ATTORE O REGISTA
di A. Consiglio e G. Debenedetti
L’evoluzione di una grande attrice, non come pretesto all’aneddoto o al
pettegolezzo, ma come tema per indagare i rapporti tra regia ed
interpretazione. Fino a qual punto l’attore si riduce a materia plastica nelle
mani del regista. E con quali risultati nel campo artistico, sociale e di
costume.
1. Una piccola attrice di
varietà. Ruolino di marcia: non particolarmente bella, non particolarmente
promettente. Nessuno punterebbe su di lei. Perché un grande regista come
Tourneur le affida una parte di protagonista senza importanza nella Nave degli uomini perduti?
2. Una congiunzione stellare: l’incontro con
Sternberg in un Caffè-Concerto. S’inventa una stella. Il divismo esclusivo e schiacciante
di Jannings è finalmente equilibrato dalla presenza non meno autoritaria e
realistica della nuova diva. L’Angelo
Azzurro. Quale il segreto di Sternberg? Risolvere in poesia tragica e magia
l’ambiente originario di Marlene e l’appello un po’ torbido della sua
femminilità.
3. Il tema pareva
inesauribile. Ma già l’invenzione minaccia di spezzare i polsi dell’inventore.
Sternberg si tormenta per modulare in forme inedite quella roca e perversa
seduzione. La riesplora in nuovi climi. Marocco. Ma tra il lusso dei colori e
dei pimenti esotici, si intravvedono le prime stanchezze del poeta.
4. Nello sforzo di rinnovarsi, Sterberg corre
faticosamente verso l’insuccesso. Angelo
Azzurro lo ossessiona. Evadere dal capolavoro: ecco il problema! Anche a
costo di ispirazioni abusate (guerra, spionaggio; Crepuscolo di Gloria). In realtà siamo in una fase di pure
esperienze plastiche. Per strappare Marlene al suo ambiente inevitabile, il
regista approda ad una illusione: che basti cambiarle di veste e d’acconciatura.
Disonorata.
5. A questo punto, come
accade, non rimaneva che l’oriente. Incantesimo di maniera. Seduzione di
continenti dove l’avventura sembra legge. Paradisi artificiali. Fatale luogo di
convegno per tutti i naufraghi. E l’ostinata Lola-Lola dei bassifondi
amburghesi prende lo Shanghai-Express per la Cina dei banditi, dei bolscevichi,
dei missionari e degli umanitari.
6. Per il momento Sternberg
rinuncia a nuove esplorazioni. Entra in campo l’autore di Vie della Città con le sue supposte risorse di osservazione dal
vero. Ma l’astuto Mamoulian non fa che derivare, in un grave e raccogliticcio
mosaico di stili, le scoperte di Sternberg: nelle sue mani la vagheggiata
Marlene – l’etera, la contadina rifoderata di ingenuità, la sirena del prof.
Unrath – diventa la statua, il calco di gesso. Falsa poesia di luoghi comuni. Il Cantico dei Cantici.
7. Su quel calco, il divismo
si fabbrica un nuovo ideale, la bellezza femminile un nuovo modello- Il
figurino di Marlene, ormai irrigidito nello stucco di Mamoulian, ossessiona la
fantasia degli uomini, la volontà di seduzione delle donne, la scelta degli
arruola tori di “ stelle “ per il cinema. I produttori vedono in quel tipo una
sicura certezza di successo e di lucro. Il mondo della realtà, e non solo
quello dello schermo, formicola di Marlene speciose e senza contenuto.
8. Sternberg ritorna.
L’inventore spezza il calco. Ma non torna il poeta. Con fallace alchimia egli
si prova a trasfigurare la venere degli angiporti nella casta ed “ eroica “
madre di famiglia. Ma se le dolci linee del volto di Marlene obbediscono alla
virtuosità del fotografo, le leggi incoercibili di una materia fissata per
sempre in un capolavoro riprendono il loro dominio.
9. In una sorta di
esasperazione Sternberg ricorre agli ultimi espedienti. Sottilizza la sua
modella in una ingenua principessina. Tenta di riscattare la cortigiana
nell’equivoco di una vita romanzata: e fa della selvaggia e sensuale
imperatrice rossa la fragile vittima d’una corte di mostri e di fantasmi.
Sontuoso trionfo di uno sterile cerebralismo. Il film non raggiunge che una
larva di coesione nella continuità della cifra fotografica e decorativa.
Ridondante poema sinfonico, trova un filo soltanto nelle prolisse didascalie. E
l’eroina affoga nell’irta decorazione barocca.
10. Ultima prova, perduta in
anticipo. Sterberg non ha più animo per forzare una via nuova: ritenta con la
Spagna l’esperimento fallitogli con la Russia. La Spagna delle gitane, delle
galline che razzolano per strada, dei pettini, dei patios, e del sole convenzionale. E mendica un tema di maniera dal
decadente estetismo di Pierre Louis (La
femme et le pantin). Dal rococò moscovita al barocchismo dei merletti:
affogare per affogare. Capriccio Spanuolo!
11. Subentra Lubitsch che,
influenzando maliziosamente la regia di Borzage, svuota il mito. Fa della Circe
mondiale una donna come tutte le altre, che porta il suo romanzetto alla
Jeannette Mac Donald tra galanterie alla viennese, spiagge alla moda, romitaggi
sentimentali, operetta europea, ragazzoni all’americana. Maniera di risolvere?
o maniera di concludere? o semplicemente maniera?
CINEMA Quindicinale di
divulgazione cinematografica, Anno I, Luglio Dicembre 1936-XV
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