lunedì 4 maggio 2015

Mistery Roach


by Roger Erbert
"Ladies and gentlemen, you can go mad on the road. That is precisely what this film is all about." - A voice, probably Frank Zappa's, in "200 Motels"
We have been hearing for a long time that videotape is going to revolutionize filmmaking, and now here is the vanguard of the revolution. Whatever else it may be, Frank Zappa's "200 Motels" is a joyous, fanatic, slightly weird experiment in the uses of the color videotape process. If there is more that can be done with videotape, I do not want to be there when they do it.
The movie is a kind of magical mystery trip through all the motels, concert halls, cities, states and groupies of a road tour of the Mothers of Invention. No attempt is made at documentary accuracy (to make a thunderous understatement). All of the cities are lumped together into Centerville, "a real nice place to raise your kids up," and the sanity of the film can be gauged by the fact that Ringo Starr plays Frank Zappa as "a very large dwarf."
Zappa's mixture of mediums -- rock, electronic music, the Royal Philharmonic, dance, overlapping visuals -- pushes the videotape process almost to its extremes. Zappa's kind of mixture isn't new (Harry Partch's "Celebrations on the Courthouse Square," an experimental 1962 stage production, anticipates everything in "200 Motels"). But mixing it on film is new.
Videotape reportedly allowed Zappa to film the entire movie in about a week, to do a lot of the editing and montage in the camera and to use cheap videotape for his final editing before transferring the whole thing to a surprisingly high-quality 35mm image. Because videotape made it so easy to slosh on more special effects, Zappa wasn't stingy; some people may find the movie's multidimensional feel too overbearing.
In a way, maybe, overbearing is the word for this movie. It assaults the mind with everything on hand. When there are moments of relative calm -- say, during the animated sequence, or during the rare moments when only one image is on the screen we find ourselves actually catching our mental breath. The movie is so unrelentingly high that you even wish for intermissions.
Still, the music is there, a lot of it, and because the movie doesn't stop for the music or anything we never get the sense that this is an illustrated album. It is also not another record of a road tour; It breaks with the tradition of "Don't Look Back," "Mad Dogs and Englishmen" and the rock festival movies. It is also not quite in the same family tree as the Beatles movie, but it's in a tree, all right. One with enough branches for everyone but wild tigers snapping at your toes.
"200 Motels" is not the kind of movie you have to see more than once. It is the kind of movie you can barely see once: not because it's simple, but became it's so complicated that you finally realize you aren't meant to get everything and sort everything out. It is a full wall of sight-and-sound input, and the experience of the input -- not its content, is what Zappa's giving us. "200 Motels" is out of Howard Johnson by Tinker Bell, with Aquarius setting.
l'originale è qui:
http://www.rogerebert.com/reviews/200-motels-1971

domenica 3 maggio 2015

Magic fingers



200 motels (1971). Questo che in apparenza è un tortuoso e confuso film è diventato un classico e così la sua parte canoro - orchestrale eseguita oggi come un’opera lirica. A metà tra Head di Bob Rafelson e Tommy degli Who è un condensato di situazioni al limite del comprensibile e dell’irriverente. Per sfuggire a qualsiasi interferenza Frank Zappa preferì girarlo negli studi Pinewood, nei pressi di Londra, creando un’impresa che supera di gran lunga il più acclamato musical dell’asse Broadway - Hollywood pur ricorrendo a scalcagnati attori che sono nel contempo famosi musicisti: Aynsley Dunmbar, George Duke, Howard Kaylan e Mark Wolman per citarne qualcuno, affiancati in situazioni paradossali da Ringo Starr e Keith Moon. A sua gloria citiamo solo alcuni motivi tra i più riusciti che vengono eseguiti live durante il corso della visione: Mistery Roach, Lonesome Cowboy Burt, Magic Fingers,i quali risultano godibili anche strappati dalle immagini.

lunedì 27 aprile 2015

Film senza una lira=Musica bella




In Un tranquillo posto di campagna di Petri, ho composto una delle mie migliori musiche in assoluto. Solamente che la musica - il regista era d`accordo - era scritta in un linguaggio più difficile: diciamo aveva un linguaggio, come diremmo oggi, “contemporaneo”. E questo non ha aiutato il film nella sua comprensione. La critica giudicò questa musica come una delle cose più belle che io avessi scritto. Ma il film non fece una lira; dico una lira, nella maniera più volgare, perché il cinema, poi, non esiste se la gente non porta i soldi al botteghino. Quale produttore investirebbe dei soldi per fare dei film in perdita?
Ennio Morricone, Il cinema è musica
Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990

domenica 26 aprile 2015

Rosso di sera bel film si spera



  SI DISCUTE tanto di crisi del cinema, e che ci  sia è inutile negarlo. Ma sarebbe più corretto parlare  di crisi del cinema commerciale. Infatti mai, come  in questo periodo, si era verificata una tale fame  di film d'autore e di pubblicazioni che riguardino  il cinema. Insomma c'è amore per il film, disinteresse per il cinema (inteso come sala di proiezione). E' difficile giudicare se ciò sia positivo o no.  Indubbiamente la televisione diseduca il pubblico  al cinema ed anche quando proietta film fa perdere  momenti essenziali per i cineamatori.  Recentemente tutti si sono entusiasmati vedendo  in tv l'eccezionale «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» (tanto per fare un esempio),  ma la partecipazione sarebbe stata ancora maggiore  se lo stesso film fosse stato visto al cinema. Vogliamo quindi dire che è assurdo prevedere la morte  del cinema fin quando saranno in circolazione i  film, perché il televisore può essere solo un mediocre palliativo.  Questo discorso sarà senza meno confermato anche dall'ottima iniziativa presa dal «Punto rosso»  di proiettare ai soci un centinaio di pellicole a 16  mm. Non tutti sapranno cos'è il 16 mm., ma la spiegazione è semplice. Al cinema noi vediamo pellicole  a 35 mm, il 16 è quindi una misura intermedia che  permette le proiezioni in ambienti molto più piccoli delle sale cinematografiche, su schermi di dimensioni rispettabili. E' quindi senz'altro vero e proprio  cinema e riproduce fedelmente il film.  Ma «Punto rosso» offre anche un programma cinematografico più che allettante: oltre ad una doverosa retrospettiva dedicata a Charlie Chaplin, sono  infatti in programma le opere degli anni '50 e '60  di Fellini, Bergman, Bunuel, ecc. E' molto importante  ciò sia per i più giovani che hanno l'occasione di  colmare le lacune dovute all'età e comprendere meglio  l'evoluzione di registi ancora oggi in piena attività.  Sia anche per gli amatori che, visto il livello più  che scadente della stagione cinematografica, avranno  l'occasione di una proficua rilettura di grandi opere.  Si, perché uno dei luoghi comuni più ridicoli da  abbattere è quello del film «già visto». Aver letto  una prima volta un film non vuol dire niente: così  come quadri, libri, sculture ecc. l'opera cinematografica deve essere fruita più volte e non annoierà  senz'altro.  Comunque il programma non allinea solo grandi  capolavori, ma anche film ritenuti «minori» o «d'evasione», naturalmente per questi film, se ne è il caso,  la lettura andrà fatta in chiave critica. Ma è inutile  ed impossibile commentare tutto il programma.  Piuttosto qualche parola va ancora spesa sul significato dell'iniziativa «Punto rosso». Il programma  di film non è che una delle idee promosse dal circolo  ARCI di recentissima formazione. Molte sono le  altre iniziative; ma una cosa è sempre da tenere a  mente: nulla mai parte dall'alto, ma si ascoltano  e si discutono le proposte di tutti. Perché «Punto  rosso» funzioni e divenga così un importante luogo  di incontro e di divertimento intelligente, occorre  una grande partecipazione di giovani e meno giovani.  Soprattutto in un momento in cui, a parte le fiammate «indiane metropolitane» ed autonome, il vivere ed il costruire insieme appaiono in forte decadenza, è importante per tutta la città far riuscire iniziative quali il «Punto rosso».
 F. Cicero  
Il Soldo 8 Gennaio 1978  


 Quattro film di Charlie Chaplin, costituiranno  il programma delle proiezioni del «Punto Rosso››  per il mese di Gennaio, in via Elenuccia 30. Fino  a questa domenica verrà proiettato l'Allegro mondo di Charlot. Dal 13 al 15, Un mare di guai,  daì¬20 al 22, Uno contro tutti, dal 27 al 29,  Charlot soldato. Le proiezioni, che ricordiamo  sono riservate ai soci (per aderire al Punto Rosso  basta pagare una quota di L. 10.000 più la tessera  Arci, la metà per giovani e studenti), inizieranno  alle 17,30 nella saletta del Circolo.        

giovedì 23 aprile 2015

Al Messico con Iginio Lardani

Questa è uno dei lavori preziosi di Lardani non accreditati, non riconosciuti , non ..., con immagini esaltate dallo score del Maestro. Anche i titoli di Tepepa erano suoi come quelli di C'era una volta il west, molto simili e neanche quelli accreditati.
 

mercoledì 22 aprile 2015

Amico - Nemico

Dal set de La Grande Speranza (1954) di Duilio Coletti catturate da
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La grande speranza di Duilio Coletti

Folco Lulli ne La grande speranza di Duilio Coletti

La grande speranza di Duilio Coletti



lunedì 20 aprile 2015

ferraniacolor

OGGI




La grande speranza (1954) di Duilio Coletti serve oggi a rendere omaggio ad una delle industrie che dettero un contributo non ancora definitivamente riconosciuto al cinema italiano. Sorta in un’epoca in cui la fotografia andava prendendo piede anche nel proletariato e sottoproletariato, dapprima si dedicò alla produzione di apparecchi fotografici e relativi supporti per la ripresa. Andò consolidando la sua fama facendo irruzione nel cinema col rimanerci fino al 1964 quando fu fagocitata dalla multinazionale 3M. Mitiche sono rimaste le varie serie panchro su cui furono impresse le immagini dei capolavori italiani tra il 1935 e il 1955. Con l’avvento del colore in Italia sorse la ferraniacolor, e qui la casa che aveva sede nell’omonima cittadina in provincia di Savona, dette il meglio di sé producendo pellicole ancora oggi distinguibili tra quellie Eastmancolor e Technicolor. Il tratto caratteristico della ferraniacolor era quel rimando, e qui siamo consapevoli di esagerare, agli affreschi della scuola di Giotto, che sa più di matita e acqua che di colori ad olio.
L’opera di Coletti vorrebbe essere antibellica ma il suo è un antibellicismo che porta alla successiva guerra, buona per le giurie OCIC, le sole a prenderla in considerazione. Patetica come la recitazione di Renato Baldini, a cui serve poco la classe british di Lois Maxwell. I soli a salvarsi sono un gruppo di caratteristi capeggiati da Folco Lulli, dal lavoro dei quali si evince la scrittura di Ennio De Concini. Ancora: il tema epico di Nino Rota, l’occhio vigile e sagace di Leonida Barboni, direttore delle luci tra i più illustri del cinema italico di quegli anni.