino si è ammorbidito  arricchito. Non è difficile essere una bella ragazza selezionata dal cinema, far cadere in estasi attori e platee a venti e trent’anni, con l’aiuto di un bravo sarto, di un trucco sapiente e di una femminilità accorta e sensibile. E’ meno facile essere una bella donna quarant’anni, avendo cura della propria fama di eleganza ardita .Senza esagerare, e sapendo adattarsi a rappresentare la madre una ragazza ventenne.
Ci aspettavamo questa «rentrée›› di Joan Crawford in cui avevamo presentito una personalità d'eccezione nonostante i ruoli piuttosto frivoli che le vennero assegnati per anni. La maturità artistica e fisica della Crawford ce la mostra ora com’è  veramente: vibrante e risoluta, costruttiva. Oggi Joan è ben più di una creatura affascinante e dinamica, è una donna piena di slancio e di bontà che sa sacrificarsi in silenzio, generosamente e con coraggio, che ha saputo nel romanzo di Milred  fingere liricamente con intuito profondo quella maternità che la natura le ha negato.
Già nel film Donna senza volto, visto l’anno scorso, essa aveva accennato a questa sue nuove possibilità. Ricorderete, a parte il gratuito e il frusto della vicenda, quella sua cattiveria sofferente e sconsolata. In Donne, girato poco prima, era invece la solita donna fatale, avida e rovina famiglie. Col romanzo di Milred, per cui le fu assegnato l’« Oscar ›› il massimo premio americano,  ora Joan si consacra grandissima attrice e donna completa. Ha imparato a soffrire con tutta l’esteriorità e la comunicativa che offre il cinema, senza rinunciare ad essere donna desiderabile.
MARTA SCHIAVI
L’ILLUSTRAZIONE DEL POPOLO ANNO XXVII N. 2     11- 01 - 1948




domenica 17 gennaio 2016

OGGI


Bastano poche parole per esprimere la grandezza di questo film di Monta Bell del 1927. Essa è dovuta in modo speciale alla semplicità del soggetto, all’accortezza di una regia che sembra quasi non esistere e soprattutto grazie alla bravura di John Gilbert forse il più grande attore, assieme a George Bancroft, del cinema muto hollywoodiano.
Un ingenuo ragazzo che ha in testa come immagine muliebre quella della madre si innamora della society editor  del giornale per cui egli è reporter . A seguito di un inconsulto gesto commette un assassinio e viene condannato “ to be hanged by the neck until dead “ per citare le didascalie del film.
In certe parti del film sembra scorgervi l’ombra del Delitto e Castigo così come pure, col senno di poi, la figura della madre di Pier Paolo Pasolini,  Signora Susanna. Ma è John Gilbert che rende possibile tutto ciò, solo grazie agli stati d’animo percepibili attraverso il suo volto e le sue espressioni.
Alle volte è bastato poco ai registi del cinema muto per creare opere che al confronto con quelle di oggi sembrano vette irraggiungibili.


lunedì 11 gennaio 2016

Igino Lardani al servizio di sua maestà britannica


Questa ricerca per la realizzazione di una filmografia su Iginio “ Gigi “ Lardani prosegue tra mille difficoltà e incertezze dovute ai pochi mezzi a disposizione e soprattutto perché fatto alla periferia della nazione, cinematografica intendo. Quasi tutti i personaggi con cui Lardani ha collaborato sono scomparsi o in via di scomparsa per cui bisogna andare cauti sulle attribuzioni di titoli, molte sono le supposizioni per via di raffronti essendo la filmografia distinta tra titoli e prossimamente al cinema e un solo manifesto pubblicitario,quello per Mezzogiorno di fuoco del 1952. Lardani è stato l’amico e il compagno di lavoro di Pasolini e Leone per citare grandi nomi, ma anche di Michele Lupo, Tonino Valeri ed Enzo G. Castellari e molto spesso i suoi lavori avevano lo strato musicale di Francesco De Masi, del maestro Morricone e di Bruno Nicolai. Alla visione di queste realizzazioni c’è da ritenere che se non fosse stato strappato alla vita da una prematura scomparsa l’arte di Lardani si sarebbe progressivamente evoluta grazie anche alle nuove tecnologie di manipolazione delle immagini che dall’analogico passavano al digitale. Infine questo lavoro è reso possibile solo per mezzo delle poche informazioni reperibili on web e soprattutto per merito degli appassionati di cinema che alimentano di continuo con i loro carichi di interi film o singole scene il Tube, considerando la voracità dei possessori dei diritti di sfruttamento e l’inettitudine delle istituzioni statali.
Stando così, si è felici quando viene alla luce un titolo sicuro dovuto al suo accredito nei titoli di un film, come questo Colpo maestro al servizio di sua Maestà britannica del 1967 diretto da Michele Lupo

giovedì 7 gennaio 2016

Il tenente scomparso

OGGI

Tratto  dal romanzo omonimo di Nicola Misasi fu diretto da Raffaello Matarazzo nel 1952.  E’ la storia del tenente Giorgio Biserta, che incaricato di combattere il brigantaggio in Calabria, in casa dei conti di Monserrato, ingravida  una sconosciuta, che in realtà è la contessa Elisa. Dopo cinque anni il tenente ritorna in terra calabra con la speranza di ritrovare la donna.
Amore, Mistero, Passione, Lacrime; come quasi tutti i film di questo genere fu girato a San Giovanni in Fiore.
Il tutto per mezzo di Massimo Girotti, Milly Vitale, Gualtiero Tumiati, Aldo De Benedetti , Carlo Montuori,Piero Filippone, Mario Serandrei e dulcis in … Ponti De Laurentiis

Praticamente è invisibile se non in qualche foto o locandina

mercoledì 6 gennaio 2016

Shane obsessed


by Shane MacGowan 

“Our idea of New York was based on movies like Once Upon A Time In America, which we were obsessed with,” explains MacGowan. “We borrowed a lot from the soundtrack of that film.
 “We were listening to so much other stuff. We were watching for example, the movie Once Upon a Time in America. It was a great band favourite and it had, as with most Sergio Leone movies, a great soundtrack by Ennio Morricone.
“There were elements of that music that we felt we wanted to explore and it influenced the beginning, the ballad part of Fairytale of New York, the sort of crooner section.
“What we essentially did was we wrote a sort of drunk version of an Ennio Morricone thing.”
“We used to watch Once Upon A Time In America on a loop when we were on tour. That must have had some kind of effect somewhere.

   

lunedì 4 gennaio 2016

Mr Sergio Leone, I am Harry Grey

“ We left immediately, to go to a certain bar in Manhattan which Harry Grey had mentioned. I don’t remember the name of it. lt was near the New Calvary Cemetery, just off Greenpoint Avenue . . . The bar, it was dark and sordid - of course, just as yould expect. Furtive creatutes were sitting at little tables in the shadows, whispering strange secrets to one another. A couple of prostitutes, with long stiletto boots of red plastic and aquamarine wigs. l couldn't tell if they were white or black. The barman was fat, but seemed benign and of uncertain sexual orientation. He was silently moving back and forth, behind the marble shelf, like a wind-up gnome. He was exactly in the mould of Fat Moe in  Once Upon a Time in America. And this place - relaxing and secretive at the same time - was maybe the model for the 1968 version of Fat Moe's bar. The sequence where Noodles, after forty years' absence, comes back to New York and calls Fat Moe from a telephone kiosk in front of his bar - that was exactly like how we met Harry Grey. We sat next to a window, under a big neon advertisement for Coca- Cola . He arrived after a few minutes, as dead on time as a quartz watch. He waited a few moments, at the entrance, nodded “hello” to the barman and made a beeline in our direction. He was short and thick-set, with a bull neck, a very smooth face and the rosy cornplexiun of a child, and he wore a hat which was already out of fashion when Claudette Colbert was young. Grey looked something like Edward G. Robinson, yet he was over seventy by some distance. We shook hands. He sat down and ordered a Whisky, which he never actually drank. He studied it, coolly, for some time. Maybe he had cholesterol problems and ordered the drink only for appearances' sake - as is sometimes the custom in America. Where appeararices play such a big part. He was a man of very few words. Yes, no, maybe. He had the vocabulary of a Dashiell Harnmett gangster, speaking only about essentials. And acting for an invisible public “.

Sergio Leone in Something to do with  Death by Christopher Frayling