Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
domenica 16 novembre 2014
giovedì 13 novembre 2014
L'arrivèe d 'un train en gare a Messina
Kinetofotografo -
Ieri sera si è inaugurato in via Pozzo Leone N. 39 il Kinetofotografo ed ha
attirato un pubblico numeroso ed eletto.
Abbiamo ammirato l'entrata di un piroscafo in porto, "
la piazza della Repubblica in Parigi, " i monelli che raccolgono monete
sulla spiaggia a New York, la passeggiata velocipedistica ad Hyde Park a
Londra, ma la fotografia che più di altre desta l'ammirazione del pubblico è
" l'arrivo del treno ".
Il Kinetofotografo sarà visibile per soli pochi giorni.
Pubblicato sulla Gazzetta
di Messina e delle Calabrie il 13 febbraio 1897
"Europa 51" un capolavoro maledetto
Cominciata con un capolavoro incompreso ( Umberto D ) l’annata termina con un altro capolavoro maledetto, Europa 51 di Roberto Rossellini. Come si
era rimproverato a De Sica di aver fatto un melodramma sociale, così si è
accusato Rossellini di cadere nell’ideologia politica confusa e stavolta
piuttosto reazionaria. Significava ancora una volta ingannarsi sull’essenziale
giudicare il soggetto astraendo dallo stile che gli conferisce il suo senso e
la sua dignità estetica. Una giovane donna ricca, e frivola, perde l’unico
figlio che ha tentato di suicidarsi una sera che sua madre, troppo preoccupata
dalla mondanità, l’ha mandato a letto con disattenzione. Lo choc morale è così
violento da sprofondare la giovane donna in una crisi di coscienza di cui cerca
dapprima la soluzione nell’azione sociale seguendo i consigli di un cugino
intellettuale comunista. Ma a poco a poco essa ha la sensazione che non si
tratti ancora che di un piano intermedio che deve superare verso una mistica
tutta personale della carità al di là delle categorie della politica e perfino
della morale sociale e religiosa. Così è portata a curare fino alla morte una
prostituta, poi ad aiutare a fuggire un giovane criminale. Quest’ultima
iniziativa fa scandalo e lo stesso marito, che la capisce sempre ,meno,
preferisce vederla rinchiusa in una “ casa di cura “ con la complicità di tutta
la famiglia spaventata della sua demenza. Si fosse iscritta la partito
comunista o fosse entrata in convento, la società borghese avrebbe avuto meno
da ridire: Europa 51 è il mondo dei partiti e dei reclutamenti sociale sotto
tutte le forme. Da questa’angolazione, è vero che la sceneggiatura di
Rossellini non è priva di ingenuità, nonché di incoerenze, e comunque di
pretese. E’ facile immaginare in particolare in quel che l’autore ha preso
dalla biografia di Simone Weil senza ritrovarne peraltro la solidità di
pensiero. Ma queste riserve non tengono davanti alla totalità del film che
bisogna comprendere e giudicare sulla base della sua messa in scena. Che
varrebbe, ridotto al suo assunto logico,
L’idiota di Dostoevskij? Poiché Rossellini è un vero regista, la forma del
film non è in lui l’ornamento della sceneggiatura, ne è la materia stessa.
L’autore di Germania anno zero è personalmente e profondamente ossessionato
dallo scandalo della morte dei bambini e più ancora del loro suicidio. E
attorno a questa esperienza spirituale autentica che il film prende corpo; il
tema della santità laica, tema eminentemente moderno, vi si sviluppa
naturalmente; la sua organizzazione più o meno abile in sceneggiatura importa
poco; ciò che conta è che ogni sequenza sia una sorta di meditazione, di canto
cinematografico, per il tramite della messa in scena, su questi temi
fondamentali. Non si tratta di mostrare ma di mostre. E come resistere alla
sconvolgente presenza spirituale di Ingrid Bergman, e al di là dell’interprete,
restare insensibili alla tensione di una messa in scena in cui l’universo
sembra organizzarsi sulle stesse linee di forza spirituale fino a disegnarle in
maniera altrettanto leggibile della limatura di ferro sul campo magnetico della
calamita? Raramente la presenza dello spirituale negli esseri e nel mondo era
stata espressa con una così abbagliante evidenza.
E’ vero che il neorealismo di un
Rossellini appare in questo caso ben diverso, se non contraddittorio, da quello
di un De Sica. Ci sembra tuttavia corretto accostarli come i due poli di una
stessa scuola estetica. Là dove De Sica fruga la realtà con curiosità sempre
più tenera, Rossellini al contrario sembra spogliare sempre più, stilizzare con
un rigore doloroso ma impietoso, insomma ritrovare il classicismo
dell’espressione drammatica attraverso le regole e attraverso la scelta. Ma a
guardare da vicino, deriva dalla medesima rivoluzione neorealista. Per
Rossellini come per De Sica si tratta di ripudiare le categorie della recitazione
e dell’espressione drammatica per costringere la realtà a dare il suo senso a
partire dalle sue sole apparenze. Rossellini non fa mai recitare i suoi attori,
non gli fa esprimere questo o quel sentimento, li costringe solo ad essere in
una certa maniera di fronte alla macchina da presa. In una tale messa in scena,
il posto rispettivo dei personaggi, la loro maniera di camminare, i loro
spostamenti nell’ambiente, i loro gesti hanno molta più importanza dei
sentimenti che si dipingono sul loro volto, oppure di ciò che dicono. De
tresto, che “ sentimenti “ potrebbe mai “ esprimere “ Ingrid Bergman? Il suo
dramma è ben al di là di ogni nomenclatura psicologica. Il suo volto non è che
la traccia di una certa qualità di sofferenza.
Che una tale messa in scena richiami una stilizzazione il più evoluta
possibile, Europa 51 lo prova con
evidenza. Un film del genere è il
contrario stesso del realismo “ colto sul vivo”: l’equivalente di una scrittura
austera e rigorosa spoglia a volte dell’ascesi. Giunto a questo punto il
neorealismo ritrova l’astrazione classica e la sua generalità. Di qui questo
apparente paradosso: la versione buona del film non è quella italiana doppiata
ma la versione inglese in cui è stato conservato il massimo di voci originali:
Al limite di questo realismo l’esattezza della realtà sociale esterna ridiventa
indifferente. I bambini delle strade di Roma possono parlare inglese senza che
noi pensiamo a questa verosimiglianza. La realtà per il tramite dello stile si
riallaccia alle convenzioni dell’arte.
Il neorealismo e il
post-neorealismo.
Il cinema italiano secondo André Bazin,
op. cit.
lunedì 3 novembre 2014
Lardani oscurato
A un certo punto Iginio Gigi
Lardani sparisce dai crediti dei film da lui titolati. Per non parlare di
tutti i prossimamente approntati con un marchio inconfondibile per le
elaborazioni sulle immagini e le sequenze dai lui tagliate e cucite con mano
sicura. Quindi risulta impossibile approntare
una filmografia, forse neanche gli eredi ci riuscirebbero, per cui si va avanti
per via di raffronti di immagini e registi con cui ha collaborato: Leone,
Valerii, Lupo, Castellari ecc. ecc. come questo prossimamente approntato per
l’edizione in inglese de Il mio nome è
nessuno del 1973.
domenica 2 novembre 2014
Cinefotografo, passatempo istruttivo
Il cinefotografo in via Pozzo Leone - Siamo tornati a
vedere questo geniale trattenimento e con piacere constatiamo che il tremolio
delle immagini che nelle prime sere toglieva tanta parte d’illusione è evitato
sin dove ì mezzi attuali dell’arte consentono.
Le vedute sono di un' esistenza che non lascia niente a
desiderare - sono sette tutte belle ma quelle
che più entusiasmano
il pubblico sono, l' arrivo del treno ferroviario, la gara velocipedistica a
Hide Park , i monelli di New York.
Il pubblico vi accorre numeroso , la sala è ben messa e
nella sua semplicità, elegante.
In totale, per la tenue spesa di C.mi 50 si può esser più che
soddisfatti tanto più che il passatempo `e anche istruttivo, perche dopo aver
visto, mettiamo, la gare di i Hide Park si può dire ai aver visto Hide Park.
Pubblicato sulla Gazzetta
di Messina e delle Calabrie il 15 febbraio 1897
giovedì 30 ottobre 2014
Kinefotografo, la prima volta a Messina
Kinefotografo.
- Questa sera in Via, Pozzoleone, 39,
accanto al Teatro V- E. inaugurazione dello spettacolo col seguente interessantissimo
programma :
1 Entrata di un vapore in porto.
2. La Piazza della
Repubblica a Parigi.
3. Monelli che raccolgono monete sulla
spiaggia a New York.
4. La, passeggiata, velocipedistica ad
Hyde Park a Londra.
5. L' arrivo del treno.
Pubblicato sulla Gazzetta
di Messina e delle Calabrie il 12 febbraio 1897
mercoledì 29 ottobre 2014
De l'humain au minéral, l'enchantement du monde (de Calabre)
di Jean-Luc Douin LE MONDE |
Des révélations comme celle-là, il s'en manifeste rarement. Des cinéastes comme celui-ci, il faut les honorer. Ce film, d'une malicieuse simplicité, est stupéfiant de beauté et de gravité. On s'y retrouve au bout du monde, en un lieu archaïque où perdurent des traditions ancestrales. C'est pourtant bien aujourd'hui qu'il a été tourné, dans un paisible village médiéval perché dans les montagnes de Calabre.
Quatre histoires s'y enchaînent, comme se succèdent les saisons, elles-mêmes rythmées par des petits épisodes faussement anodins dont l'auteur scrute les effets en chaîne. La première cerne un vieux berger mal rasé, chemise à carreaux et pantalon de velours brun, qui conduit quotidiennement son troupeau de chèvres sous des cieux peu fréquentés. Majesté du silence, musique des grelots. Bêlements, bruits de sabots. Le pasteur courbé sur son bâton se rend régulièrement à la sacristie où la bonne du curé lui refile de la poussière d'église contre une bouteille de lait.
Délayée dans l'eau, cette poudre magique a des vertus thérapeutiques. Il en boit sa rasade chaque soir avant de se coucher, comme un médicament. Un jour, le sachet sacré tombe dans l'herbe pendant que le vieux soulage ses intestins. Ce soir-là, lorsqu'il tente, aux abois, de se procurer une nouvelle dose de particules miraculeuses, il trouve porte close. Le vieil homme va mourir durant la nuit, s'asphyxiant sous le regard de ses chèvres qui ont envahi la masure.
Ainsi filme Michelangelo Frammartino, en privilégiant un son d'ambiance sans dialogues et ses cadrages, passant du jour à la nuit, et vice versa. L'écran devient noir lorsque se ferme la porte du caveau. Et la lumière aveugle un chevreau extirpé de l'utérus de sa mère. Nous suivons maintenant la croissance de ce petit fragile, son sevrage, jusqu'à ce qu'il s'égare du troupeau dans un maquis, se retrouve seul, perdu, agonisant de froid au pied d'un arbre majestueux. L'arbre est un grand sapin, celui que les villageois choisissent pour la fête de la "Pita" : il est scié à la base, transporté vaille que vaille pour être érigé sur la place du village, mât de cocagne d'un jour avant de finir tronçonné, chez le charbonnier.
La quatrième histoire est celle de la construction d'une meule : bûches disposées en cercle selon un rituel, recouvertes d'un lit de foin, puis de terre. Et combustion, cuisson un jour et demi durant, pour obtenir du charbon de bois.
Ces fascinantes strophes des cycles naturels déclinent quatre règnes : ceux de l'humain, de l'animal, du végétal et du minéral. Michelangelo Frammartino cite Pythagore : "Nous avons en nous quatre vies qui s'emboîtent les unes dans les autres. L'homme est un minéral, car son squelette est constitué de sels, un végétal, car son sang est comme la sève des plantes, un animal, car il est mobile et possède une connaissance du monde extérieur. Il est humain, car il a volonté et raison." Le philosophe grec du VIe siècle avant Jésus-Christ ne doit pas vousinquiéter.
Aucune prise de tête dans Le Quattro Volte, rien que de la poésie secrète, une captivante exploration de coutumes et des temps qui scandent vie, mort, et renaissance. Une éblouissante limpidité narrative. Pythagore habita là, en Calabre, y enseigna le sens caché des choses et la présence d'une âme en chaque chose. Se dépeignant comme "un médium entre la matière et la forme", filmant sa cosmogonie, Frammartino aime à rappeler que Pythagore discourait derrière un rideau, une toile qui préfigurait l'écran de cinéma. Cet hommage relativise l'empreinte de l'homme, qui n'est au centre de l'image que le temps de passer le relais au chevreau, puis au bois et au charbon, au fil d'une transmigration. Rien ne se meurt, tout se transforme. Le décor reste immuable, les pulsations de la matière varient.
D'où vient ce Frammartino à formation d'architecte, qui semble avoir appris la dignité existentielle chez les gens de peu, au contact de rituels païens, et dont la manière, l'art d'orchestrer son cantique de la terre, évoque celle du grand Ermanno Olmi, l'auteur de L'Arbre aux sabots (1978) ? Situé dans la même région, contant le naufrage d'un village dépeuplé où une jeune fille muette et attardée offrait son corps à des automobilistes de passage, son premier film, Il Dono (2003), était déjà interprété par cet attachant vieillard qui n'est autre que son propre grand-père. Il y exaltait le don, en opposition à l'échange.
Grand Prix indiscutable du dernier festival de cinéma italien d'Annecy, Le Quattro Volte témoigne d'une curiosité contemplative pour les mystères et d'une réticence viscérale pour les artifices. Mais aussi d'un sens aigu de l'humour. Digne deBuster Keaton et de Jacques Tati, un long plan-séquence dont le héros est un chien vaut, à lui seul, d'être préservé dans les cinémathèques. A l'entrée du village, au croisement de deux routes, ce clébard endiablé perturbe la procession religieuse des habitants déguisés en soldats romains, puis retire une cale sous la roue d'une camionnette stationnée en équilibre instable, qui dévale la pente et défonce en contrebas la barrière de l'enclos où le berger parquait ses chèvres. Ici, le réalisme extrême de cette fiction aux apparences de documentaire réinvente la mécanique des catastrophes en chaîne et l'art du cadavre exquis.
L'originale è qui:
http://www.lemonde.fr/cinema/article/2010/12/28/le-quattro-volte-de-l-humain-au-mineral-l-enchantement-du-monde_1458461_3476.html
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