Quasi tutti i titoli di testa dei film italiani portano alla voce “
sceneggiatura “ una buona decina di nomi. Non bisogna prendere troppo sul serio
questa imponente collaborazione. Essa ha prima di tutto per scopo di dare al
produttore delle cauzioni molto ingenuamente politiche: vi si trovano
regolarmente i nomi di un democristiano e di
un comunista ( come nei film di un marxista e un prete). Il terzo
co-sceneggiatore ha la fama di saper costruire una storia, il quarto di trovare
la gag, il quinto di fare dei buoni dialoghi,il sesto “ di avere il senso della
vita “ ecc. Il risultato non è migliore o peggiore che se non ci fosse un solo
sceneggiatore. Ma la concezione della sceneggiatura italiana si adatta bene a
questa paternità collettiva in cui ciascuno apporta un’idea senza che il
regista sia in definitiva tenuto a seguirla. Piuttosto al lavoro a catena degli
sceneggiatori americani, bisognerebbe accostare questa interdipendenza
all’improvvisazione della commedia dell’arte o anche all’hot jazz.
Il neorealismo e il post-neorealismo.
Il cinema italiano secondo André Bazin,
op. cit.
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