giovedì 19 marzo 2015

Bavaresi e co

OGGI



Per sgombrare l'aria e renderla respirabile dirò subito che a me Mario Bava ci crea molte perplessità. La sua pecca è che non doveva abbandonare la sua arte nelle invenzioni come nei trucchi così come nel posare le luci. Questi i valori nei suoi film. Peggio di lui i suoi emuli: Argento e Fulci. L'unico a incuterci  terrore è stato Ingmar Bergman e con lui Sigmund Freud. Il cinema di Bava in fin dei conti è approssimato: nella scrittura, nella regia e peggio nell'editing e nella post produzione. Io di cinema non capisco niente, mi piacciono i Sergio e accanto vi metto i grandi del Sol Levante. Come non faccio distinzione tra Michelangelo Antonioni e John Ford, conoscitori dell'animo umano, e la compassione la trovo sia in Rossellini sia in Totò. A Charlot accosto Franco & Ciccio; non mi accade però di accostare accanto a Bava Kaneto Shindo. Shindo è i Sergio; Bava, Wood (Ed o Sam). Ora se io sono fatto così accetto che ad altri piacciano i bavaresi e gli argenti.



mercoledì 18 marzo 2015

Prossimamente d'arte



Possiamo considerare questo prossimamente di Iginio Lardani il punto più alto delle sue creazioni. Questo lo si deve senz'altro alla sua collaborazione con Pier Paolo Pasolini. Al solito il maestro Igino non ha accreditamenti di sorta per questa ennesima fatica.

martedì 17 marzo 2015

Addio Aurora

Ancora oggi lo stabile dell’ex Cinema Aurora, a sua volta ex Cinema Italia, in via XXVII Luglio, si presenta così, sebbene ristrutturato e riconvertito. Senza pensarci,  nel 1943 gli americani ci passarono sopra con i loro bombardieri, sebbene prima vi erano stati onorati con le loro pellicole. 


lunedì 16 marzo 2015

La scoperta di una verità morale




Alba fatale (regista William A. Wellman, USA, 1943). Due cow boys, capitati in un paese appartato dopo anni d’assenza, sono costretti ad assistere a un linciaggio. Guidati da un signorotto, residuo delle armate sudiste, e da una virago sguaiata, i proprietari del luogo, infuriati per un furto di bestiame; mettono il laccio al collo a tre poveretti su cui gravano indizi solo apparentemente rivelatori. Invano il capo della piccola carovana, accusato di furto, supplica i manigoldi di soprassedere all’esecuzione in modo che egli possa provare la propria innocenza; invoca i figli ignari e la tenera moglie che lo attendono a casa: all’alba sarà impiccato con i suoi occasionali compagni, un vecchietto svanito e uno straniero indesiderabile. Sulla via del ritorno gli assassini verranno a sapere di avere ucciso tre innocenti. William A. Welhnan, un onesto e provato regista, ci ha dato con Alba fatale un capolavoro perché ha saputo rivelarci una evidente verità morale, cioè che a nessuno è lecito farsi giustizia da sé, accompagnandola con una rivelazione più insidiosa e sottile: di quanta crudeltà e perfidia sia capace certa gente sotto il manto della più virtuosa indignazione. Il racconto è rapido, serrato, per nulla sentimentale, con una apertura rustica all'inizio di assoluta efficacia.
1951
Petro Bianchi,op. cit.


domenica 15 marzo 2015

Una volta avevano i secoli davanti


I protagonisti de L'avventura, Monica Vitti e Gabriele Ferzetti, a Noto SR arrivarono veramente. Per l'esattezza la ciltà culto del barocco siciliano dista da Schisina ME 150 km circa. 
Oggi la città di Noto, quella del film di Antonioni, rivive grazie alle immagini di Salvatore Carannante già citato nella precedente pubblicazione. Un atto dovuto visto che il buon Carannante ha aperto le vie della fotografia a parecchi di noi.
La veritiera citazione d'apertura è pronunciata nel film da Gabriele Ferzetti.







Sceenshot Aldo Scavarda cinematographer
Foto a colori Salvatore Carannante

giovedì 5 marzo 2015

Anche se ...L'AVVENTURA



Senza nulla togliere a  Aldo Scavarda, Giovanni Fusco, Eraldo Da Roma e Fausto Ancillai, rispettivamente cinematographer, musicista, montatore e missagista, mi sono brigato, da brigante, a fare incontrare, per una volta, due insegne del cinema italiano, che mai hanno avuto modo di far fiorire le loro menti all’unisono . Il mezzo è questo frammento de L’avventura (1960) e un testo molto pertinente alla sostanza del film (sembra proprio uscire da quelle immagini) di Gino Paoli, Anche se, cantato da Ornella Vanoni, colorizzato dal Maestro Morricone, in quel tempo ascending verso l’universo bachiano.

L’occasione è data da un pellegrinaggio a Schisina,Villaggio del comune di Francavilla di Sicilia, S. S. 185 di Portella Mandrazzi,  in provincia di Messina, per ricatturare pochi shots  dell’opera di Michelangelo Antonioni. Lavoro poco rimarchevole senza l’aiuto del boss della foto messinese: Sandro Messina. Ma si, c’erano pure, lasciata per poco la loro sede cattedratica, Carannante e Mondello, passati, ahimè quelli, e noi, dalla camera analogica alla digitale. Ormai siamo tutti digitalizzati digitalizzanti digitalioti, orfani dell’analogico, come direbbe Carlo Emilio Gadda.







Screenshot Aldo Scavarda, L'avventura, Michelangelo Antonioni, 1960
Foto: Sandro Messina
Sequenza dell'arrivo a Schisina (nel film ribattezzato Noto) SR musicalizzata con Anche se di Gino Paoli cantata da Ornella Vanoni, colorizzata dal Maestro Morricone.

mercoledì 4 marzo 2015

The panoply of creative quandaries



The panoply of creative quandaries, Aquarius and Inferno, "a Dick Clark production." The distressing world at large is stated in fragments on a dark screen (bombings, toxic advertisements, demonstrations) until the image is pulled together into the yearning face of the young runaway (Susan Strasberg) about to enter Haight-Ashbury at the sticky height of the Summer of Love. San Francisco ‘68: Every room like a thrift shop, folks on the floor and baby lizards in the fridge, bead necklaces strewn like serpentine, Jack Nicholson with a clip-on ponytail not quite miming a number that sounds like Jimi Hendrix played backwards. The ingénue is Puccini’s Mimi, surely, gone deaf after literally regurgitating the old generation’s negativity like motor oil; her search for an estranged brother (Bruce Dern, with tangled tresses that change his zealous gaze back and forth from Jesus to Charles Manson) leads to a bacchanalian garden already carrying the seeds of its own destruction. "Talk about lack of communication, man!" Richard Rush’s inventive camera revels in all countercultural fauna and flora, peeping into crystal orbs and grooving to sitars and tambourines, while Nicholson’s screenplay continues The Trip’s treatment of the artist in crisis (concluded the following year in Easy Rider) in a multiplicity of portraits -- Henry Jaglom as a psychedelic poster designer armed with LSD tablet and power saw, Max Julien as a drummer turned stoned Lancelot, Dern as the Seeker last seen smiling inside a bonfire. (From his rooftop den, the shamanic Dean Stockwell scoffs at the "big plastic hassle" of selling out.) The kaleidoscopic crescendo builds to a lyrical-sinister lightshow in the Golden Gate Bridge before crashing down to earth, "reality is a rotten place to be." Cinematography by Laszlo Kovacs. With Adam Roarke, Linda Gaye Scott, Ken Scott, The Seeds and The Strawberry Alarm Clock.

--- Fernando F. Croce

L'originale è qui:
http://www.cinepassion.org/Reviews/p/PsychOut.html