domenica 3 marzo 2019

giovedì 28 febbraio 2019

Detective Thriller - Detective story

La migliore definizione della « detective story » è forse quella che ci ha dato Michel Butor nel suo romanzo « L'impiego del tempo ››: ogni romanzo poliziesco si basa su due omicidi, il primo, commesso dall'assassino, non essendo che l'occasione del secondo, in cui quest'ultimo rimane vittima dell'assassino puro e impunibile che è il i« detective ». Ogni « detective story » [sia essa letteraria o cinematografica) contiene non solo due serie di delitti ma anche due sequenze temporali. Inoltre suppone due registri specifici di intervento sulla realtà. Il primo è dato dal tempo del dramma che conduce al delitto originario e punibile. Il secondo ha inizio con l'inchiesta successiva a questo primo delitto e conduce a sua volta al delitto finale e impunibile. Così è come se ogni « detective story » fosse costituita da due storie diverse. l personaggi della prima storia hanno la funzione di agire, la sequenza temporale è quella del dramma in atto e il campo in cui questo dramma si svolge è quello della verità.
I personaggi della seconda storia hanno soprattutto la funzione di apprendere [non importa se il «detective ›› oltre ad ascoltare la lezione di vari indizi contrastanti rischia la propria vita: in questo senso tra il Philo Vance interpretato da William Powell in The Kennel Murder Case di Michael Curtiz e il Mike Hammer di Kiss Me Deadly di Robert Aldrich - come dire la più sofisticata e la più efferata delle « detective stories ›› - non c'è nessuna differenza). Il « detective » infatti è necessariamente impegnato in ipotesi e congetture, interpretazioni le ricostruzioni del significato globale degli avvenimenti fatali della prima storia, la quale, essendo nota solo in parte, deve essere completata. La sequenza temporale, a questo livello, è quella dell'inchiesta e il campo in cui questa viene portata avanti quello dell'esattezza. La storia del dramma racconta ciò che è avvenuto nei fatti. La storia dell'inchiesta spiega come il « detective ›› ne ha preso coscienza. In ogni « detective story » ci deve essere qualcuno che ignora qualcosa e al termine di un faticoso processo di apprendimento questo qualcuno ce ne deve comunicare i risultati. l film la cui durata coincide con la sequenza temporale del dramma, iscritta nel registro della verità, sono « psyohological thriller ». Quelli la cui durata coincide con la sequenza temporale dell’inchiesta, iscritta nel registro dell’esattezza, sono «detective thriller » veri e propri. Un esempio del primo caso è dato da Sorry, Wrong Number [1948, Il terrore corre sul filo) di Anatole Litvak, in cui Leona Stevenson (Barbara Stanwick) è una ricca ereditiera semiparalizzata e relegata a letto. È notte ed è sola, nella camera da letto di casa sua, a New York: la donna è sola perché il marito in precedenza aveva detto all'infermiera e ai domestici di prendersi una serata libera. La donna incomincia a preoccuparsi per il ritardo del marito, che non è ancora tornato dall'ufficio. Telefona allora in ufficio per sapere la ragione del ritardo e a causa di un contatto fortuito intercetta la comunicazione di due voci maschili che stanno parlando di un delitto che dovrà avvenire a una certa ora della notte, delitto che uno di essi è stato pagato per compiere e che l'altro gli ha commissionato per sbarazzarsi della moglie ed entrare in possesso delle sue sostanze. Leona si mette subito al telefono e passa parte della notte a tentare -di convincere la polizia, il medico personale e un sacco di altre persone che sta per essere commesso un omicidio, senza rendersi conto o minimamente sospettare che la vittima designata non è altri che lei e il mandante suo marito. Ogni suo sforzo fallisce miseramente, soprattutto a causa del suono della sua voce (il film non era che l’adattamento di un dramma radiofonico di Lucille Fletcher, incentrato soprattutto sugli effetti sonori delle varie voci al telefono e dei rumori prodotti da quest'ultimo), a giudicare dalla quale la donna sembra in preda a una crisi isterica. All'ora convenuta dalle due voci sulla linea intercettata Leona avverte la presenza di qualcuno che sta salendo le scale, verso la sua stanza. Il telefono suona. È il mairito che ha cambiato idea e vuole prevenire il sicario. Una mano guantata si sostituisce al ricevitore. Un'altra mano si stringe attorno al collo della donna. L'intruso esegue l'incarico affidatogli e prima di andarsene fiata nel ricevitore: « Sonry, wrong number » [« spiacente, ha sbagliato numero ››).
Un esempio del secondo caso è dato da Klute (1971, Una squilllo per l'ispettore Klute) di Alan Pakula, che ha inizio con l'assegnazione del mandato al «detective » protagonista [Donald Suthenland) di far luce sulla misteriosa scomparsa di Grunneman, sottolineata nella sequenze d'apertura dalla poltrona vuota di quest’ultimo.
I film citati però in realtà sono soltanto dei casi limite, in quanto molto più spesso si assiste alla copresenza di dramma e inchiesta, di verità ed esattezza, di azione e conoscenza all'interno di uno stesso film: tale è il caso di Dial M for Murder (1954, Il delitto perfetto) di Alfred Hitchcock che nella prima parte [la prima storia) racconta una vicenda analoga a quella di Sorry, Wrong Number [il marito che per liberarsi della moglie, rispettivamente impersonati da Ray Millland e Grace Kelly, assolda un assassino a pagamento) e nella seconda parte (la seconda storia) aggiunge al dramma della verità l'inchiesta  che si compie nei modi dell'esattezza [la donna ha ucciso per legittima difesa l'assalitore e il sospettoso ispettore Hubbard deve dimostrare la macchinazione del marito).
Ogni « detective story ›› fa perno sulla dialettica della presenza e dell'assenza: infatti regola costitutiva di essa è che il « detective ›› non fosse presente quando veniva commesso il primo delitto, quello punibile. La ricerca del colpevole [da uccidere impunemente) si giustifica in base a
questo difetto di visibilità, sostituendo all'assenza preliminare la presenza virtuale instaurata dal ragionamento conoscitivo e dallo psicodramma generato dal gesto di accusa contro l'assassino ormai individuato. Ma spesso si giustifica invece in base a un eccesso di visibilità [o di udibilità): tale è il caso di Hear Window (1954, La finestra sul cortile) in cui L. B. « Jeff ›› Jeffries [James Stewart] incomincia a interessarsi dei tenebrosi avvenimenti in casa Thorwald soltanto a causa del suo inguaribile noyeurismo [una variante è data da Ventitre passi dal delitto di Henry Hathaway, in cui Van Johnson è uno scrittore cieco che si trasforma, come Jaimes Stewart nel film precedente, in « detective ›› dilettante dopo aver faticosamente auscultato una conversazione in cui si alludeva a un rapimento a scopo di estorsione). (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


mercoledì 27 febbraio 2019

Briguglio Film - «Il vecchio con gli stivali»

«Tutto è pronto per girare? ››. 
Tra qualche istante, il regista Zampa, che seduto sul carrello controlla attentamente la situazione, darà la risposta; 
se tutto va bene il buon Montuori metterà in azione la sua macchina da presa. 
Sulla destra, mesti e pensierosi, potete scorgere l’organizzatore generale Fazzari e l’aiuto regista De Feo.


Il “battesimo ,,
della Briguglio Film

 Ci si scalda, credete, quando l`inverno della vita giunge in anticipo ed aggressivo, a questa cordialità: si rievoca un ardente passato e si spera ancora nell’avvenire nostro od altrui poco importa ché l`avvenire può costituire una eredità di chi non ha nulla a chi ha tutto, a chi, ha il grande tesoro della giovinezza. Ed io mi sono maggiormente scaldato a questa cordialità poi che gli artisti mi si dichiaravano fieri d'essere stati eletti a tenere a battesimo una casa cinematografica nostra: la «Briguglio Film» .
Non ne avevo mai inteso parlare prima di quel giorno e la «Briguglio Film» era sorta viva e vitalissima tanto che il suo primo film «Il vecchio con gli stivali» è di già alle ultime scene dopo 70 giorni di lavorazione avvenuta tutta in Sicilia e precisamente a Modica dove furono girati esterni ed interni. Rimaneva da girare a Messina, solo le scene di viaggio - navi traghetto o littorine - qualche scena balneare e gli interni di una clinica ostetrica, e di uno stabilimento industriale. Poi a Roma, il prima atto della «Norma » in un grande teatro. Il film passerà quindi al montaggio, poi alla sincronizzazione per essere pronto in maggio e partecipare al Festival cinematografico di Bruxelles dove sarà presentato dalla «Fincine›› in prima visione assoluta.
Vorrei avere il piacere di presentare ai messinesi il loro audace concittadino cav. Ferdinando Briguglio, ideatore, finanziatore e realizzatore da solo della «Briguglio Film» ma nessuno mi ha fatto l'onore di presentarmi a lui, per quanto mi si disse che il direttore di produzione proƒ. dott. Domenico Fazzari mi cercasse, dopo il mio fugace articolo sul film apparso sul «Notiziario» ed io avessi, conseguentemente, cercato di lui m senza avere la possibilità di essere ricevuto.
Ho avuto però dalla squisita cortesia del dott. Zampa, regista del film, chiare ed ampie notizie e, direi, notizie vive in quanto da un uomo che ha la passione, la competenza, la cultura e, sopratutto, la genialità di Luigi Zampa - il regista de «L'on. Angelina» e di «Vivere in pace» - il racconto della propria fatica è così luminoso da divenire palpitante di vitalità.
«Il vecchio con gli stivali» è un recentissimo romanzo del poeta siciliano Vitaliano Brancati, che ha ottenuto il premio «Vendemmia» per la umanità con cui la dolorosa storia di un povero impiegato siciliano dal 1934 al 1943 è raccontata con vivezza di studio ambientale, con chiarezza di dettagli con quella delicatezza di intuito meridionale che infonde al racconto un senso di altissima poesia.
Il Briguglio comprese, leggendo il romanzo, l'alto interesse che avrebbe potuto destare, ridotto per lo scherno, in Italia ed all'Estero ed affidò la stesura cinematografica di esso, oltre, naturalmente,
che all’autore, ad Enrico Fulchignoni ed al regista Luigi Zampa. (continua)
N. S.
Nitto Scaglione
Gazzettino Peloritano  ARTISTICO MONDANO LETTERARIO APOLITICO  Anno 1  N. 2 Messina Domenica 26 Ottobre 1947


lunedì 25 febbraio 2019

Sacrifices transmuted into steel



Through the dusty haze, the raging flames, the graves,
And through the shattered homeland,
And the sacrifices, transmuted into steel,
Are carried off to build the paradise of our desires.

Dalla nube di polvere, le fiamme divoranti, le tombe
e dalla terra natia devastata,
tutti i sacrifici tramutati in acciaio,
sono confiscati per costruire il paradiso dei nostri desideri.
Liang Zhao, Behemoth (Bēixī móshòu 悲兮魔),2015

domenica 24 febbraio 2019

Briguglio Film



SI GIRA IL VECCHIO CON GLI STIVALI

La Briguglio Film nel nome di Messina
Lancia la sua prima produzione cinematografica

Si completano nella nostra città gli esterni del film tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati - Umberto Spadaro, Ave Ninchi, Massimo Girotti, Milly Vitale, Odette Bedogni, Enzo Biliotti ne sono gli interpreti principali e Luigi Zampa il regista d’eccezione
Mio desiderio eri, semplicemente, rivedere e salutare Carlo Montanari, il grande operatore cinematografico italiano, che mi aveva «girato e rigirato» nel 1918 a Roma in una produzione della «Medusa Film› Maria di Magdala.
Mi sono cosi ritrovato, in un simpatico ristorante d’artisti, tra la numerose cordialità di Enzo Biliotti e la simpatica cortesia di Raniero De Cenzo, più confuso che mai in tanta grazia di Dio. E non intendo denominare «grazia di Dio» solo le cotolette «a vela» od i gamberi fritti nei piatti.
Ma la deliziosa cordialità con cui amici vecchi e nuovi mi hanno accolto e che solo chi conosce intimamente il teatro può considerare veramente grazia di Dio. (continua)
N. S.
(Nitto Scaglione)
Gazzettino Peloritano  ARTISTICO MONDANO LETTERARIO APOLITICO  Anno 1  N. 2 Messina Domenica 26 Ottobre 1947

Note
Carlo Montanari sta per Carlo Montuori (1885-1968) il quale cinematografò nel 1918 la Maria di Magdala, noto anche come Redenzione, per conto di Carmine Gallone.



giovedì 21 febbraio 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - Stazione Termini

La città, insomma, è del tutto indifferente, anzi potenzialmente ostile, al dramma di Ricci, dai singoli alle istituzioni [commissariato, sindacato e associazione di carità compresi]. l netturbini sono gli unici a differenziarsi da questo atteggiamento proprio in virtù della loro funzione [pratica, ma soprattutto simbolica]: quella di addetti alla pulizia della città, coloro che non si limitano — come per la polizia —a una presenza intimidatoria ma anche — almeno in un caso come quello del furto in questione — impotente, o ad una azione sostanzialmente garante della persistenza delle strutture tradizionali della società, come è quella dell'associazione di carità. I netturbini se da un punto di vista realistico sono coloro che meglio degli altri conoscono la città per ovvie ragioni professionali, da un punto di vista simbolico sono coloro che presiedono alla sua pulizia, che in qualche modo incidono con il loro lavoro sul volto dell’aggIomerato urbano, che della città, insomma, garantiscono un quotidiano mutamento tale da renderla sempre uguale a se stessa, e in modo sostanzialmente positivo, nel suo aspetto esteriore, che è quello che loro compete [e si ricordi la loro presenza, meno incidente,  vero, ma non per questo casuale, anche in Miracolo a Milano.I netturbini, dunque, non si pongono affatto come antitetici allo individuo proprio perché istituzione per così dire «esterna» alle strutture della citta [ma a questo punto è più che evidente che il termine “città” sta per “società”). Non istituzione sociale tout court quindi, ma semplicemente istituzione che non partecipa delle finalità conservative e in ultima analisi repressive della organizzazione sociale {fatta salva, ovviamente, nel film l’istituzione del sindacato 5.Questa repressività è manifesta, ad un livello tutto particolare ed esemplare, in un film purtroppo tutt'altro che riuscito come Stazione Termini 6. Il film che fa coincidere il tempo reale col tempo narrativo (vecchio sogno zavattiniano), inscena uno spazio urbano “in assenza”; ovvero, la stazione diventa a poco a poco nelle immagini che la qualificano una piccola città con i suoi luoghi caratteristici: l'ufficio postale, l'ospedale [il pronto soccorso], il ristorante, il bar, il commissariato. C’è persino — ma per poco — uno spazio privato nella sequenza del vagone abbandonato. Ed inoltre non mancano tutti i tipi nevrotici e alienati dell’«entourage» urbano, l‘impenitente e risibile dongiovanni, la famiglia numerosa, la famiglia di emigrati, i sacerdoti {qui stranieri — come del resto, ma con ben altra funzione, in Ladri di biciclette 7: -dopotutto siamo in una stazione internazionale), i carabinieri, persino quel simbolo nazionale che è la bandiera [anzi, parecchie bandiere]. E’ una piccola città, o addirittura una piccola Italia, fatta di macchiette ma anche di rispetto per l’autorità (si veda la sequenza dell'arrivo al commissariato ferroviario) e soprattutto di “moralità”. Non per nulla il bel faccione onesto di Gino Cervi nella parte del commissario, da tutti riverito al suo arrivo, non si limita a chiedere i documenti ai due malcapitati, ma aggiunge domande sulla situazione familiare della donna: è sposata? ha del figli? E’ la voce della coscienza, certo, ma anche la voce delia città e dell'istituzione che schiaccia l'adultera alle sue responsabilità. E’ il punto finale di tutta una serie di ostacoli che la stazione-città ha posto ai due amanti clandestini. Al ristorante non si può restare perché non è ancora aperto, dal bar è meglio andarsene perché, dice Giovanni, “c'è troppa gente”, nel vagone si è addirittura fermati dalla polizia; per non dire di tutti i piccoli intoppi seminati, magari in termini di comicità (ma anche di dramma), davanti ai due protagonisti. Il loro amore, insomma, è un crimine, proprio perché non è istituzionalizzato. L'unico momento di pace e tenerezza concesso ai due il film non lo mostra, sostituendo la scena con un campo lunghissimo aperto sullo spazio del tramonto nell'unica direzione in cui la macchina da presa non può incontrare la stazione-città, quella verso cui si dirigono i treni in partenza; cosi come l‘unico momento di pace e di tenerezza per i due protagonisti di II tetto [1956] sarà anch'esso sullo sfondo riposante di un tramonto liberato dalla città.
5 Come afferma multo giustamente Bazin, “L’indifference du syndicat est normale et justifiée, car les syndicats travaillent pour la justice et non pour  la charité”. Ibld., p. 50.
6 Sul fallimento del film valga per tutti il breve e acuto commento di Guido Aristarco in André Bazin: ”Vittorio De Sica”-, Parma, Guanda, 1953, pp. 31-34.
7 Su questa funzione ha visto ancora giusto André Bazin: “Qu'est-ce que le cinéma?”, clt., p. 50.

Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975


martedì 19 febbraio 2019

Paddy, Bono & Woody after U2's 'October'



Hello, this is Paddy Hughes speaking.
BONO Any friend of Woody be a friend of mine.
PADDY - He's not me friend.
BONO - All brethren are friends, Paddy Hughes... for the kiss of the serpent is like sugar... in comparison to the heart of a friendless man.
PADDY - Yeah, okay. Er, but he's broken the law, Bono.
BONO - Are you his cell mate?
PADDY - More like his jailer. Listen, sir, I really respect you.
I've always wanted to meet you. I think you're just brilliant.
BONO - Jah, bless you, sir.
PADDY - I mean I loved your first album and your second album.
Just absolutely the best.
- But... Well, I mean after 'October'... it feels like you just kinda sold out a bit.
- BONO Sold out? - No, dude.
Yeah, it's like you've kinda let yourself down.
WOODY - Bono? Oh, no. I think he's hung up. Why did you tell him he sold out?
PADDY - Well someone had to tell him.

Salve, qui parla Paddy Hughes.
BONO - Chi e' amico di Woody e' anche amico mio.
PADDY - Lui non e' amico mio.
BONO - Tutti i compagni sono amici, Paddy Hughes, perché il bacio del serpente è come zucchero, paragonato al cuore di un uomo senza amici.
PADDY - Si', ok. Mmm... ma ha infranto la legge, Bono.
BONO - Sei il suo compagno di cella?
PADDY - Più il secondino. Senta, signore, io la stimo davvero.
Ho sempre voluto conoscerla.
Penso che sia proprio in gamba.
BONO - Lei sia benedetto, signore.
PADDY - Cioè, ho adorato il primo album e anche il secondo.
Assolutamente il meglio.
- Ma...  Be', cioè, dopo 'October'... sembra che vi siate un po' svenduti.
BONO - Svenduti? - No, amico.
PADDY - Sì, è come se vi foste un po' sgonfiati.
WOODY - Bono? - Penso abbia agganciato. - Perché hai detto che si è svenduto?
PADDY  - Be', qualcuno doveva dirglielo.
Woody Harrelson, Lost in London, 2017