UN DOCUMENTO STORICO - Bengasi di Augusto Genina
Documento storico sarà Bengasi come documento storico fu l'indimenticabile Assedio dell'Alcazar. Si direbbe che le due grandi produzioni, pur così diverse come contenuto, non esiste una soluzione di continuità ideale.
Forse, ad indurci all'osservazione, è l'identità dello stile di produzione: stile che, nel secondo film, è ancora quello che maggiormente contribuì a consacrare il successo mondiale del primo.
Di Bengasi il regista è sempre Augusto Genina; ed immutati sono rimasti, nella loro struttura essenziale, i quadri tecnici. Ma soprattutto sono rimasti immutati lo spirito di tutti gli artefici del film e l'atmosfera nella quale
essi lavorano.
Non abbiamo simpatia per la retorica pubblicitaria. E' tuttavia fuori di ogni discussione la non normalità di uno stile di produzione che attinge la sua ispirazione unicamente ad
una ferrea serietà d'intenti ed alla verità più severamente collaudata.
Facilissimo, e sotto certi aspetti anche piacevole, potrebbe essere in questi casi abbandonarsi all' onda della fantasia, far respirare ai personaggi della vicenda una viziata aria di romanzo. Queste tentazioni, nel cinematografo, sono sempre fortissime ma terribilmente pericolose. La verità storica dei fatti ha un suo inconfondibile e prezioso profumo che non si amalgama con quello, dozzinale, del romanzo.
Quattro nacchere e un toreador non sono la Spagna, Una porta moresca e il lamento del muezzin non sono l'Africa. Oppure, come troppo spesso accade sugli schermi, sono una Spagna e un'Africa da oleografia, da romanzo di Loti e di Farrère.
Nel caso specifico di Bengasi, un'altra considerazione s'impone. Ed è questa: il volto di marmo della storia - della nostra storia - non sopporta il volgare belletto della fantasia. A volerla, a volerla scoprire, c 'è sempre nella cruda narrazione dei fatti una bellezza eroica e patetica infinitamente superiore
a quella, sofisticata delle più ardite immaginazioni.
La realtà è uno straordinario, incomparabile soggettista cinematografico. Saggia norma fu dunque quella dei produttori di Bengasi d’ispirarsi unicamente ad essa, senza indulgenze.
In questo film, come già era accaduto nell’Alcazar, la documentazione minuziosa ha vantaggiosamente
sostituito i pericolosi fermenti dell'immaginazione. Diecimila scatti di Leica, una lunga indagine condotta sul posto per stabilire senza possibilità
di deformazioni prospettiche le reazioni psicologiche di quelli che sarebbero stati i personaggi della umana e drammatica vicenda, hanno servito di più di qualunque ipotesi ingegnosa.
L'imponente materiale documentario, opportunamente coordinato ed utilizzato funzionalmente da
Alberto Bargelesi nella lunga fase preparatoria, ha costituito l'ideale piattaforma di lancio per tutti i successivi sviluppi. Ad esso hanno copiosamente attinto gli sceneggiatori e
l'architetto.
Preziosissimo è stato pure agli interpreti, immettendoli, meglio di qualunque esortazione
verbale, nel clima del film,
Abbiamo sotto gli occhi, mentre scriviamo, un piccolo rettangolo di carta fotografica, scelto a caso fra
le 10.000 immagini raccolte dall'operatore Smeriglio. Rappresenta il particolare di una poltrona del Palazzo Municipale di Bengasi: uno speciale pomello, lavorato in una certa maniera.
Pignolerie, diranno gli improvvisatori di professione, gli adoratori dell'approssimativo. Ma è proprio di queste «pignolerie» che è fatta la fortuna di un film. E' soltanto con molte di queste «pignolerie» a portare 3500 metri di pellicola all’altezza di un documento storico.
Mino Caudana
film SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO TEATRO E RADIO ANNO
V n. 11 – 14 MARZO 1942 - XX
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