Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
mercoledì 2 maggio 2012
Non ci resta che ricordare
Saprete già che la sequenza è tratta da La valigia dei sogni di Luigi Comencini, io lo rimaneggiato inserendovi il tema de Le mepris di George Delerue nella prima parte.
E' doveroso ricordare Umberto Melnati come portavoce di tutti quelli che amano il cinema vecchio.
domenica 29 aprile 2012
Harvest
Come ho ricordato prima ho prestato mano d’opera con Taormina Arte, e in quella sede con i circoli messinesi si organizzarono retrospettive su Roger Corman, Brian De Palma, Peter Weir e il cinema australiano.
Già negli anni del mio apprendistato al Cineforum Don Orione per mezzo di Ubaldo avevo timidamente collaborato alla “Settimana del Filmnuovo” una sezione della Rassegna Cinematografica di Messina-Taormina affidata al professor Sandro Anastasi, critico cinematografico della Gazzetta del Sud, creata negli anni della contestazione per tacitare i turbolenti giovani – un pallido scopiazzamento tutto buddace di quanto era accaduto a Cannes e a Venezia dove a scendere nella strada era gente come Godard, Truffaut, Malle, Pasolini, Bertolucci provocando turbolenze davanti al Palais e al Lido – che si opponevano a quanto gestiva dispoticamente Gian Luigi Rondi.
Le proiezioni della “Settimana”, si svolgevano nella varie sale messinesi affittate di anno in anno; il Trinacria e il suo Giardino, l’Odeon, il Garden e il Giardino Corallo. Più avanti dopo l’abbandono da parte mia del Cineforum continuai, chiedendo, assieme a Franco Cingari, al gentilissimo professor Anastasi di poter dare una mano, soprattutto per la retribuzione che ci veniva accordata, poca cosa di fronte a quanto percepivano impiegati e dirigenti dell’E.P.T di allora. Questa partecipazione mi diede comunque l’occasione, talvolta, di mettere piede a Taormina, con la macchina e l’autista, Silvio, della Rassegna, e recarmi al San Domenico dove c’era la vera e propria organizzazione e intravedere nell’andirivieni di quelle stanze qualche personaggio famoso.
Nel frattempo giunse il 1984, non quello di Orwell ma quello di Leone con l’arrivo nelle sale di C’era una volta in America, per dirla con Walker Percy “sono un uomo giovane, ventinovenne, ma sono pieno di sogni, quanti potrebbe averne un vecchio”, il mio ideale di bellezza ha finalmente un volto e un corpo e per giunta si chiama il suo cognome è come nonna Mariuzza.
giovedì 26 aprile 2012
Il più faraonico dei registi
Lui non dorme mai. E’ una persona ossessiva. E’ il più faraonico dei registi con i quali ho mai lavorato … Il suo sguardo è fisso sul futuro. Non da importanza alle sottigliezze. Oliver Stone
Se parlando di Michael Cimino, vale l’etichetta film di genere, questo è un film di genere, anzi di generi.
Tratto da un novel di Robert Daley - non il produttore del suo film di debutto con Clint Eastwood - e sceneggiato con Oliver Stone, ricalca il tema principale di tutta la filmografia di Michael Cimino: lo scontro tra le razze in America per un qualsiasi predominio. Qui abbiamo un polacco contro un cinese, perché poi lo scontro, frenetico, vero è tra i due con il contorno della chinatown e la classica storia d’amore che coinvolge il polacco, un ex veterano del Vietnam, e la bella cinesina, il cui compito è pure quello di risollevarlo dal matrimonio fallito.
I due protagonisti principali, Mickey Rourke e John Lone fanno il loro lavoro con coscienza e destrezza, rievocando il ricordo di tanti sceriffi e villain del cinema americano, ma, come, e mi ripeto, in tutti i film di Cimino è l’ambiente il vero protagonista di quanto racconta, qui il quartiere cinese e la sua comunità abilmente cinematografati da Alex Thompson.
Accusare Cimino di razzismo per questo film è come accusare, tutto questo è accaduto, Eastwood ed il suo ispettore Callaghan di fascismo, accuse a cui non sfuggirono e sfuggiranno nemmeno Tolstoj e Dostoevskij; la sua è una campagna contro la perdita dei valori tradizionali su cui si basavano i rapporti tra gli uomini; il nostro Michael, lo ripeto, è dotato di un proprio umanesimo lontano dagli schemi rigidi di molti conservatori e progressisti che si servono di questi modelli per definire una geografia interiore per non smarrirsi nello svolgersi quotidiano della vita.
Unica pecca nella versione italica del film è la voce di Vernellone che fa apparire Mickey Rourke una fotocopia di quell’animale, letteralmente, di Silvester Stallone.
mercoledì 25 aprile 2012
giovedì 19 aprile 2012
Enzo Ungari
Sotto l’etichetta che porta la firma di Enzo Ungari, facendoli uscire dal limbo, andrò ricordando opere, di autori famosi o meno famosi, che hanno vissuto una sola stagione, se non dire la sola prima visione in un cinema d’essai, cineforum o circolo del cinema. Questi per altro pagavano caro il noleggio di questi film che nessuno voleva proiettare, dato il prevedibile scarso incasso da segnare sul borderò.
Li commenterà una breve citazione tratta dal libro di Enzo Ungari Schermo delle mie brame dato alle stampe nel 1978.
Vorrei anche ricordare che Enzo Ungari se fosse vissuto oggi sarebbe un nome notissimo per via de L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, ma non tutti sanno che proprio a Messina il buon Enzo trovò quanto cercava nelle biblioteche mondiali, e per bontà dell’altrettanto buona Giovannella Giordano.
Paulina s’en va di André Téchiné
è uno di quei film a cui si ha voglia di fare dei complimenti, a causa della sua fragilità e del suo essere senza protezione.
mercoledì 18 aprile 2012
Il massacro di Pompei
OGGI
Quest’opera porta la regia di Mario Bonnard. Solo per finta.
Quando furono iniziate le riprese Bonnard era stravecchio, e forse stramorto, come Stanley Kubrick quando si stavano ultimando le riprese d Eyes wide shut nel 1999, portato a termine non si sa da chi.
Lo presero in mano quattro giovani leoni: Ennio De Concini, Duccio Tessari, Sergio Corbucci e Sergio Leone. Questi partirono per la Spagna e a momenti vi rimanevano.
Il risultato è un guazzabuglio sgangherato per via della Commissione Episcopale Italiana e dell’Opus Dei spagnolo, con un contorno di musiche che irritano le orecchie di Angelo Francesco Lavagnino.
Ma non gliene vogliamo ai quattro baldi giovani, essi si fecero le ossa su quelle cadenti di Bonnard.
La fine: quella distruzione di Pompei sarà meglio rifatta sa Sergio Leone quando appronterà Il colosso di Rodi. L’inizio: beh, l’inizio è la partenza del western all’italiana, un manipolo di incappucciati a cavallo che oltrepassano di notte il fiume per compiere un massacro, è una scena delle future di Sergio Corbucci o Duccio Tessari ,sempre diretta da Sergio Leone, con quell’effetto notte, nuit américane o day for night che imperverserà in Per un pugno di dollari – d‘altra parte gli assalitori agiscono armati di frecce come gli apaches fordiani.
Tutto ciò lo si può notare nel filmato rimissato da me a cui ho inserito un frammento tratto dal corbucciano grande silenzio composto dal Maestro.
Su Steve Reeves meglio tacere per lui parlava l’ammasso di carne, è preferibile ricordare Mimmo Palmara giovanotto che se non ci fosse stato Giuliano Gemma … e una citazione merita Fernado Rey nelle vesti, per lui insolite, di cattivo.
Infine, Ennio De Concini diresse il suo unico film intitolato Gli ultimi 10 giorni di Hitler nel 1973
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