giovedì 29 maggio 2014

Akira Kurosawa

1910 - 1998

“ Quando ricevetti, nel 1951, il Gran Premio di  Venezia, osservai che sarei stato  più felice, e che il riconoscimento  avrebbe avuto un maggior significato per me, se fosse stato assegnato a una delle mie opere che  avesse mostrato qualcosa del  Giappone contemporaneo, così  come Ladri di biciclette aveva mostrato l'Italia.  E nel 1959 penso  ancora la stessa cosa, perché il Giappone ha prodotto film contemporanei che valgono quello  di De Sica, pur continuando a produrre anche film storici, eccellenti e no, e che sono in gran  parte tutto ciò che l’Occidente  ha visto e continua a vedere del  cinema giapponese”.

mercoledì 28 maggio 2014

Asepsia, disinfezione in Buster Keaton

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica " Yasujiro Ozu "

Tuo per sempre, 1927

Di Tuo per sempre,  1927, così scriveva l’allora giovane  critico Luis Buñuel:  “ Asepsia, disinfezione. Liberi  dalla tradizione, i nostri sguardi  si rinvigoriscono nel mondo giovanile e concreto di Buster, grande specialista contro ogni infezione sentimentale. Il film è bello  come una stanza da bagno, ha la  vitalità di una Hispano.  Buster  non cercherà mai di farci piangere, perché sa che le lacrime facili spariscono presto. E non è  neanche il comico che vuol farci  ridere a squarciagola. Ma neanche per un attimo smettiamo di  sorridere, non di lui, ma di noi  stessi, del sorriso della salute e  della forza olimpica. L’espressione di Buster è,  per fare un  esempio,  modesta come quella  d'una bottiglia: benché, attraverso la pista tonda e chiara delle sue  pupille piroetti la sua anima asettica. Ma la bottiglia e il volto di  Buster hanno punti di vista infiniti.  S’è voluto credere all’ inferiorità di Buster, l’antivirtuoso, in rapporto a Chaplin,  mentre noi consideriamo come  una virtù che Keaton arrivi al  comico grazie a un’armonia diretta con gli oggetti, le situazioni,  e gli altri mezzi di realizzazione “.      



lunedì 26 maggio 2014

Michelangelo e le donne


L’esperienza che ha maggiormente contribuito a far di me un regista, è quella dell'ambiente borghese da cui provengo.  Amo anzitutto e soprattutto la donna. Forse è perché la comprendo meglio. Sono stato allevato tra le donne e in mezzo a esse. Michelangelo Antonioni 

domenica 25 maggio 2014

Teodora e Giustiniano a Bisanzio

OGGI

Riccardi Freda
1909 - 1999

Negli anni cinquanta del  secolo passato la critica d’oltralpe prese a ben volere Riccardo Freda incensandolo oltre misura. Questi insuperbito cominciò a confezionare prodotti che sebbene di natura nostrale andavano più incontro ai gusti di quelli che lo elogiavano.
Teodora imperatrice di Bisanzio (1954) oggi sembra un film di Roger Corman, che del resto non ebbe mai a che fare con le pellicole storico-mitologiche.
Su una sterile trama è basato l’intreccio che vede la ladra Teodora (Gianna Maria Canale) e l’imperatore Giustiniano (George Marchal) prendersi, lasciarsi e riprendersi. Intrighi, congiure, vendette nella corte di Bisanzio per circa un’ora e venti minuti, alla fine arrivano i nostri o meglio Belisario, il punitore, che sistema tutto.
Sapete che vi dico per me Riccardo Freda è stato sempre un tipo fiacco e non bastano certe imprese di regia a modificare tale giudizio; i soli a lavorare seriamente in questa pellicola sono stati gli architetti scenografi e i costumisti.
Per chiudere, l’unica originale bizantina nel film è Irene Papas.


mercoledì 21 maggio 2014

Passarella per una diva


una volta le dive a Taormina arrivavano così.

lunedì 19 maggio 2014

domenica 18 maggio 2014

Titoli di testa e neorealismo



Quasi tutti i titoli di testa dei film italiani portano alla voce “ sceneggiatura “ una buona decina di nomi. Non bisogna prendere troppo sul serio questa imponente collaborazione. Essa ha prima di tutto per scopo di dare al produttore delle cauzioni molto ingenuamente politiche: vi si trovano regolarmente i nomi di un democristiano e di  un comunista ( come nei film di un marxista e un prete). Il terzo co-sceneggiatore ha la fama di saper costruire una storia, il quarto di trovare la gag, il quinto di fare dei buoni dialoghi,il sesto “ di avere il senso della vita “ ecc. Il risultato non è migliore o peggiore che se non ci fosse un solo sceneggiatore. Ma la concezione della sceneggiatura italiana si adatta bene a questa paternità collettiva in cui ciascuno apporta un’idea senza che il regista sia in definitiva tenuto a seguirla. Piuttosto al lavoro a catena degli sceneggiatori americani, bisognerebbe accostare questa interdipendenza all’improvvisazione della commedia dell’arte o anche all’hot jazz.
Il neorealismo e il post-neorealismo.
Il cinema italiano secondo André Bazin, op. cit.

giovedì 15 maggio 2014

Piccoli calabresi crescono



Come è  risaputo nel 1951 la provincia di Reggio Calabria subì una delle sue periodiche alluvioni, forse la più devastatrice, certamente la più ricordata. A seguito di quel disastro circa trecento fanciulli partirono per il nord,per una volta non come emigranti. Furono ospitati in una colonia sul Lago Maggiore che apparteneva alla Edison, gigante dell’elettricità pre Enel. In quel periodo Ermanno Olmi faceva il suo apprendistato registico girando dei cortometraggi per conto di quella fabbrica. I bambini calabresi vennero ospitati a Suna, sul Golfo Borromeo e furono i protagonisti del film che oggi apre la filmografia del regista bergamasco: Piccoli calabresi sul Lago Maggiore… Nuovi ospiti della Colonia di Suna (1953). Bastano otto minuti e passa  ad Olmi per essere già il regista  de L’albero degli zoccoli .  Dopo le prime tragiche immagini di una terra devastata,  dalla colonia Vincenzino scrive ai genitori  le sue impressioni di un altro mondo molto meglio organizzato … un ‘altra bambina canta del ciucciu mortu … il piccolo Carmelo malfermo dalla nascita dopo un intervento chirurgico muove i primi passi e sogna di diventare capo stazione, magari a Bovalino.
Girato ancor prima dei documentari di Vittorio De seta editati qualche post fa, quello di Ermanno Olmi ci presenta una Calabria, che seppure vista da lontano, è una terra incitata a sollevarsi dalle restrizioni e camminare con i propri piedi e sono i bambini a spronarla e per questo incitamento Olmi è da ringraziare; nel suo, a tratti facile entusiasmo, è un film che commuove: verrà De Seta e metterà un altro punto e a capo che è ancora lì, fermo, nonostante i vari lifting di ammodernamento attuati, per altro con i finanziamenti CEE che si spendono senza nessuna ragione visto che ancora i giovani prendono la via dell’esodo, e non solo loro, e il capo stazione è ormai una figura soppiantata dall’elaboratore che mediante un programma fa andare e tornare i treni.

domenica 11 maggio 2014

L'ultimo viaggio

Top 20: Best Last Films

By Film Comment

L'Argent
1. L’Argent Robert Bresson, 1983
Gertrud Carl Theodor Dreyer
2. Gertrud Carl Theodor Dreyer, 1964
F For Fake Orson Welles
3. F for Fake Orson Welles, 1975
An Autumn Afternoon Ozu
4. An Autumn Afternoon Yasujiro Ozu, 1962
Lola Montes
5. Lola Montès Max Ophuls, 1955
Yi Yi
6. Yi Yi Edward Yang, 2000
1,000 Eyes of Dr. Mabuse
7. The 1,000 Eyes of Dr. Mabuse Fritz Lang, 1960
Eyes Wide Shut
8. Eyes Wide Shut Stanley Kubrick, 1999
Love Streams
9. Love Streams John Cassavetes, 1984
Street of Shame
10. Street of Shame Kenji Mizoguchi, 1956
Ivan the Terrible Part 2
11. Ivan the Terrible Part II Sergei Eisenstein, 1946
Tabu
12. Tabu F.W. Murnau, 1931
Pier Paolo Pasolini
13. Salo Pier Paolo Pasolini, 1975
Prarie Home Companion
14. A Prairie Home Companion Robert Altman, 2006
The Dead
15. The Dead John Huston, 1987
Once Upon a Time in America
16. Once Upon a Time in America Sergio Leone, 1984
Lilith
17. Lilith Robert Rossen, 1964
Cluny Brown Ernst Lubitsch
18. Cluny Brown Ernst Lubitsch, 1946
Un Flic
19. Un Flic Jean-Pierre Melville, 1972
Imitation of Life
20. Imitation of Life Douglas Sirk, 1959



L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20

mercoledì 7 maggio 2014

Mexico indigenista

Questa volta Benito Alazraki il regista di El Toro Negro lo portiamo dentro il


Circolo di Cultura Cinematografica " Yasujiro Ozu " 

Complice anche il compagno Georges Sadoul che ebbe parole di elogio verso questo regista messicano, nonché poeta e guinonista, vale a dire soggettista.

Raìces ( Radici, 1954) è considerata una delle pellicole pioniere del cinema messicano indipendente, realizzata in condizioni molto speciali al margine del meccanismo produttivo convenzionale. La si deve principalmente al produttore Manuel Barbachano- Ponce e allo sceneggiatore Carlos Velo esule in Messico dalla Spagna franchista.
Concorsero alla riuscita finale anche il cinematographer  Walter Reuter, che fu responsabile delle luci del langhiano Metropolis (scusate se è poco) e un gruppo di autori di musica colta tra i più dotati di quel paese.
Se c’è una cosa da accostare a Raìces è una raccolta di musica popolare messicana,Mexico, fiestas of Chapas & Oaxaca, registata da David Lewiston negli anni settanta del secolo scorso e pubblicata dalla Elektra Nonesuch, proprio in alcune delle regioni dove è stata girata la pellicola di Benito Alazraki. L’intento è lo stesso: raccogliere e conservare le tradizioni dei costumi come dei suoni delle popolazioni indie.
Nell’opera Aazraki anticipa lo stile che contraddistinguerà El Toro Negro: coniugare la finzione con il documentario ; si suddivide in quattro episodi più un prologo costituito da una serie di immagini che riproducono il paesaggio archeologico messicano e la sua relazione con gli abitanti indigeni che rappresentano il popolo nativo, autentico, che ha dato forma alla nazione messicana prima di Cortez il killer. Ogni episodio è introdotto da una voce femminile o maschile che corrisponde al punto di vista di un personaggio, non necessariamente il protagonista. Inoltre ogni episodio è volutamente interpretato da autentici indios reclutati nelle zone dove si svolgono i fatti.
In sintesi il primo episodio La Vacca descrive la povertà di una coppia di giovani alle prese con la mancanza di cibo per se stessi e la neonata figlioletta, la giovane donna finirà collaboratrice domestica in città per aiutare marito e figlia; nel secondo, Nostra Signora, una studentessa americana arriva in bicicletta per scrivere la sua tesi di laurea sulla vita selvaggia degli indios messicani, scoprirà che gli indios sono molto più evoluti di come li aveva studiati e descritti; il terzo, Il Guercio, un bambino cieco di un occhio, deriso dai suoi coetanei viene condotto dalla madre dapprima da una specie di stregone e subito dopo in pellegrinaggio al santuario dei Re Magi per essere miracolato, a causa di uno scirfarolu, petardo, perderà completamente la vista, conseguentemente gli altri ragazzi non lo insulteranno più; in fine, La Puledra, un archeologo straniero impazzito per una giovane india propone al padre di lei l’intenzione di comprarla col risultato di sentirsi chiedere da quest’ultimo la moglie per il doppio del valore della giovane.
In tre degli episodi il contrasto è tra i personaggi di pelle scura contrapposti ai bianchi, il rimando è evidente: il mondo autentico delle popolazioni indie in opposizione a quello civilizzato; si aggiungono anche elementi simbolici di rottura come l’automobile decappottabile dalla cui radio fuoriesce un motivo moderno, il quadro della Gioconda , le croci ed il congegno in legno e corda per trascinare il ragazzo cieco che stabilisce una correlazione tra essere umano e animali da lavoro, i vestiti della giovane ragazza, oggetti di feticismo per lo straniero.
Sempre il compagno Sadoul riteneva, ed altri con lui, l’episodio del guercio il meglio riuscito con quel sapore di cinema estetizzante europeo di sapore neorealista: in poche parole felliniano.


lunedì 5 maggio 2014

Michelangelo sincero

1912 - 2007

“ Le mie opinioni, i miei errori, che sono quanto c’è di più personale nelle mie esperienze, trasmetteranno il mio messaggio, se sono sincero. Esser sincero implica fare un’opera un po autobiografica “.
Michelangelo Antonioni