OGGI
Viva l'Italia di Roberto Rossellini di certo non va
catalogato nelle opere minori di uno dei pochi veri maestri che ha avuto il
cinema italico.
Sceneggiato con uno schieramento che potremmo, col senno di
poi, definire da compromesso storico è essenzialmente un film didattico. Forse
il suo primo film didattico che proseguirà con le opere televisive e finirà con
Il Messia e la biografia del fondatore del regime successivo ai
Savoia.
Quando uscì nel 1961 si volle celebrare il secolo dell'Unità
d'Italia, se unità c'è stata, e l'opera liberatrice di don Peppino Garibaldi.
Rossellini ed i suoi collaboratori guardano innanzi tutto a
Garibaldi ed alla sua missione, che era quella di togliere il Regno delle Due
Sicilie dalle mani di Francesco secondo di Borbone senza per altro l'aiuto
concreto da parte di chi ne avrebbe poi beneficiato, i Piemontesi.
Per fortuna che c'erano I Mille in camicia rossa. A loro si
unirono da subito tutte le popolazioni delle regioni meridionali che avrebbero
attraversato: i Siciliani dapprima, i Calabresi successivamente, Lucani e
Campani in fine, quando Garibaldi dovette cedere la dittatura all'ingrato
Vittorio Emanuele ed affrontare l'esilio.
La figura di don Peppino, Renzo Ricci nascosto dalla
pinguedine e dalla bionda barba come dalla voce di Emilio Cigoli, è descritto
come un allenatore di una squadra di calcio quando spiega le tattiche a Nino
Bixio (Paolo Stoppa) o quando invita alla calma ed alla riflessione i
guerriglieri rossi. A momenti sembra che il liberatore non abbia nemici da
sconfiggere anzi gli unici a contrastarlo sono proprio i Piemontesi. Perfino
Francesco II è descritto come un gentiluomo rimpianto da subito dai suoi
cortigiani.
Il maestro descrive
l'avanzata ed i successi di Garibaldi con mano soffice, testimone l'obiettivo
della cinepresa, a volte ferma, a volte vagante sul paesaggio, e in un momento
ci ricorda anche l'attimo più alto e più conosciuto del suo cinema, quando
Giovanna Ralli, la quale interpreta una popolana scillota, Rosa, che di corsa
si scaglia contro le guardie borboniche, e in corsa è stesa al suolo, per
avvisare i garibaldini che stanno sbarcando sulla costa calabra; sorge subito
in noi l'accostamento alla corsa di Anna Magnani ed alla mitragliata tedesca
che l'atterrerà in Roma città aperta.
Allo spettatore che risiede sulle rive di Cariddi, qualche
minuto prima, appare un paesaggio noto, poco deturpato dalla speculazione
edilizia. Ci troviamo sul Capo Peloro. La cinepresa fa una panoramica sulla
Calabria di fronte, gigantesca, azzurra, quindi si ritrae ed appare la Torre,
ancora quella che è stata l'area del tiro al piattello doveva sorgere, quindi
ruotando se ne va verso il faro, che sorgerà solo in anni più recenti. Per chi
non lo sapesse siamo sul luogo delle gesta di 'Ndria Cambria, Ciccina Circé e
dell'Orca ferone raccontate da Stefano D'Arrigo in Horcynus Orca. E la
panoramica che si citava prima sembra una trasposizione in immagini della
scrittura del più grande prosatore siciliano, e non solo, del novecento.
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