Lulù e Diario di una donna perduta non ci rivelano piuttosto il miracolo di Louise Brooks, i cui doni di profonda intuizione solamente a uno spettatore ingenuo possono sembrare passivi ma che ha in realtà saputo stimolare fino alle sue estreme possibilità il talento di un regista d’altronde ineguale?
La rimarchevole evoluzione di Pabst si ridurrà dunque al suo incontro con un’attrice che bastava lasciar muovere sullo schermo senza che fosse necessario dirigerla, essendo la sua sola presenza tale da realizzare l’essenza dell’opera d’arte. Louise Brooks esiste con una sconvolgente intensità, s’impone in questi due film con una enigmatica impassibilità. (E’ una grande artista o soltanto una creatura abbagliante la cui bellezza trascina lo spettatore ad attribuirle una complessità a cui essa rimane estranea?)
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