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mercoledì 11 novembre 2020

Fogazzariani d'autore


Procede alacremente la preparazione del film Malombra, tratto dal romanzo di Antonio Fogazzaro e prodotto dalla Lux con la regia di Mario Soldati. Sono state già girate, sotto la neve. Le scene dell’arrivo di Marina, la cui complessa figura è interpretata da Isa Miranda, alla Villa dove si svolge il racconto e dove avverranno anche, quasi interamente, le riprese del film.
Mario Soldati, che dopo il successo di Piccolo mondo antico è giustamente considerato come il regista fogazzariano per eccellenza, dopo aver ultimato il lungo lavoro di sceneggiatura insieme a Mario Bonfantini_ Ettore Margadonna e Tino Richelmy, si è dedicato con tutto il suo più appassionato e diligente lavoro preparatorio e alla scelta degli attori minori.
Accanto a Isa Miranda figureranno Iradema Dilian, nella parte di Edith; Andrea Checchi in quella di Corrado Silla; Nino Crisman che sarò Nepo Salvador; Gualtiero Tumiati, il Conte Cesare; Giacinto Molteni Steinegge; Ada Dondini, Fosca Salvador; Fanny Marchìò, Donna Giulia; Doretta Sestan, Fanny; Enzo Biliotti, Vezza; Nando Tamberlani, Don Innocenzo.
Il direttore di produzione Dino De Laurentis si è nuovamente recato a Como e sui luoghi dove avverranno le riprese, predisponendo tutta l’organizzazione affinché, nonostante le attuali difficoltà, il lavora possa procedere nel modo migliore. Tutto è stato minutamente e tempestivamente studiato onde assicurare alla lavorazione un ritmo di assoluta regolarità. E di ciò va data meritata lode agli elementi preposti all’organizzazione di questo film, che sarà uno dei più impegnativi e importanti della annata e al contributo delle autorità di Como. E al riguarda vogliamo citare i nomi del comm. Aliverti, commissario prefettizio, del dott. Milello, dell'Unione industriali e degli ingegneri Monacelli e Nessi della “Comacina” che hanno dimostrato la maggior comprensione verso i realizzatori del film, prodigandosi simpaticamente con incoraggiamenti ed aiuti.
Aggiungiamo a complemento di queste prime notizie, altri dati sui collaboratori del film: collaboratore alla regia sarà Guglielmo degli Alberti; Ispettore di produzione, Umberto Bompani; Segretario di produzione, Gianni Montrasio; Operatore, Massimo Terzano; Architetto e Scenografo, Gastone Medin; Costumista, Maria De Matteis.
film SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO TEATRO E RADIO ANNO V N. 12 21 MARZO 1942 XX

In apertura Mario Soldati, Dino Delaurentis e Massimo Terzani sul set di Malombra, 1942 


 

lunedì 9 novembre 2020

La FERRANIA salvata dai partigiani



LA PELLICOLA C’E’

Gli stabilimenti di «Ferrania» sono salvi. E' questa una grande storia della resistenza, che ci riguarda da vicino come uomini di cinema e ci riempie di fierezza come italiani. Per lunghi mesi, i partigiani sono riusciti a isolare la fabbrica. a farne una fortezza assediata. Sulle strade del Piemonte gli autocarri tedeschi. impiegati allo scopo di rifornire «Ferrania» e di trasportarne i prodotti in Germania, quando non finivano a pezzi cadevano nelle mani dei partigiani e dei gappisti. ultimo un camion con 7 soldati nazisti proveniente da Milano con un carico di materie prime, conquistato dalla 102" brigata e Garibaldi presso Calamandrana. fra Acqui e Nizza Monferrato, dopo l'uccisione di quattro nemici.
Al momento dell'insurrezione, lo stretto accordo tra il C.L.N. comunale e quello aziendale permise la fulminea attuazione delle misure di salvaguardia dello stabilimento. Uomini dei G.A.P. e delle S.A.P., armati perfino di armi anticarro catturate ai tedeschi in combattimento, occuparono per primi i locali; in un secondo momento giunsero rinforzi della 3a Divisione Langhe N. Panevino e «Giustizia e Libertà».
La pellicola c'è. Il salvataggio di «Ferrania», semplice e grande storia, solenne come un'antica leggenda, è come una possente iniezione d'ossigeno nel corpo debilitato del cinema italiano. La fabbrica è in grado di effettuare subito un piano ridotto di 15 giornate lavorative al mese. Per almeno 2 mesi può produrre 1.500.000 ml. di pellicola positiva 35 mm. Dopo questo periodo sarà necessario u rifornimento ulteriore di materie prime. Già ora, «Ferrania» dispone di forti scorte di pellicola 35 mm. E i prezzi dovranno discendere: sul posto, la pellicola costa L. 3,50 al metro!
C'i sia permesso, in questa sede, di sottolineare la nostra particolare gioia: quella di iniziare la vita del nostro giornale, il cardine primo del cui programma è nell'affiancare e sostenere il cinema nuovo e decoroso che dovrà nascere dal riscatto e dal risorgimento d'Italia, in concomitanza di avvenimenti così straordinari (con «Ferrania», sono salvi i materiali trafugati dai fascisti per opera dei patrioti veneziani con alla testa il nostro vecchio e caro compagno di lavoro F. Pasinetti), di tanto conforto per chi ama il
cinema e ne conosce le grandi funzioni che ad esso spettano nel progresso civile.
FILM D'OGGI
Testo e foto: film D'OGGI  Anno 1 – n. 1 - 9 giugno 1945

 

 

domenica 8 novembre 2020

The Godfather Part III: Unknown Location on Sicily

Screenshot from The Godfather Part III
at 1:54:06

The Great Cinematographer Gordon Willis (1931-2014)
and the Crew on set







Fortress (Rocca) Motta della Placa with Monastery S. Salvatore di Placa
view from 
Strada Provinciale 1
Francavilla di Sicilia (ME) - Mojo Alcantara (ME)
Photo by Sandro Messina

lunedì 26 ottobre 2020

Face & Surface


"A man does not try to find out what is inside (a face). He does not try to scratch the surface. If he did, he might find something much more beautiful than the shape of a nose or the color of an eye."

 "Un uomo non cerca di scoprire cosa c'è dentro (un volto). Non cerca di graffiare la superficie. Se lo facesse, potrebbe trovare qualcosa di molto più bello della forma di un naso o del colore di un occhio".

 Hedy, Hedwig Eva Maria Kiesler, Lamarr, 1914 – 2000

 

domenica 18 ottobre 2020

Young Klaus



Klaus Kinski (1926-1991), Decision Before Dawn (I dannati), Anatole Litvak 1951
 

martedì 6 ottobre 2020

UN DOCUMENTO STORICO - Bengasi di Augusto Genina

Documento storico sarà Bengasi come documento storico fu l'indimenticabile Assedio dell'Alcazar. Sdirebbe che le due grandi produzioni, pur così diverse come contenuto, non esiste una soluzione di continui ideale.
Forse, ad indurci all'osservazione, è l'identità dello stile di produzione: stile che, nel secondo film, è ancorquello che maggiormente contribuì a consacrare il successo mondiale del primo.
Di Bengasi il regista è sempre Augusto Genina; ed immutati sono rimasti, nella loro struttura essenzialei quadri tecnici. Ma soprattutto sono rimasti immutati lo spirito di tutti gli artefici del film e l'atmosfera nella quale essi lavorano.
Non abbiamo simpatia per la retorica pubblicitaria. E' tuttavia fuori di ogni discussione la non normalità duno stile di produzione che attinge la sua ispirazione unicamente ad una ferrea serietà d'intenti ed alla veri più severamente collaudata.
Facilissimo, e sotto certi aspetti anche piacevole, potrebbe essere in questi casi abbandonarsi all' onda dellfantasia, far respirare ai personaggi della vicenda una viziata aria di romanzo. Queste tentazioni, nel cinematografo, sono sempre fortissime ma terribilmente pericolose. La verità storica dei fatti ha un suo inconfondibile e prezioso profumo che non si amalgama con quello, dozzinale, del romanzo.
Quattro nacchere e un toreador non sono la Spagna, Una porta moresca e il lamento del muezzin non sono l'Africa. Oppure, come troppo spesso accade sugli schermi, sono una Spagna e un'Africa da oleografia, da romanzo di Loti e di Farrère.
Nel caso specifico di Bengasi, un'altra considerazione s'impone. Ed è questa: il volto di marmo della stori- della nostra storia - non sopporta il volgare belletto della fantasia. A volerla, a volerla scoprire, c 'è sempre nella cruda narrazione dei fatti una bellezza eroica e patetica infinitamente superiore a quella, sofisticata delle pardite immaginazioni.
La realtà è uno straordinario, incomparabile soggettista cinematografico. Saggia norma fu dunque quelldei produttori di Bengasi d’ispirarsi unicamente ad essa, senza indulgenze.
In questo film, come già era accaduto nell’Alcazar, la documentazione minuziosa ha vantaggiosamente
sostituito i pericolosi fermenti dell'immaginazione. Diecimila scatti di Leica, una lunga indagine condotta sul posto per stabilire senza possibilità di deformazioni prospettiche le reazioni psicologiche di quelli che sarebbero stati i personaggi della umana e drammatica vicenda, hanno servito di più di qualunque ipotesingegnosa.
L'imponente materiale documentario, opportunamente coordinato ed utilizzato funzionalmente da Alberto Bargelesi nella lunga fase preparatoria, ha costituito l'ideale piattaforma di lancio per tutti i successivi sviluppi. Ad esso hanno copiosamente attinto gli sceneggiatori e l'architetto.
Preziosissimo è stato pure agli interpreti, immettendoli, meglio di qualunque esortazione verbale, nel clima del film,
Abbiamo sotto gli occhi, mentre scriviamo, un piccolo rettangolo di carta fotografica, scelto a caso fra le 10.000 immagini raccolte dall'operatore Smeriglio. Rappresenta il particolare di una poltrona del Palazzo Municipale di Bengasi: uno speciale pomello, lavorato in una certa maniera.
Pignolerie, diranno gli improvvisatori di professione, gli adoratori dell'approssimativo. Ma è proprio di queste «pignolerie» che è fatta la fortuna di un film. E' soltanto con molte di queste «pignolerie» a portare 3500 metri di pellicola all’altezza di un documento storico.
Mino Cauda
na
film SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO TEATRO E RADIO ANNO V n. 11 – 14 MARZO 1942 - XX

lunedì 15 giugno 2020

Un leone a Culver City - Il leone ruggisce


Il primo film sonorizzato

Nel 1927 anche Robert Flaherty, dopo il successo di Moana (L'ultimo Eden, 1925) venne scritturato dalla M.G.M.: a Culver City egli si occupò fra l'altro di cinema a colori, ma venne infine inviato nuovamente nei Mari del Sud per iniziare, le riprese di un film assai impegnativo, intitolato White Shadows in the South Seas (Ombre bianche, 1928). Secondo le intenzioni dei dirigenti della casa, il film non doveva essere soltanto una replica di Moana, bensì un vero e proprio film a soggetto, ispirato addirittura a un romanzo di Frederick O' Brien. In seguito a disaccordi col grande documentarista, il quale certo mal si adattava a realizzare un film sulla ferrea traccia di uno scenario prestabilito, la parte "romanzata" - cioè a dire l'intero film - venne a un certo punto affidata a un giovane, W. S. Van Dyke, che aveva già una lunga esperienza (con una trentina di films) specie nel genere western e nelle riprese all'aria aperta. Nonostante tutto, il risultato finale fu dei più felici, e la dissetante purezza dei paesaggi rivelati dalle magistrali riprese già effettuate da Flaherty, servi da suggestiva cornice a una storia semplice e abbastanza credibile, per quanto a tratti convenzionale: un dottore bianco (l'attore Monte Blue), unico superstite di una nave il cui equipaggio era stato distrutto dalla peste, sbarcato in un’isola ancora incontaminata, a contatto con la vita primitiva degli indigeni e per amore di una polinesiana (truccata - ahimè - come una diva di Hollywood: la messicana Raquel Torres, riusciva a dimenticare temporaneamente i suoi vizi (l'alcool, in primo luogo), ritrovando a poco a poco la gioia di vivere. Alla fine, però, il ricordo del passato aveva il sopravvento, ed egli con un falò richiamava l'attenzione di un veliero, aprendo in tal modo le porte del paradiso, fino a quel momento ·ignorato dai bianchi, alla civiltà e al male: dinanzi all'angoscia della sposina indigena, egli veniva assalito da tardivi rimorsi, e trovava la morte nel tentativo di respingere i trafficanti, i quali invece finivano per installare nell'isola un cabaret. Ombre bianche fu in sostanza uno dei tentativi più riusciti di documentario romanzato: dalla sua equivoca impostazione resa allora ancora accettabile, oltre che dalla preziosa presenza di Flaherty, anche dal fatto che tutte le riprese vennero effettivamente girate sul posto (senza alcuna ricostruzione ad Hollywood), deriverà in seguito purtroppo l'interminabile serie delle "evasioni" polinesiane, che da quel momento cominciarono periodicamente a imperversare (al di fuori di tal nefasta influenza rimarrà tuttavia il capolavoro di Murnau, Tabu, 1931, cui come è noto lo stesso Flaberty collaborò). Al successo di Ombre bianche nel mondo contribuì infine notevolmente l'avvento del sonoro: il film venne infatti distribuito – secondo la consuetudine del periodo "del trapasso" - con una piacevolmente orecchiabile colonna sonora, i cui temi musicali – penetranti e sentimentali - rimasero a lungo impressi nel ricordo del pubblico. Comunque il ·film di Flaherty e Van Dyke deve essere senz'altro considerato l'ultimo grande film prodotto dalla M.G.M., interamente concepito come un film silenzioso. Ma il parlato è ormai alle porte: e, facendo buon viso a cattivo gioco anche la Metro Goldwyn Mayer incomincerà presto a produrre i suoi "All Talking" (i famosi parlati "al cento per cento") mentre il "Leone" di Howard Dietz, con grande spasso del pubblico, farà udire, d'ora in poi, il suo fonogenico ruggito.
FINE

Fausto Montesanti
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE 

In apertura Raquel Torres e W. S. Van Dike sul set di Ombre bianche (White Shadows in the South Seas) del 1928.

giovedì 28 maggio 2020

Un leone a Culver City - From Europa


Europei a Culver City

Oltre a Victor Sjostrom, che fra il 1923 e il 1930 riuscì a conservare, pur con risultati ineguali, un notevole prestigio presso i dirigenti della M.G.M., vari altri registi furono chiamati a Culver City negli ultimi anni del muto: il francese Jacques Feyder che dirigendo fra l'altro la Garbo in The Kiss (Il bacio1929) ne inaugurò la maniera per così dire "materna", destinata a divenire più tardi parte integrante della personalità dell'attrice; il danese Benjamin Christensen, autore del celebre film La stregoneria attraverso secoli (realizzato in Svezia nel 1921), che diresse The Devil's Circus (1926) e Mockery (1927) con Lon Chaney; il tedesco Ernst Lubitsch, che dopo So This is Marriage (1924) fu il regista di un film operettistico, The Student Prince in Old Heidelberg (Il principe studente1928), tratto dal libro "Karl Heinrich" di Meyer-Forster, con Ramon Novarro e Norma Shearer; e infine il russo Dimitri Buchowetsky, che, dopo il successo dei grossi film in costume da lui diretti in Germania, fu chiamato a dirigere prima Mae Murray in Valencia (1926), e in seguito persinoLa Garbo in Love (Anna Karenina1928): ma, per motivi imprecisati, dopo le prime scene il film gli fu tolto di mano e affidato alla puntuale diligenza Edmund Goulding. (continua)
Fausto Montesanti 
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10-25 DICEMBRE

A sinistra: Mae Murray con Lloyd Hughes in Valencia del 1926




venerdì 22 maggio 2020

L'innocente Lea



TIPI E CARATTERI
LEA PADOVANI

Se l’immissione continua di nuovi elementi per ogni cinematografia è fattore decisivo di continuità e di miglioramento, per quella italiana è addirittura condizione indispensabile di vita, ora che il problema primo per la nazione è quello di rompere i ponti col passato e costruire “ex novo” ogni cosa. Non deve quindi sembrare inopportuno che “Film d'oggi” inizi una galleria di elementi che possono costituire i quadri di oggi e di domani del nostro cinema nuovo, quando ancora la nostra produzione è lungi dall'aver ripreso.
Lea Padovani ha poco bisogno di essere presentata, ma un urgente bisogno di essere ripresentata.
Questa ragazza infatti ha già interpretato come prima attrice, sostenendo la parte di un'ingenua collegiale l'ultimo film di Macario. L'innocente Casimiro, la cui visione sconsiglierebbe ogni uomo di buon gusto dal fare affidamento su di lei per il nuovo cinema italiano.
Ma appare chiaro a chiunque l’abbia vista in teatro, e queste foto si sforzano di dimostrarlo, che questa giovane attrice è qualcosa di meglio che non una collegiale convenzionale e dolciastra; potrà semmai fare “certe” collegiali. E’ quanti che possono venir furi le sue caratteristiche più intime e più espressive: un viso di adolescente con occhi acuti e gravi su di un corpo esuberante di donna.
Un tipico esemplare della gioventù del dopoguerra, cresciuta fra difficoltà molteplici e crude, fra guerre, rivoluzioni, rovine materiali e morali, in un clima di dispersione spirituale forse senza precedenti. Ma non vorrei aver dato una impressione troppo cupa né aver segnato dei limiti troppo precisi. Senza dubbio, infatti, Lea Padovani è fra le giovani attrici una di quelle più dotate di senso umoristico nella sua accezione più moderna, americana direi, cosa che le dà evidentemente la possibilità di interpretare con successo ruoli comici o addirittura caricaturali; pur non escludendo che le si addica, anche il dramma.
Per la storia diremo che Lea Padovani è uscita dall'Accademia di Arte drammatica di Roma, recita a attualmente nella compagnia Macario e si prepara ad affrontare, la prosa.
Che il cinematografo prima o poi la requisisca ci appare inevitabile. Se questa operazione avverrà sotto l'auspicio di qualche uomo di cinema intelligente e di gusto, Lea Padovani, collegiale cattiva sarà una delle nostre attrici migliori.
SERGIO SOLLIMA
Film D'OGGI Anno 1 - n. 1 - 9 giugno 1945

Lea Padovani è ritratta da Barzacchi