domenica 10 maggio 2015

Che cos'è un film classico


Perché un film è bello? Sebbene Benedetto Croce abbia ammesso che un film può essere un’opera d”arte, non ha mai dedicato un po' del suo tempo a dirci << quando ›> e << perché >› una pellicola è artistica. Il compito, naturalmente, è tutt’altro che facile; ma troveremo il modo di spiegarvi qual è la nostra idea sull'argomento nei limiti di un saggio breve.
Intanto si può sgombrare subito il campo da una iniziale difficoltà. Ammesso infatti che il cinema può essere arte, ne discende che si dovrà giudicare di una pellicola alla stessa stregua delle arti più antiche, della letteratura e della pittura, della musica e dell’architettura, tenendo però il debito conto delle leggi espressive caratteristiche del cinema. Ricorriamo allora a Sainte-Beuve che, in un famoso articolo, ha cercato di definire quando un'opera è "classica ".

Quand'è allora che, secondo il critico dei << Lundis >› un’opera è bella? Un’opera è classica quando essa è, evidentemente, la creazione felice di un artista originale; quando essa aumenta in modo non equivoco il tesoro dello spirito umano; quando scopre, senza farcela polemicamente pesare, qualche verità morale; quando ci fa sembrare nuova qualche antica passione in quel dominio del cuore che sembrava da lungo tempo conosciuto ed esplorato in ogni parte; quando infine sia dotata di uno stile personale ma facile, che sembri antico ma che sia modernissimo, e le cui eventuali novità tecniche siano facilmente accessibili a tutti.                                                                                                                         1951

Sainte-Beuve 1804-1869                                                                                                         Pietro Bianchi, Maestri del cinema, 1972                                                                    
                                                                                                                                                                            

mercoledì 6 maggio 2015

L'uomo nuovo

Quand'ero Stakanov


"Chi crede e vuol far credere alla globalità e all'unità, è il potere; è il potere che per natura opera delle totalizzazioni. Frammentazione,localizzazione e deterritorializzazione non sono perciò delle scelte puramente teoriche;sono anche mezzi di lotta contro il potere;contro la globalità e la paranoia del potere."
Dopo la riunione del I5 settembre sento il bisogno di rivolgere ai componenti del direttivo Umberto Barbaro alcune considerazioni che nello stesso tempo spiegano la mia decisione di "uscire dalla scena".
Naturalmente non si tratta di una risibile (come certo sarebbe se fosse tale) lettera di "dimissioni ufficiali",né  io,né le persone a cui mi rivolgo,almeno spero,abbiamo mai avuto voglia di ricalcare in piccolo certi stupidi modelli. E' solo un tentativo di comunicazione,di vedere nella giusta luce le cose. Nella riunione,di cui sopra dicevo,è stato giudicato e rigettato il comportamento da me tenuto in occasione della Settimana del Film-nuovo. Si è detto,che io,avendo agito mentre nessuno agiva,avendo preso certe decisioni,quando quasi tutti erano"assenti"sarei andato contro l'interesse del Circolo in quanto tale. Implicitamente insomma,che correo di Chimenz avrei screditato il Circolo come unità,come globalità.
A parte quello che ci sarebbe da dire su questa maniera di impostare le cose che è ipocrita e verticistica,quindi cattolica e stalinista al tempo stesso,ritengo che avvenimenti ben più gravi (leggi sovven-
zioni per l'Espressionismo) e ai confini dell'onestà e della correttezza (leggi l'affaire Citti) avrebbero dovuto essere respinti daun collettivo che ai tempi in cui era sorto,troppo velleitariamente, alcuni di noi ci eravamo affrettati a definire: "struttura aperta, strumento disponibile per i bisogni e le sollecitazioni della comunità in cui opera."
Credo che più coerente sarebbe stato,rinnegare il ciclo sull'Espressionismo tedesco,anche quello organizzato nella latitanza più assoluta e a volte con l'ostruzionismo della maggior parte del direttivo,anche quello quindi non attribuibile all’Umberto Barbaro in quanto tale.
Solo che allora,dopo l'avventato ciclo iniziale,allestito dal nostro Stakanov Mittiga,in beata solitudo e di cui tutti eravamo stati avvertiti a cose fatte,bisognava rimpinguare a tutti i costi le magre o meglio deficitarie casse sociali. ! '
Allora dunque i "contributi"dell'Espressionismo servivano e come! La decisione quella drastica,quella tra virgolette con minaccia di dimissioni ufficiali da parte del presidente è venuta al momento
opportuno naturalmente e non è altro che una prova di forza,una inutile dimostrazione di autorità.
La partecipazione infatti,alla Settimana del Film-nuovo,a quanto pare non dell'U.Barbaro,ma di componenti del suo direttivo,non è stata di copertura alla gestione tecnico-organizzativo della Rassegna,cui è rimasta estranea,ma,solo di operazione culturale e si è tradotta per quanto riguarda l'esterno unicamente: ›
I- Nella preparazione del materiale informativo inerente alla Settimana..... ' .
2- Nella gestione di un incontro-dibattito su "Cinema e Storia".
3- Nella stesura di un documento fortemente critico verso la Rassegna tout court e rivendicativo di una serie di proposte orientate verso la trasformazione della squallida realtà attuale della Rassegna di Messina e Taormina.
In questa direzione,senza le contraddizioni di cui parla e sparla Mittiga,quella stessa per cui mi è piaciuto imparare che l'uomo nuovo,prodotto dallo sviluppo capitalistico,non può e non deve limitarsi a contemplare la realtà,ma deve lottare per trasformarla, sono stato spinto a prendere certe posizioni in un momento in cui il collettivo, ma forse è meglio chiamarlo,il direttivo, sembrava non esistere più.
Tutto il male non viene per nuocere,però, se determinate "circostanze",gli hanno dato la forza per risorgere,come si dice,dalle sue ceneri e per dire "l'Umberto Barbaro non c'era":il materiale informativo non siamo stati noi a farlo,il Convegno neanche ce lo siamo sognato di organizzarlo,ad esprimere le forti riserve verso l’organizzazione neanche a parlarne,il nostro impegno per cercare di fare
della Rassegna qualcosa di culturalmente serio men che meno.
"Io non c'ero" dice dunque l’Umberto Barbaro,che poi è la verità, non c'è stato,e quel che è peggio credo che neanche ora ci sia,ma spero che in futuro ci sarà,e per costruire.
Questo è il mio augurio più sincero,quanto a me sebbene grandi pregi io non abbia,i King consultati hanno risposto:  "Il nobile sa cosa fare in simili circostanze,nasconde,i suoi pregi e si ritira in segretezza."

Angelo Federico

A distanza di quarant'anni e passa, Angelo si merita l'affetto di sempre e un " GRAZIE DI TUTTO "





lunedì 4 maggio 2015

Mistery Roach


by Roger Erbert
"Ladies and gentlemen, you can go mad on the road. That is precisely what this film is all about." - A voice, probably Frank Zappa's, in "200 Motels"
We have been hearing for a long time that videotape is going to revolutionize filmmaking, and now here is the vanguard of the revolution. Whatever else it may be, Frank Zappa's "200 Motels" is a joyous, fanatic, slightly weird experiment in the uses of the color videotape process. If there is more that can be done with videotape, I do not want to be there when they do it.
The movie is a kind of magical mystery trip through all the motels, concert halls, cities, states and groupies of a road tour of the Mothers of Invention. No attempt is made at documentary accuracy (to make a thunderous understatement). All of the cities are lumped together into Centerville, "a real nice place to raise your kids up," and the sanity of the film can be gauged by the fact that Ringo Starr plays Frank Zappa as "a very large dwarf."
Zappa's mixture of mediums -- rock, electronic music, the Royal Philharmonic, dance, overlapping visuals -- pushes the videotape process almost to its extremes. Zappa's kind of mixture isn't new (Harry Partch's "Celebrations on the Courthouse Square," an experimental 1962 stage production, anticipates everything in "200 Motels"). But mixing it on film is new.
Videotape reportedly allowed Zappa to film the entire movie in about a week, to do a lot of the editing and montage in the camera and to use cheap videotape for his final editing before transferring the whole thing to a surprisingly high-quality 35mm image. Because videotape made it so easy to slosh on more special effects, Zappa wasn't stingy; some people may find the movie's multidimensional feel too overbearing.
In a way, maybe, overbearing is the word for this movie. It assaults the mind with everything on hand. When there are moments of relative calm -- say, during the animated sequence, or during the rare moments when only one image is on the screen we find ourselves actually catching our mental breath. The movie is so unrelentingly high that you even wish for intermissions.
Still, the music is there, a lot of it, and because the movie doesn't stop for the music or anything we never get the sense that this is an illustrated album. It is also not another record of a road tour; It breaks with the tradition of "Don't Look Back," "Mad Dogs and Englishmen" and the rock festival movies. It is also not quite in the same family tree as the Beatles movie, but it's in a tree, all right. One with enough branches for everyone but wild tigers snapping at your toes.
"200 Motels" is not the kind of movie you have to see more than once. It is the kind of movie you can barely see once: not because it's simple, but became it's so complicated that you finally realize you aren't meant to get everything and sort everything out. It is a full wall of sight-and-sound input, and the experience of the input -- not its content, is what Zappa's giving us. "200 Motels" is out of Howard Johnson by Tinker Bell, with Aquarius setting.
l'originale è qui:
http://www.rogerebert.com/reviews/200-motels-1971

domenica 3 maggio 2015

Magic fingers



200 motels (1971). Questo che in apparenza è un tortuoso e confuso film è diventato un classico e così la sua parte canoro - orchestrale eseguita oggi come un’opera lirica. A metà tra Head di Bob Rafelson e Tommy degli Who è un condensato di situazioni al limite del comprensibile e dell’irriverente. Per sfuggire a qualsiasi interferenza Frank Zappa preferì girarlo negli studi Pinewood, nei pressi di Londra, creando un’impresa che supera di gran lunga il più acclamato musical dell’asse Broadway - Hollywood pur ricorrendo a scalcagnati attori che sono nel contempo famosi musicisti: Aynsley Dunmbar, George Duke, Howard Kaylan e Mark Wolman per citarne qualcuno, affiancati in situazioni paradossali da Ringo Starr e Keith Moon. A sua gloria citiamo solo alcuni motivi tra i più riusciti che vengono eseguiti live durante il corso della visione: Mistery Roach, Lonesome Cowboy Burt, Magic Fingers,i quali risultano godibili anche strappati dalle immagini.

lunedì 27 aprile 2015

Film senza una lira=Musica bella




In Un tranquillo posto di campagna di Petri, ho composto una delle mie migliori musiche in assoluto. Solamente che la musica - il regista era d`accordo - era scritta in un linguaggio più difficile: diciamo aveva un linguaggio, come diremmo oggi, “contemporaneo”. E questo non ha aiutato il film nella sua comprensione. La critica giudicò questa musica come una delle cose più belle che io avessi scritto. Ma il film non fece una lira; dico una lira, nella maniera più volgare, perché il cinema, poi, non esiste se la gente non porta i soldi al botteghino. Quale produttore investirebbe dei soldi per fare dei film in perdita?
Ennio Morricone, Il cinema è musica
Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990

domenica 26 aprile 2015

Rosso di sera bel film si spera



  SI DISCUTE tanto di crisi del cinema, e che ci  sia è inutile negarlo. Ma sarebbe più corretto parlare  di crisi del cinema commerciale. Infatti mai, come  in questo periodo, si era verificata una tale fame  di film d'autore e di pubblicazioni che riguardino  il cinema. Insomma c'è amore per il film, disinteresse per il cinema (inteso come sala di proiezione). E' difficile giudicare se ciò sia positivo o no.  Indubbiamente la televisione diseduca il pubblico  al cinema ed anche quando proietta film fa perdere  momenti essenziali per i cineamatori.  Recentemente tutti si sono entusiasmati vedendo  in tv l'eccezionale «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» (tanto per fare un esempio),  ma la partecipazione sarebbe stata ancora maggiore  se lo stesso film fosse stato visto al cinema. Vogliamo quindi dire che è assurdo prevedere la morte  del cinema fin quando saranno in circolazione i  film, perché il televisore può essere solo un mediocre palliativo.  Questo discorso sarà senza meno confermato anche dall'ottima iniziativa presa dal «Punto rosso»  di proiettare ai soci un centinaio di pellicole a 16  mm. Non tutti sapranno cos'è il 16 mm., ma la spiegazione è semplice. Al cinema noi vediamo pellicole  a 35 mm, il 16 è quindi una misura intermedia che  permette le proiezioni in ambienti molto più piccoli delle sale cinematografiche, su schermi di dimensioni rispettabili. E' quindi senz'altro vero e proprio  cinema e riproduce fedelmente il film.  Ma «Punto rosso» offre anche un programma cinematografico più che allettante: oltre ad una doverosa retrospettiva dedicata a Charlie Chaplin, sono  infatti in programma le opere degli anni '50 e '60  di Fellini, Bergman, Bunuel, ecc. E' molto importante  ciò sia per i più giovani che hanno l'occasione di  colmare le lacune dovute all'età e comprendere meglio  l'evoluzione di registi ancora oggi in piena attività.  Sia anche per gli amatori che, visto il livello più  che scadente della stagione cinematografica, avranno  l'occasione di una proficua rilettura di grandi opere.  Si, perché uno dei luoghi comuni più ridicoli da  abbattere è quello del film «già visto». Aver letto  una prima volta un film non vuol dire niente: così  come quadri, libri, sculture ecc. l'opera cinematografica deve essere fruita più volte e non annoierà  senz'altro.  Comunque il programma non allinea solo grandi  capolavori, ma anche film ritenuti «minori» o «d'evasione», naturalmente per questi film, se ne è il caso,  la lettura andrà fatta in chiave critica. Ma è inutile  ed impossibile commentare tutto il programma.  Piuttosto qualche parola va ancora spesa sul significato dell'iniziativa «Punto rosso». Il programma  di film non è che una delle idee promosse dal circolo  ARCI di recentissima formazione. Molte sono le  altre iniziative; ma una cosa è sempre da tenere a  mente: nulla mai parte dall'alto, ma si ascoltano  e si discutono le proposte di tutti. Perché «Punto  rosso» funzioni e divenga così un importante luogo  di incontro e di divertimento intelligente, occorre  una grande partecipazione di giovani e meno giovani.  Soprattutto in un momento in cui, a parte le fiammate «indiane metropolitane» ed autonome, il vivere ed il costruire insieme appaiono in forte decadenza, è importante per tutta la città far riuscire iniziative quali il «Punto rosso».
 F. Cicero  
Il Soldo 8 Gennaio 1978  


 Quattro film di Charlie Chaplin, costituiranno  il programma delle proiezioni del «Punto Rosso››  per il mese di Gennaio, in via Elenuccia 30. Fino  a questa domenica verrà proiettato l'Allegro mondo di Charlot. Dal 13 al 15, Un mare di guai,  daì¬20 al 22, Uno contro tutti, dal 27 al 29,  Charlot soldato. Le proiezioni, che ricordiamo  sono riservate ai soci (per aderire al Punto Rosso  basta pagare una quota di L. 10.000 più la tessera  Arci, la metà per giovani e studenti), inizieranno  alle 17,30 nella saletta del Circolo.        

giovedì 23 aprile 2015

Al Messico con Iginio Lardani

Questa è uno dei lavori preziosi di Lardani non accreditati, non riconosciuti , non ..., con immagini esaltate dallo score del Maestro. Anche i titoli di Tepepa erano suoi come quelli di C'era una volta il west, molto simili e neanche quelli accreditati.