mercoledì 6 gennaio 2016

Shane obsessed


by Shane MacGowan 

“Our idea of New York was based on movies like Once Upon A Time In America, which we were obsessed with,” explains MacGowan. “We borrowed a lot from the soundtrack of that film.
 “We were listening to so much other stuff. We were watching for example, the movie Once Upon a Time in America. It was a great band favourite and it had, as with most Sergio Leone movies, a great soundtrack by Ennio Morricone.
“There were elements of that music that we felt we wanted to explore and it influenced the beginning, the ballad part of Fairytale of New York, the sort of crooner section.
“What we essentially did was we wrote a sort of drunk version of an Ennio Morricone thing.”
“We used to watch Once Upon A Time In America on a loop when we were on tour. That must have had some kind of effect somewhere.

   

lunedì 4 gennaio 2016

Mr Sergio Leone, I am Harry Grey

“ We left immediately, to go to a certain bar in Manhattan which Harry Grey had mentioned. I don’t remember the name of it. lt was near the New Calvary Cemetery, just off Greenpoint Avenue . . . The bar, it was dark and sordid - of course, just as yould expect. Furtive creatutes were sitting at little tables in the shadows, whispering strange secrets to one another. A couple of prostitutes, with long stiletto boots of red plastic and aquamarine wigs. l couldn't tell if they were white or black. The barman was fat, but seemed benign and of uncertain sexual orientation. He was silently moving back and forth, behind the marble shelf, like a wind-up gnome. He was exactly in the mould of Fat Moe in  Once Upon a Time in America. And this place - relaxing and secretive at the same time - was maybe the model for the 1968 version of Fat Moe's bar. The sequence where Noodles, after forty years' absence, comes back to New York and calls Fat Moe from a telephone kiosk in front of his bar - that was exactly like how we met Harry Grey. We sat next to a window, under a big neon advertisement for Coca- Cola . He arrived after a few minutes, as dead on time as a quartz watch. He waited a few moments, at the entrance, nodded “hello” to the barman and made a beeline in our direction. He was short and thick-set, with a bull neck, a very smooth face and the rosy cornplexiun of a child, and he wore a hat which was already out of fashion when Claudette Colbert was young. Grey looked something like Edward G. Robinson, yet he was over seventy by some distance. We shook hands. He sat down and ordered a Whisky, which he never actually drank. He studied it, coolly, for some time. Maybe he had cholesterol problems and ordered the drink only for appearances' sake - as is sometimes the custom in America. Where appeararices play such a big part. He was a man of very few words. Yes, no, maybe. He had the vocabulary of a Dashiell Harnmett gangster, speaking only about essentials. And acting for an invisible public “.

Sergio Leone in Something to do with  Death by Christopher Frayling


domenica 3 gennaio 2016

La discesa agli inferi di David Gray

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “

Storia di pulsioni e di sangue, di libido e di morte, Vampyr, attraverso,una trama dai molteplici centri, riconduce il motivo del vampirismo alla dimensione labirintica del sogno e rende visibile la dinamica dell'inconscio. Del resto, lo statuto oggettivo del reale è messo radicalmente in discussione dalle peregrinazioni di David Gray, dal suo trovarsi in mezzo a cose e ambienti dotati di valenze indecifrabili o aperti a significazioni minacciose, oscure. Nel perimetro onirico, infatti, i dati risultano sovvertiti. Anche l”insegna di una locanda o una stampa contengono premonizioni, allusioni, taciti richiami. Tutto diviene fluido, impreciso. Vampyr propone una discesa nelle stratificazioni dell’inconscio. Vuole, insomma, essere scrittura che si esprime nel linguaggio dell’altro, e presentarsi inequivocabilmente come finzione. Un flusso narrativo omogeneo organizza contemporaneamente il gioco polivalente degli attanti (i personaggi, gli oggetti) e la danza delle ombre (si vedano, durante l'esplorazione di David Gray nella fabbrica abbandonata, le silhouette: dei ballerini in costume e dell’orchestrina proiettate in rapida successione su una parete bianca), rinviando apertamente all'irrealtà delle epouvante e richiamando la definizione del cinema come territorio del fantastico. Ma Vampyr si configura come finzione anche perché, lasciando parlare l’altro, o meglio utilizzandone il linguaggio, è già scrittura, organizzazione di segni in un sistema
trascendente.


 Pier Giorgio Tone, Carl Theodor Dreyer, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, 1978


mercoledì 23 dicembre 2015

Da Alberto De Martino a Quentin Tarantino


IL FILM DI NATALE

Se a suo tempo passò come una commediola con risvolti sociali, oggi La cuccagna (1962) di Luciano Salce si è trasformata come il ritratto di un’epoca: quella del successo economico e delle fiduciose speranze. Basato su un soggetto di Luciano Vincenzoni e Alberto Bevilacqua il film vuole essere ancor di più un reportage sulla condizione giovanile agli inizi degli anni sessanta. Di già, sempre Salce, con La voglia matta (1962), si era soffermato sul mondo dei rampolli frutto della borghesia; questa volta indugia sul ceto medio - basso, quello che vive nei grandi caseggiati sorti sulle macerie dell’ultima guerra mondiale. Il soggetto e il conseguente trattamento fanno sorgere gli accostamenti più disparati: la presenza di Vincenzoni non può che rimandare ad alcuni lavori di Pietro Germi realizzati in quel periodo; lo sguardo sui due protagonisti rimanda a Robert Bresson. A questo proposito siamo coscienti di essere in torto, ma che volete farci, è colpa del cinema, e a chi lo frequenta assiduamente è permesso di tutto e di più nei suoi confronti. E il web concede di andare oltre il Fofi o il Brunetta sulla scrivania.
Sconfinando...
Col senno di poi possiamo azzardare l’idea che alla base del suicidio di Luigi Tenco vi è questa sua unica, garbata, prova da attore. Ma quello che più ci sta a cuore, ed i rimandi costruiscono un  labirinto, sono le note o meglio le sonorizzazioni del Maestro, giovane e provocante. Ogni piccolo suono che esce dalla pista sonora de La cuccagna è un richiamo ai suoi lavori futuri, appresso ai registi che gli hanno consentito la presente celebrità, da Alberto De Martino a Quentin Tarantino. E ora sentiamo la mancanza di Nigel con cui ci si poteva sfidare a  riconoscere, in queste note, più titoli di film.

lunedì 21 dicembre 2015

A proposito di Jane

 



Silent film, Godard suggests, was materialist. Each actor had his own image. Only with the advent of the talkies did actors begin to "talk" alike. Silent film stars thought, “I am film, therefore I think." Stars of the talkies reversed the proposition: "I think that I am an actor, therefore I am filmed “

Il film muto , Godard docet , era materialista. Ogni attore aveva la sua propria immagine . Solo con l'avvento del sonoro gli attori hanno iniziano a " parlare ". Le stelle del cinema muto pensano: " Io sono il film, quindi io penso “. Le stelle del sonoro hanno invertito la proposizione: " Penso che io sono un attore , quindi sono filmato ".

James Monaco, The new wave, 2004

domenica 20 dicembre 2015

Doppio spettacolo in HD

OGGI

Film come A Suon di Lupara e Gente d’Onore, ambedue del 1967, venivano proiettati come supporto alla prima pellicola in programma nei cinema di penultima visione. Erano sale non per forza rionali, spesso avevano sede anche nel centro urbano come l’Orfeo in via Nino Bixio o l’ Astra in via Pasquale Calapso; sale rionali lo erano l’Orientale a Camaro, l’Astoria al villaggio Santo , il Cariddi al Faro. Tutte, tranne l'Orfeo,ora Capitol, sono HD: hard non high,discount non definition. Ciò non toglie che ad ascoltare le voci dei doppiatori, i suoni riprodotti artificialmente in studio, le musiche di Benedetto Ghiglia o Lallo Gori, si è riportati indietro nel tempo, in quelle sale appestate dal fumo di sigaretta, ammorbate dagli sputi per terra. Il fascio di luce che proveniva dalla cabina di proiezione andando a sbattere sullo schermo faceva estraniare il più schifiltoso tra i presenti nel locale. In quei tempi adolescenziali non si era esigenti in fatto di trama quanto dalle azioni e il film veniva giudicato bello o brutto in base alla sua scorrevolezza. Oggi … Il film di Luigi Petrini parte bene e si ingarbuglia nelle idiozie. Quello di Folco Lulli vorrebbe essere, ma non è, un Bud Boetticher d’annata.

giovedì 17 dicembre 2015

Nelle fauci del Cariddi


Cariddi, il cinema
Non mi risulta che nell’area metropolitana messinese sorgesse una sala cinematografica recante il nome Colapesce. Ma il Cariddi c’era, ed era proprio nel suo posto ideale, quello della leggenda. La leggenda divenne romanzo con i modi di Stefano D’Arrigo e Cariddi, con il cinema, nella sua terra.

Il dipinto riportato in alto fu commissionato al pittore calabrese Enotrio, si trova ne
La Fiera del Cinema, ottobre 1959 e fa riferimento al film La Battaglia di Maratona, dello stesso anno.