Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
lunedì 19 maggio 2014
domenica 18 maggio 2014
Titoli di testa e neorealismo
Quasi tutti i titoli di testa dei film italiani portano alla voce “
sceneggiatura “ una buona decina di nomi. Non bisogna prendere troppo sul serio
questa imponente collaborazione. Essa ha prima di tutto per scopo di dare al
produttore delle cauzioni molto ingenuamente politiche: vi si trovano
regolarmente i nomi di un democristiano e di
un comunista ( come nei film di un marxista e un prete). Il terzo
co-sceneggiatore ha la fama di saper costruire una storia, il quarto di trovare
la gag, il quinto di fare dei buoni dialoghi,il sesto “ di avere il senso della
vita “ ecc. Il risultato non è migliore o peggiore che se non ci fosse un solo
sceneggiatore. Ma la concezione della sceneggiatura italiana si adatta bene a
questa paternità collettiva in cui ciascuno apporta un’idea senza che il
regista sia in definitiva tenuto a seguirla. Piuttosto al lavoro a catena degli
sceneggiatori americani, bisognerebbe accostare questa interdipendenza
all’improvvisazione della commedia dell’arte o anche all’hot jazz.
Il neorealismo e il post-neorealismo.
Il cinema italiano secondo André Bazin,
op. cit.
giovedì 15 maggio 2014
Piccoli calabresi crescono
Come è risaputo nel 1951 la provincia
di Reggio Calabria subì una delle sue periodiche alluvioni, forse la più
devastatrice, certamente la più ricordata. A seguito di quel disastro circa
trecento fanciulli partirono per il nord,per una volta non come emigranti.
Furono ospitati in una colonia sul Lago Maggiore che apparteneva alla Edison,
gigante dell’elettricità pre Enel. In quel periodo Ermanno Olmi faceva il suo
apprendistato registico girando dei cortometraggi per conto di quella fabbrica.
I bambini calabresi vennero ospitati a Suna, sul
Golfo Borromeo e furono i protagonisti del film che oggi apre la filmografia
del regista bergamasco: Piccoli calabresi
sul Lago Maggiore… Nuovi ospiti della Colonia di Suna (1953). Bastano otto
minuti e passa ad Olmi per essere già il
regista de L’albero degli zoccoli . Dopo le prime tragiche immagini di una terra
devastata, dalla colonia Vincenzino scrive ai genitori le sue impressioni di
un altro mondo molto meglio organizzato … un ‘altra bambina canta del ciucciu
mortu … il piccolo Carmelo malfermo dalla nascita dopo un intervento chirurgico
muove i primi passi e sogna di diventare capo stazione, magari a Bovalino.
Girato ancor prima dei
documentari di Vittorio De seta editati qualche post fa, quello di Ermanno Olmi
ci presenta una Calabria, che seppure vista da lontano, è una terra incitata a
sollevarsi dalle restrizioni e camminare con i propri piedi e sono i bambini a
spronarla e per questo incitamento Olmi è da ringraziare; nel suo, a tratti
facile entusiasmo, è un film che commuove: verrà De Seta e metterà un altro
punto e a capo che è ancora lì, fermo, nonostante i vari lifting di
ammodernamento attuati, per altro con i finanziamenti CEE che si spendono senza
nessuna ragione visto che ancora i giovani prendono la via dell’esodo, e non
solo loro, e il capo stazione è ormai una figura soppiantata dall’elaboratore
che mediante un programma fa andare e tornare i treni.
domenica 11 maggio 2014
L'ultimo viaggio
Top 20: Best Last Films
By Film Comment
1. L’Argent Robert Bresson, 1983
2. Gertrud Carl Theodor Dreyer, 1964
3. F for Fake Orson Welles, 1975
4. An Autumn Afternoon Yasujiro Ozu, 1962
5. Lola Montès Max Ophuls, 1955
6. Yi Yi Edward Yang, 2000
7. The 1,000 Eyes of Dr. Mabuse Fritz Lang, 1960
8. Eyes Wide Shut Stanley Kubrick, 1999
9. Love Streams John Cassavetes, 1984
10. Street of Shame Kenji Mizoguchi, 1956
11. Ivan the Terrible Part II Sergei Eisenstein, 1946
12. Tabu F.W. Murnau, 1931
13. Salo Pier Paolo Pasolini, 1975
14. A Prairie Home Companion Robert Altman, 2006
15. The Dead John Huston, 1987
16. Once Upon a Time in America Sergio Leone, 1984
17. Lilith Robert Rossen, 1964
18. Cluny Brown Ernst Lubitsch, 1946
19. Un Flic Jean-Pierre Melville, 1972
20. Imitation of Life Douglas Sirk, 1959
L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20
mercoledì 7 maggio 2014
Mexico indigenista
Questa
volta Benito Alazraki il regista di El
Toro Negro lo portiamo dentro il
Circolo di Cultura Cinematografica " Yasujiro Ozu "
Complice anche il compagno Georges Sadoul che ebbe parole di elogio
verso questo regista messicano, nonché poeta e guinonista, vale a dire
soggettista.
Raìces ( Radici, 1954) è considerata una delle pellicole pioniere del cinema
messicano indipendente, realizzata in condizioni molto speciali al margine del
meccanismo produttivo convenzionale. La si deve principalmente al produttore
Manuel Barbachano- Ponce e allo sceneggiatore Carlos Velo esule in Messico
dalla Spagna franchista.
Concorsero alla riuscita finale anche il cinematographer Walter Reuter, che fu responsabile delle luci
del langhiano Metropolis (scusate se
è poco) e un gruppo di autori di musica colta tra i più dotati di quel paese.
Se c’è una cosa da accostare a Raìces
è una raccolta di musica popolare messicana,Mexico,
fiestas of Chapas & Oaxaca, registata da David Lewiston negli anni
settanta del secolo scorso e pubblicata dalla Elektra Nonesuch, proprio in
alcune delle regioni dove è stata girata la pellicola di Benito Alazraki.
L’intento è lo stesso: raccogliere e conservare le tradizioni dei costumi come
dei suoni delle popolazioni indie.
Nell’opera Aazraki anticipa lo stile che contraddistinguerà El Toro Negro: coniugare la finzione con
il documentario ; si suddivide in
quattro episodi più un prologo costituito da una serie di immagini che
riproducono il paesaggio archeologico messicano e la sua relazione con gli
abitanti indigeni che rappresentano il popolo nativo, autentico, che ha dato
forma alla nazione messicana prima di Cortez il killer. Ogni episodio è
introdotto da una voce femminile o maschile che corrisponde al punto di vista
di un personaggio, non necessariamente il protagonista. Inoltre ogni episodio è
volutamente interpretato da autentici indios reclutati nelle zone dove si
svolgono i fatti.
In sintesi il primo episodio La
Vacca descrive la povertà di una coppia di giovani alle prese con la mancanza
di cibo per se stessi e la neonata figlioletta, la giovane donna finirà
collaboratrice domestica in città per aiutare marito e figlia; nel secondo, Nostra Signora, una studentessa
americana arriva in bicicletta per scrivere la sua tesi di laurea sulla vita
selvaggia degli indios messicani, scoprirà che gli indios sono molto più evoluti
di come li aveva studiati e descritti; il terzo, Il Guercio, un bambino cieco di un occhio, deriso dai suoi coetanei
viene condotto dalla madre dapprima da una specie di stregone e subito dopo in
pellegrinaggio al santuario dei Re Magi per essere miracolato, a causa di uno scirfarolu, petardo, perderà
completamente la vista, conseguentemente gli altri ragazzi non lo insulteranno
più; in fine, La Puledra, un
archeologo straniero impazzito per una giovane india propone al padre di lei
l’intenzione di comprarla col risultato di sentirsi chiedere da quest’ultimo la
moglie per il doppio del valore della giovane.
In tre degli episodi il contrasto è tra i personaggi di pelle scura
contrapposti ai bianchi, il rimando è evidente: il mondo autentico delle
popolazioni indie in opposizione a quello civilizzato; si aggiungono anche
elementi simbolici di rottura come l’automobile decappottabile dalla cui radio
fuoriesce un motivo moderno, il quadro della Gioconda , le croci ed il congegno
in legno e corda per trascinare il ragazzo cieco che stabilisce una
correlazione tra essere umano e animali da lavoro, i vestiti della giovane
ragazza, oggetti di feticismo per lo straniero.
Sempre il compagno Sadoul riteneva, ed altri con lui, l’episodio del
guercio il meglio riuscito con quel sapore di cinema estetizzante europeo di
sapore neorealista: in poche parole felliniano.
lunedì 5 maggio 2014
Michelangelo sincero
1912 - 2007
“ Le mie opinioni, i miei errori, che sono quanto c’è di più
personale nelle mie esperienze, trasmetteranno il mio messaggio, se
sono sincero. Esser sincero implica fare un’opera un po autobiografica “.
Michelangelo Antonioni
lunedì 28 aprile 2014
Monroe Stahr, il nichelino e il cinema
" Lasciate stare i dialoghi per un
momento “ disse Stahr. «Ammetto che i vostri dialoghi sono più
eleganti di quelli che sanno scrivere quei due sceneggiatori... vi abbiamo
fatto venire qui per questo. Ma immaginiamo qualcosa che non sia né un
pessimo dialogo né un salto nel pozzo. C’è una stufa nel
vostro ufficio, una di quelle che si
accendono con un fiammifero ? “ “ Credo
di si “ rispose Boxley, sulle sue. «Ma non
l'adopero mai. ›› « Supponete di
trovarvi in ufficio. Avete duellato o
scritto per tutto il giorno e siete troppo stanco per continuare a
duellare o a scrivere. Ve ne rimanete seduto,
guardando nel vuoto... intontito, come capita a tutti, qualche volta. Una graziosa stenografa che
già conoscete entra nella stanza e voi la guardate... apatico. Lei non vi vede, benché le siate molto vicino. Si
sfila i guanti, apre la borsetta e ne
rovescia il contenuto su un tavolino...
››
Stahr
si alzò, gettando sulla scrivania il mazzo delle chiavi.
« Ha
due monetine d'argento, un nichelino... e una
scatoletta di svedesi. Lascia il nichelino sul tavolo, rimette le
monetine nella borsetta, prende i guanti neri,
si avvicina alla stufa, l'apre e vi mette dentro i guanti. Nella scatoletta c'è un solo fiammifero e lei
fa per accenderlo inginocchiata accanto alla
stufa. Voi notate che la finestra aperta
lascia passare una forte corrente
d'aria... ma proprio in quel momento suona il telefono. La ragazza prende il ricevitore, dice
pronto... ascolta... poi, in tono
reciso, dice al telefono: “Non ho mai
posseduto un paio di guanti neri in vita mia”. Riattacca, si inginocchia
di nuovo accanto alla stufa e, proprio mentre accende il fiammifero, voi vi
voltare, di colpo, e vedete che nell'ufficio
c'è un altro uomo, a spiare ogni
movimento della ragazza... ››
Stahr tacque. Prese le chiavi e se le mise in
tasca.
«
Avanti» disse Boxley, sorridendo. «Che cosa succede? ››
«Non lo
so ›› rispose Stahr. «Stavo soltanto facendo del cinema. ››
Boxley
senti di essere stato messo nel sacco.
«Non è
altro che melodramma ›› disse.
«Non
necessariamente ›› replicò Stahr. «In ogni modo, nessuno si è mosso con
violenza o ha avuto una qualsiasi
espressione facciale, né vi è stato alcun dialogo volgare. V'era una sola brutta
battuta, e uno scrittore come voi potrebbe migliorarla. Comunque, sembravate
interessato. ››
«A che serviva il nichelino? ›› domandò
Boxley, evasivo.
«Non lo
so ›› disse Stahr. A un tratto rise. « Ah,
sí... il nichelino serviva per andare al cinema. ››
Tratto da Gli ultimi fuochi di F. Scott Fitzgerald, trad. Bruno
Oddera, Oscar Mondadori 1974
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