lunedì 16 aprile 2012

il mostro

Harvest

Io arrivai all’E. inizialmente perché dopo la scuola per racimolare qualche lira e non gravare sempre su papà, ereditai un lavoretto, da mia sorella Maria, che consisteva nell’incassare per conto di una nota, a quei tempi, libreria. Una simpatica signora lavorava li dentro e vi ritornavo ben felice perché mi piacevano le sue gambe – quando divenimmo colleghi lo rivelai all’interessata, per nulla turbata, anche perché era divenuta come una sorella per me.
Dopo non ricordo se vi rimisi piede per Fabio Mollica o con Fabio, figlio del noto attore messinese Massimo, divenimmo amici lì dentro. Sta di fatto che lui aveva organizzato, ora si dice progettato, un corso per “Operatore Culturale”, a cui mi iscrissi. Ma forse, ora che ci penso, lo conobbi per via di un ciclo di film promosso da una cooperativa di cui lui faceva parte, proiettati al cinema Royal, e per il quale chiesero la mia consulenza e collaborazione.
 Il docente di “Comunicazioni di Massa” per quel corso era Sebastiano Di Marco che veniva Reggio dove insegnava inglese in un liceo, ma era più conosciuto perché era la mente del circolo “Charlie Chaplin” in via Aschenez.
Il Natale di quell’anno, con Fabio e Filippo, un altro collega ed amico, lo passammo presso il suo circolo perché aveva allestito una retrospettiva su Sergej M. Ejzenstejn, cosa rarissima in quei tempi per i circoli calabro-siculi, e ogni sera con la 126 rossa della mamma di Fabio traghettavamo, via Villa San Giovanni, per andare al circolo reggino.
A Sebastiano Di Marco devo una riconoscenza che non ho mai potuto ricambiare a causa della sua prematura scomparsa: se sono diventato un lavoratore dell’E. lo devo al suo inaspettato e disinteressato sollecitamento presso il direttore. Lui capì subito quanto rappresentava il cinema per me e la preparazione acquisita  frequentando i cinema e i circoli, per questo ogni tanto, durante le lezioni, mi chiamava a fare qualche intervento a supporto delle sue lezioni.
Al di fuori di questa mia attività lavorativa che mi impegnava abbastanza durante la settimana ,
sepolto il “Barbaro” non smisi di partecipare all’organizzazione di cicli cinematografici con altri circoli e in quegli anni si intensificò pure la collaborazione con la Rassegna Cinematografica di Messina-Taormina e con la succeduta Taormina Arte.
Continuai a proiettare film presso un circolo ARCI, “Il Punto Rosso” – vi proiettai per qualche settimana Io sono un atutarchico di Nanni Moretti, allora al suo debutto -, partecipai e proiettai con la cooperativa Entr’Acte fondata dagli scissionisti barbari cui si era aggiunto Maurizio, Godard, Wenders, il Cinema Francese, proiettai pure presso il circolo socialista Officina e nelle feste dell’Unità.



venerdì 13 aprile 2012

The persuader

Tony Curtis ( e Gina Lollobrigida coperta da una malombra) a Taormina (foto, disgraziata, Mittiga)

mercoledì 11 aprile 2012

L'ultima bobina western



Siamo nel 1975, Sergio Leone produce Un genio, due compari, un pollo che dirige Damiano Damiani.  Per sé riserva la parte iniziale, un film nel film. Finalmente rende omaggio, da par suo, ad un atro grande westerner,Sam Peckinpah, suo estimatore della prima ora, dato per morto ne Il mio nome è Nessuno. I silenzi le attese,  i primi piani, il landscape, tutta una summa peckinpahiana e leoniana in circa otto minuti. Dovremo attendere dieci anni prima di un lunghissimo film e sarà la fine di tutto.
Sam Peckinpah, Giuseppe Rotunno, Sergio Leone, Monte Hellman

martedì 10 aprile 2012

Armenian,Canadian, Lebanon ... actress

Arsinée Khanjian (moglie di Atom Egoyan) a Taormina (polaroid Mittiga)

lunedì 9 aprile 2012

Turiddhu Giulianu non abita qui

Michael Cimino il siciliano, oriundo nella terra dei padri

Il Regno delle due Sicilie, l’unico paese al mondo assieme all’ovest americano, dove la realtà sconfina nella fantasia e la fantasia sconfina nella realtà. L. Sciascia

La storia la si può ribaltare – lo chiamano revisionismo -  come si vuole ed i personaggi storici pure; al cinema è accaduto spesso. Martin Scorsese ha riscritto, ammesso che sia esistito, Gesù di Nazareth, considerato fino ad allora un intoccabile; John Ford, maestro di scuola Michael Cimino, ha camuffato il generale George Armstrong Custer in un buon padre di gaie donzelle in età da marito.
Cimino reinventa un pezzo di storia sicula, ed uno dei suoi personaggi più famosi dopo Polifemo, ammesso che anche quest’ultimo sia esistito.
L’obiettivo dei nostri tre registi, come di altri, è stato quello di dare qualcosa in cui credere, a danno della realtà, agli americani.
Il Siciliano di Michael Cimino è un film per gli americani del New Jersey come per quelli di una qualsiasi Contea del Kansas.
Come il fordiano Massacro di Fort Apache il film di cimino è ottimo, per alcuni aspetti molto personale e ciò è dovuto alla sensibilità del regista.
Quello che mi piace di più e che il nostro Michael ha fatto vedere la Sicilia per come la vedevo io nei miei giri e rigiri: la terra del Mito. L’ha rappresentata come fosse l’altra terra del Mito, la sua patria, l’America, non quella urbana di Ore disperate ma quella della frontiera ne  I Cancelli del cielo, quella dei nativi, di cui lui è un cittadino onorario.
Di più: meglio di qualsiasi altro ha saputo ritrarre per il grande schermo la più bella città del mondo, Palermo.  Quella scena girata lungo la via Maqueda all’alba, con le camionette della polizia che in assetto di guerra, come uno squadrone del  7° cavalry, la percorrono rombanti e facendo tremare le tazzine di caffè, la poteva comporre solo lui con l’aiuto del fido Alex Thompson, nel prossimamente, sotto, ne appare qualche tratto.
Durante la visione del Siciliano mi tornava in mente Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ne Il Gattopardo per bocca di don Fabrizio, principe di Salina, definisce l’isola, l’ America per Fenici, Ioni e Dori.



giovedì 5 aprile 2012

Da Orgosolo con ardore

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE



Visto oggi, Banditi ad Orgosolo, posto in mezzo alla retrospettiva su Michael Cimino, sembra un film anti cinema americano, ma non è così. Il film proprio dal documentarismo trae la sua spettacolarità, dovuta all'abilità visiva di Vittorio De Seta mediato dall'occhio incollato alla cinepresa di Luciano Tovoli. Orgosolo e gli  attori non professionisti fanno il resto. Forse gli unici accostamenti moderni da affiancargli sono i film di Michelangelo Frammartino e i luoghi attorno Caulonia, di cui ho scritto tempo addietro.