ln
seguito si ebbe l`introduzione di una nuova variante, mediante la messa in
gioco della figura del-lo Special Prosecutor, un funzionario cui vengono di
norma assegnati poteri dittatoriali per ripulire la città dal fango della
malavita, come succede in Racker Busters
(1938) di Lloyd Bacon.
A sua volta l'introduzione di questa nuova figura si è
accompagnata a una nuova variante, la contaminazione del film di gangsters con apporti della tipicamente anglo-sassone
scuola cimiteriale (Harvey, Young, il Gray dell' Elegia sopra un cimitero
campestre, quasi tutto Edgar Allan Poe, il Jonathan Lartimer della « Dama della Mongue », Evelyn Waugh
«del «Caro estinto », ecc.). È quanto accade in The Enforcer (1951, La città
è salva) dell'uncredited Raoul Walsh
[il film è firmato Bretaigne Windust, cui il produttore Milton Sperling lo
tolse di mano dopo poche scene), in cui il Procuratore Distrettuale Martin
Ferguson [Humphrey Bogart] non è che un riesumatore di cadaveri, sprofondato in
un universo in via di putrefazione, affollato di loculi, sudari, perizie e
reperti necroscopici. È in questo film poi che forse si rivela la massima
ambivalenza del genere. L'oggetto dell'inchiesta è una ragazza dalla
personalità non facilmente circostanziabile Theresa Davis- Angela Vetto (Pet
Joiner), testimone di un omicidio miracolosamente salvata da un sicario innamoratosi
di lei e che vive sotto falso nome. Il fatto che un « killer ›› al solido
dell'Anonima Assassini la risparmi uccidendo un'altra ragazza al posto suo ha
un'evidente effetto di derisione nei confronti del freddo raziocinio del Procuratore
Distrettuale. Se solo un « coup de foudre ››, in altre parole il caso e
l'imprevisto, vale a dire un « coup d'hasard », costituiscono fonte di minaccia
reale per la Murder inc., allora significa che l'impresa di Ferguson,
l’affermazione della razionalità e il trionfo delle Forze del Bene sono
soltanto apparentemente soddisfatte. Il che equivale ad ammettere che al mondo
del crimine non potrà mai essere assestato un sicuro « coup de grace » e che
quindi la città non sarà mai salva del tutto. Come il delitto primario della
psicoanalisi, anche la Murder inc. si ripete e rivive continuamente.
Questa fondamentale ambivalenza si risolve anche in un
atteggiamento ambiguo nei confronti del criminale. Per tutto un gruppo di film
del genere i delinquenti nascono tali e ovviamente non possono essere recuperati:
non resta quindi che distruggerli. Ma già in Public Enemy, soprattutto nelle scene iniziali in cui si vedevano i
giovani Tom e Matt passare da reati di poco conto a delitti e violenze sempre
più in grande, venivano messe in gioco tutte le determinazioni economiche e
sociali che avevano lo scopo di indicare il crimine come fenomeno economico e
sociale ben preciso, e non come effetto di un rimpasto degli istintiti.
Indicazione che appare anche in Dead End (1937,
Strada sbarrata] di William Wyler, Crime School, Gangster's Boy e Angels With
Dirty Faces [Gli angeli con la faccia
sporca) di Michael Curtiz, tutti del 1938. Altri film dell'epoca non
mancavano di affermare con chiarezza che situazioni ambientali e familiari a
dir poco disdicevoli, l'inferno degli « slums ›› e dei « blocks ››, le brutali
bolge dei riformatori e dei penitenziari erano il più naturale focolaio di
violenza e criminalità. In The Roaring
Twenties (1939-40] di Raoul Walsh (sceneggiatura di Robert Rossen) veniva
timidamente affacciata la tesi del nesso inestricabile tra «gangsterismo ›› e
disoccupazione, innovazione di questo tipo di film (che potremmo definire
riformista) era la presenza, a fianco del personaggio negativo del «gangster »,
del personaggio positivo del poliziotto, del prete, dell'educatore,
dell'avvocato e di altrettali agenti dell'«establishiment ››, venuti fuori
dallo stesso ambiente malfamato, dagli stessi vicoli, dagli stessi caseggiati,
suggerendo così che la malvagità degli uni e la bontà degli altri andavano
presi come il risultato di una scelta morale avente funzione di correttivo di
una troppo marcata insistenza sul condizionamento sociale [sposando riformismo
e individualismo ed evitando il radicalismo mediante la dialettica della
pensona. ln The Killers [l gangsters) di Robert Siodmak [in cui
l'adattamento del racconto di Hemingway era opera di John Hfuston, che però non
figura nei «credits » del ›film) Ole [Burt Lancaster) e il tenente Lubinsky
scorrazzavano durante l'infanzia sulle scale antincendio dello stesso
circondario. Così come in Cry of the City
(1948, L`urlo della
città),
sempre di Siodmak, il poliziotto Cardella (Victor Mature] e il killer Roma (Richard Conte) provenivano dallo stesso
quartiere sovraffollato di immigrati « wops ››. Il fatto che Siodmak abbia
diretto anche The Dark Mirror (1946),
imperniato su due gemelle, una buona e una cattiva, la dice lunga sulle istanze
pan-soggettivistiche di simili aperture sociologiche, subito neutralizzate da
un'invadente metafisica personale. La stessa metafisica conosceva in quegli
anni un originale trattamento in You Only
Live Once (1937, Sono innocente]
di Fritz Lang, in cui la figura del criminale Eddie Taylor [Henry Fonda) veniva
presentata sì come soggetto, ma nel senso di soggetto a forze sociali che andavano
oltre ogni controllo dell'individuo e della persona, e cioè in stretti termini
di alienazione.
Franco Ferrini, I
GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾