domenica 31 gennaio 2016

Something Wild pt. one

 MOMENTO SELVAGGIO

Jack Garfein (nella foto a sinistra) è un giovane regista americano che si fece notare, circa quattro anni fa, con un film, Un uomo sbagliato, che aveva a protagonista Ben Gazzara. Un uomo sbagliato era un'opera' singolare per più di una ragione: ambienti e sentimenti originali, e un caso psicologico d'eccezione. In uno di quei collegi militari assai numerosi in USA una pecora nera stava mandando a ramengo quelle bianche. Dotato di un certo tenebroso fascino, il protagonista creava una propria cricca, perseguitava i compagni per bene, mentiva e contravveniva al regolamento di disciplina. Gli andava bene per un pò, combinava guai su guai; infine veniva smascherato e costretto a fuggire ignominiosamente dai compagni.
Quando Un uomo sbagliato uscì sui pubblici schermi, il maccartismo era da poco spento negli Stati Uniti, dopo aver prodotto i guasti morali e materiali che tutti sappia- mo. Il film era, a suo modo, un antidoto contro la caccia alle streghe. Mostrava come sia facile, in una società inquieta e in un particolare momento storico, montare una macchinazione cinica per impadronirsi del potere e dell’animo dei pavidi, sempre pronti a urlare con i lupi e ad agganciarsi prudenzialmente al carro del vincitore. Ovviamente, lo studio della nascita di un dittatore avveniva in Un uomo sbagliato quasi << in vitro >>: collegio, insegnanti, ragazzi non erano che l’embrione di una società assai più articolata.
Jack Garfein, che è un intellettuale, ha sposato Carroll Baker, un’attrice sofisticata ma intelligente, recluta dell'Actors' Studio, diventata celebre d”improvviso attraverso quella singolare pellicola di Kazan (da un testo di Tennessee Williams) intitolata Baby Doll. Le alleanze sentimentali e pratiche tra attrici e registi son cose di tutti i giorni. In un certo senso appaiono come un fenomeno naturale. Non c'è quindi da meravigliarsi se con quella moglie cosi dotata, il nostro Garfein ha abbandonato i collegi militari e gli echi del maccartismo, per gettarsi su un filone assai più sfruttato, quello delle nevrosi di origine sessuale.

 

 Il nuovo film ha un titolo imbroccato: Momento selvaggio. La protagonista, Mary, ha subito un’odiosa violenza che l’ha sconvolta e ferita. I genitori non ne sanno nulla e la poverina cerca di salvarsi da sola. Lascia così, senza dirne il vero motivo, la casa paterna, nell’idea che allontanarsi dai luoghi può già essere un tentativo di soluzione. Anche negli Stati Uniti, che pur per tanti lati vantano cittadini più spregiudicati di quelli dell’Europa latina, certe confessioni son difficili da rendere; e così anche là, come dicevano i nostri maestri di ginnasio, << asinus asinum fricat >›. In parole povere, Mary finisce per affidarsi a un relitto, un ubriacone ammalato di solitudine. In un film francese dell'abile maneggione Henri Verneuil non ancora giunto in Italia, Una scimmia d’inverno, si ammira `un ex- alcolizzato, Jean Gabin, che ritorna al vino rosso per amicizia di un giovane << copain >›, che è Jean-Paul Belmondo. Il film non è nulla d'eccezionale; lo riscatta l’eccezionale bravura dei due interpreti e la sincerità del testo, dovuto a quel delicato narratore che si chiama Antoine Blondin. In Francia la sbornia è allegra, dionisiaca, perciò esaltatrice; negli Stati Uniti c’è l’idea, puritana, di un'infrazione, ed è per questo che i luoghi dove si beve, in America, appaiono sempre bui e protetti da pesanti tendaggi contro l’occhio indiscreto del passante. Comunque, in Momento selvaggio, il cieco porta sulla schiena lo zoppo; Mary si allea all’ubriacone Mike e si salvano insieme. Insomma, l’amore finisce per sconfiggere l'alcool di Mike e i pessimi ricordi di Mary. Momento selvaggio è soprattutto il pretesto per mostrare le doti di una brava attrice. Carroll Baker brava lo è, ma anche Garfein è un buon regista. 
                                                                                                          1962
Pietro Bianchi, Maestri del cinema, 1972




                                                                             continua ...

giovedì 28 gennaio 2016

May the Lord sail with Sterling Hayden


Sterling Hayden
1916 - 1986

Sterling Hayden on a barge in Amsterdam
One of those backwater Dutch canals
A bottle of Johnny Walker between his legs
Drunk but articulate as hell

He was saying, "Yeah, I ratted on people
During the McCarthy hearings, huh, you haven't the foggiest notion
Of the contempt I have for myself, maybe that's why we drink, eh?
Some damn thing, shipwrecks the heart, huh? Yah"

Sterling Hayden on a three-masted schooner
Kidnapped his kids and sailed 'round the globe
But a man can sail around in one big circle
And not escape his wounded sailor's soul

So heave her up the main sail, boys
Heave her up and away we'll go
We're bound for the bay where the white whale plays
In the midnight straits of Jericho

And if ever I return, Pretty Peggy O
All your cities I will burn, yes, I would
With your cardboard sea and your paper moon
O'er the penny arcade called Hollywood

He ran guns through the German lines in World War II
The Viking God stood six-feet-five
Played in 'Johnny Guitar and The Asphalt Jungle'
'The Killing' and 'The Long Goodbye'

I saw him once on the Johnny Carson show
Late in his troubled career
He said, "Just give me a room over lookin' the Hudson
With a mattress and a typewriter and I'll write you
A helluva novel, my dears"

So here's to all the tough guy actors
And the false gods who made 'em
And wherever he sails tonight on
 the Seven Seas
May the Lord sail with Sterling Hayden


Tom Russell

mercoledì 27 gennaio 2016

Tinea capitis

la mia e quella di :..

lunedì 25 gennaio 2016

UN RICORDO AGLI ALBORI DEL CINEFORUM DON ORIONE DI MESSINA

Il mio primo, indelebile ricordo legato al Cineforum Don Orione di Messina, è antico, per la mia vita e per quella del Cineforum: risale al 1963, anno d’inizio delle proiezioni.
Col senno del poi (allora ero solo un ragazzino), erano anni di frenetica innovazione, non solo culturale ma anche di fervore sociale e diffuso ottimismo per il futuro. Erano gli anni di Papa Giovanni e di John Kennedy e sembrava che tutto stesse migliorando vertiginosamente.
Sorprendentemente, per la cultura cattolica e clericale del tempo, Ubaldo Vinci ed altri entusiasti pionieri erano riusciti a fondare un circolo culturale all’avanguardia, all’interno di un orfanotrofio, l’Istituto “Don Orione” appunto, in cui fervevano, però, tante iniziative di quello che oggi si definirebbe il “territorio”.
Io, poco più che undicenne, frequentavo l’oratorio e la scuola statale dell’Istituto e avevo il privilegio – come il piccolo protagonista di “Nuovo Cinema Paradiso” – di essere ammesso nella cabina di proiezione, a sbirciare i film dai finestrini.
Quella sera del 1963 (ora so che era il 22 novembre), mi pare proiettassero “La Ciociara”. Le proiezioni, per statuto del circolo, erano tutte vietate ai minori di 16 anni. Guardavo perciò il film dalla cabina, probabilmente senza capirci granché, quando le luci vennero improvvisamente accese e la proiezione interrotta. Il Direttore dell’Istituto, don Guido Sareli, si presentò nella sala gremita, per annunciare che il Presidente degli Stati Uniti era stato assassinato e che, in segno di lutto, la serata finiva lì.
Compresi più in là, da grande, quanto questo gesto testimoniava non solo l’immensa popolarità di Kennedy, già noto anche ai ragazzini come me, e le speranze che aveva suscitato nel mondo ma anche la crescente partecipazione, dei cittadini e perfino delle istituzioni religiose, – che tra i giovani sarebbe esplosa da lì a pochi anni e che avrebbe coinvolto anche pezzi della comunità cattolica – verso la politica che guardava ai popoli e non solo ai potenti.
La gran parte del pubblico dei soci si spostò nell’ attigua sala TV dell’Istituto, per seguire quell’ emozionante e tragico avvenimento, che ha segnato un’epoca.
Poi, vennero gli anni di gloriosa e popolare attività del Cineforum Orione, i film e i dibattiti, appassionati e chiarificatori, che hanno formato generazioni di messinesi al gusto per il buon cinema.
Vennero gli altri circoli cinematografici (il “don Milani”, l’ “Umberto Barbaro” …), che oggi non ci sono più.
Il Cineforum Orione, miracolosamente, resiste.
Orazio Nastasi, socio.

Ottobre 2012

Per gentile concessione dell'autore, e di Nino Genovese

domenica 24 gennaio 2016

浮雲


" La vita di un fiore è troppo breve, ecco perché esso dovrebbe essere apprezzato immediatamente ".
Mikio Naruse Nubi Fluttuanti ( Ukigumo), 1955

Mikio Naruse 1905 - 1969

sabato 23 gennaio 2016

La fine dell'onda



Il quadro in alto è intitolato Il Coprifuoco ed è del pittore messinese Giuseppe Migneco (1908 - 1997). Apparve solamente, assieme ad altri su La fiera del Cinema, numero unico, giugno 1959. Le opere dovevano raffigurare un film del catalogo Titanus per l'annata '59 - '60.

mercoledì 20 gennaio 2016

Necrologia di uno scrittore

Michel Tournier (1924-2000)1
Nato nel centro di Parigi, ha capito immediatamente che si trattava della città più inospitale del mondo, soprattutto nei confronti dei giovani. Così abitò per tutta la vita nel presbiterio di un piccolo villaggio della valle di Chevreuse, quando non viaggiava per il mondo, con una predilezione per la Germania e il Maghreb. Le sue ceneri sono custodite nel suo giardino, all'interno di un sepolcro scolpito che rappresenta una figura supina con il volto nascosto da un libro aperto, sostenuto da sei scolari che ricordano, con le loro varie pene, una versione infantile dei Borghesi di Calais di Rodin.
Dopo lunghi studi di filosofia è arrivato abbastanza tardi al romanzo, che ha sempre concepito come una fabulazione dall'apparenza il più possibile convenzionale, che ricopre un'infrastruttura metafisica invisibile, ma dotata di un attivo irradiamento. In questo senso è stata spesso pronunciata la parola mitologia a proposito della sua opera.
Se si dovesse riconoscergli un predecessore e un’etichetta, si potrebbe pensare a ].K. Huysmans e a quella di  naturalista mistico. Perché ai suoi occhi tutto è bello, anche la bruttezza; tutto è sacro, anche il fango.
A proposito dell’ amore, diceva: «C”è un segno infallibile da cui si riconosce che si ama d”amore qualcuno: è quando il suo volto vi ispira più desiderio fisico di qualunque altra parte del suo corpo».
Se avesse avuto una tomba, ecco l’ epitaffio che avrebbe voluto vi fosse scolpito: «Ti ho adorata, mi hai ripagato cento volte. Grazie, vita! ››.

1 Un giornale ha svolto recentemente un'inchiesta sul tema seguente: quale sarà secondo voi il grande avvenimento che segnerà l”anno 2000? Ho risposto senza esitare: la mia morte. E ho evocato il vasto e sontuoso corteo che accompagnerà le mie spoglie al Pantheon, al suono dell'Allegretto della 7a sinfonia di Beethoven. Mi si dirà: perché morire nel 2000? Perché avrò 76 anni. Mio padre è morto a quell'età, come suo padre ecc. E una bella età per morire. Con un po' di fortuna e di assennatezza si evitano cosi le sofferenze e le umiliazioni della vecchiaia; e poi basta, non è vita a sufficienza, quella?

Michel Tournier, Immagini, paesaggi ed altre piccole prose, Garzanti, I Coriandoli, 1990