giovedì 23 ottobre 2014

Donna,uomo - nomi, titoli

Top 20: Best Movies with Names for Titles

By Film Comment

Johnny Guitar
1. Johnny Guitar Nicholas Ray, 1954
Mouchette
2. Mouchette Robert Bresson, 1967
Laura
3. Laura Otto Preminger, 1944
Barry Lyndon
4. Barry Lyndon Stanley Kubrick, 1975
Muriel
5. Muriel Alain Resnais, 1963
Gertrud
6. Gertrud Carl Theodor Dreyer, 1964
Andrei Rublev
7. Andrei Rublev Andrei Tarkovsky, 1966
Rebecca
8. Rebecca Alfred Hitchcock, 1940
Faust
9. Faust F.W. Murnau, 1926
Marnie
10. Marnie Alfred Hitchcock, 1964
Scarface
11. Scarface Howard Hawks, 1932
Fantomas
12. Fantômas Louis Feuillade, 1913
Charley Varrick
13. Charley Varrick Don Siegel, 1973
Cluny Brown
14. Cluny Brown Ernst Lubitsch, 1946
Rosetta
15. Rosetta Jean-Pierre & Luc Dardenne, 1999
Gloria
16. Gloria John Cassavetes, 1980
Carrie
17. Carrie Brian De Palma, 1976
Umberto D.
18. Umberto D. Vittorio De Sica, 1952
Tristana
19. Tristana Luis Buñuel, 1970
Ninotchka
20. Ninotchka Ernst Lubitsch, 1939

L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/trivial-top-20-best-movies-with-names-for-titles

mercoledì 22 ottobre 2014

Prossimamente

Non solo occhi, non solo orecchie

 

domenica 19 ottobre 2014

Le Industrie Cinematografiche Sociali

OGGI 

Luigi Mittiga, pardon Mandrin, è uno che ruba ai ricchi per dare ai poveri (forse). Diventato il boss del contrabbando fa innamorare di sé la locandiera Rosetta ma con l’inganno si prende anche la favorita del re. Inutile dire che dopo varie vicende avventurose tutto si sistemerà per non lasciare l’amaro in bocca agli spettatori.
Raf Vallone nel 1951 prese parte a questo Mandrin e al Cristo proibito di Curio Malaparte, il quale fece bene a doppiarlo (da Emilio Cigoli) provvisto com’era l’attore di una voce  alquanto insipida. E’ pure malfermo per poter renderci le gesta di personaggi avventurosi. Silvana Pampanini è un tronco di giovane betulla con due melograni sul davanti, oggetti di attrazione per Mario Soldati via Mario Montuori, la quale è sorpresa sempre dall’alto delle scale per la gioia dei signori adulti come degli adolescenti presenti in sala, specie se parrocchiale. Nella recitazione la vincono gli attori francesi, il film è una coproduzione, comunque  le due compagini pur esprimendosi nella propria lingua filtrano bene, meglio di tutti se la cava Vinicio Sofia, voce nota del doppiaggio. Mario Soldati confeziona il tutto con Vittorio Nino Novarese e lo scrittore Giorgio Bassani, senza dimenticare Augusto Frassineti. Nino Novarese, che finì la sua carriera a Hollywood, è pure l’artefice dei costumi, forse il pregio del film. La musica rutilante ed operettistica è di Mario Nascimbene.
Non riesco a soddisfare la mia curiosità circa la casa produttrice del film: Industrie Cinematografiche Sociali. Chissà cosa intendevano fare nel sociale dell’epoca, in un’Italia appena uscita dalla guerra e ancora da ricostruire. Si adattava meglio al Cristo proibito che invece era prodotto dalla Excelsa film. A proposito oltre il Vallone, ai due film citati prese pure parte Gualtiero Tumiati.


giovedì 16 ottobre 2014

Antonioni preoccupato


Una delle mie preoccupazioni, quando giro un film, è di seguire il personaggio fino a quando non sento la necessità di lasciarlo. La recitazione ritrova il suo valore attraverso l’inquadratura, che è un elemento plastico. I toni grigi e i cieli bassi sono spesso caratteristici dei miei film.  Cercando di far comprendere all'attore che cosa deve fare, si rischia di rendere la sua recitazione meccanica, o di trasformarlo in un
secondo regista.  Attribuisco un”importanza enorme alla colonna sonora, ai suoni naturali, ai rumori più che alla musica.
Michelangelo Antonioni


mercoledì 15 ottobre 2014

Curzio Malaparte regista

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica " Yasujiro Ozu "


Io faccio un film non per fare un film ma perché ho qualcosa da dire su un certo argomento, e questo qualcosa non posso che dirlo che in linguaggio cinematografico. Chi credesse che io trascuro il mio lavoro
letterario per tentare un'esperienza dilettantistica si sbaglia. La mia intenzione è di operare con la massima serietà in questo campo della mia attività artistica, tanto più che mi sembra che anche il cinema italiano,
come già tutto il cinema europeo, americano, cominci a dar segni di crisi, che non è una crisi tecnica, ma d'intelligenza, di cultura, di gusto. Nel film neorealistico ormai non c'è più niente, ed esso si regge soltanto su un dato puramente formale. Ho scelto, in questo caso, il linguaggio cinematografico per dire quello che voglio poiché certe volte il linguaggio letterario non basta più ad esprimere certe esigenze morali e
sociali del mondo moderno, appunto perché questo mondo moderno rifiuta qualunque interpretazione letteraria di se stesso.
Curzio Malaparte “Il Giornale", Napoli, 2 agosto 1950
Un popolo con la sua visione del bene e del male, con la sua religiosità, il suo sacrificio, che non capisce i grandi principi politici e la giustizia o la libertà se non come soluzione dei suoi problemi esistenziali, della
sua miseria acuitasi con la guerra, con la lotta partigiana. In questo senso, in un clima d'abbandono e di confusione post-bellica, Malaparte cerca di fissare sullo schermo quel popolo con le sue
passioni e le sue idee, i suoi principi, fra commozione e crudeltà. Da questa stessa situazione di “decadenza”, già narrata nella Pelle, sembra poter venire il riscatto nell'attuazione della morale del Cristo:
soffrire e morire per gli altri. Una sorta di “socialismo cristiano” alla cui irradiazione non sono estranee le urgenze della storia del dopoguerra che pervasero di populismo, socialismo, marxismo, socialdemocrazia, di cattolicesimo la società italiana e gran parte degli intellettuali d'Italia. In questo contesto, Malaparte esprime però il suo personale pensiero : sono gli innocenti che devono sempre pagare ma sono essi che fanno camminare il mondo.
 Le parole “sofferenza” e “sacrificio” per gli altri non esistono più ; gli uomini hanno dimenticato il Cristo che è divenuto proibito nella società moderna. Come si può ancor dire che la migliore vendetta è il
perdono ? Si può ancora credere nel mito della giustizia individuale ? E' ancora possibile un minimo di sacrificio personale?
Malaparte opera nel cinema rimanendo un letterato che ha preso, per un attimo, la macchina da presa per illustrare una storia che invece era stata originariamente pensata in modo narrativo.
da Luigi Martellini, Malaparte fra letteratura e cinema

Luigi Martellini del Cristo proibito film  si sofferma ad analizzare solo la parte testuale tralasciando l’aspetto tecnico-visivo che per un principiante come lo era allora, e per l’unica volta, Malaparte, è di notevole confezione, senza tradire, peraltro, la sua natura di prosatore. Come il futuro Pasolini sperimenta con la macchina da presa, il carrello, le luci, e gli interni ricreati in studio; nessuno ancora aveva utilizzato l’elicottero per fare delle panoramiche e come Charlie Chaplin si appronta da sé il commento musicale. Bisogna scoprirlo da soli per essere affascinati da quest’opera apprezzata più altrove che nel suo paese.
Mi domando solo … e se Corrado Alvaro si cimentava con la cinepresa?



giovedì 2 ottobre 2014

Santi lo si è solo dopo



Il cinema italiano non ha solo buoni registi, si distingue anche per gli eccellenti operatori fra cui Aldo Tonti, che può essere considerato uno dei primi del mondo.
Con La terra trema per esempio, è evidente come Luchino Visconti, il cui splendido Ossessione ha tuttavia inaugurato la rinascita del cinema italiano, tenti una sintesi magnifica fra la tecnica verista più rigorosa e una composizione plastica che la traspone completamente. I pescatori di Visconti sono dei veri pescatori, ma hanno l’andatura da principi di tragedia o eroi d’opera, e la dignità della fotografia dà ai loro stracci l’aristocrazia di un broccato rinascimentale.
Dirigendo lo stesso operatore di Visconti – lo straordinario Aldo che i teatri di posa francesi si sono lasciti sfuggire – Augusto Genina non si è per questo preoccupato di meno di giocare il gioco del realismo.
Si sa che Cielo sulla palude è un film di circostanza, realizzato in occasione della canonizzazione della giovane Maria Goretti, assassinata a quattordici anni dal ragazzo a cui essa si rifiutava. Tali premesse potevano far temere il peggio. L’agiografia è già in se un genere pericoloso, ma insomma ci sono santi da vetrata e altri che sembrano fatti – quale che sia il loro rango in paradiso – per i gessi dipinti di Saint-Sulpice. Il caso di Maria Goretti non sembra a priori più promettente di quello di santa Teresa di Lisieux. Meno addirittura, poiché la sua biografia è priva di avvenimenti esemplari; è quella di una povera famiglia di operai agricoli nelle paludi pontine, all’inizio del secolo. Niente visioni, niente voci, niente segni del cielo; l’assiduità al catechismo e il fervore della prima comunione sono i soli segni, banali, di una pietà comune. Certo, c’è il “ martirio “, ma bisogna che il film arrivi a quest’ultimo quarto d’ora perché “ succeda finalmente qualcosa “.
E anche questo martirio, che cos’è in fondo nelle sue apparenze e nelle sue motivazioni psicologiche? Un qualsiasi delitto passionale, un fatto di cronaca senza originalità drammatica: “ Un giovane contadino uccide a colpi di punteruolo una ragazza che gli rifiutava i suoi favori. “ E perché? Non c’è un elemento di questo delitto che non possa avere una spiegazione naturale. La resistenza della ragazza può non essere che un pudore fisiologico esacerbato, un riflesso della bestiolina che ha paura. Certo, oppone ad Alessandro la volontà divina e il peccato, ma non c’è bisogno di ricorrere alle sottigliezze della psicanalisi per comprendere di quale aiuto possano essere per un’ adolescente impaurita dalla vita gli imperativi del catechismo e la mistica della prima comunione. Ammettiamo anche l’influenza morale dell’educazione cristiana non si limiti a fornire un alibi ai veri moventi inconsci: la condotta di Maria non è ancora convincente, poiché capiamo peraltro che ama Alessandro; allora perché questa resistenza dalle conseguenze tragiche: o è un riflesso fisiologico più forte dell’accordo sentimentale, o è realmente l’obbedienza a un principio morale, ma allora non è spingerla fino all’assurdo, poiché fa l’infelicità di due esseri che si amano? Del resto Maria, prima di morire chiede perdono ad Alessandro del male che gli ha fatto, cioè di averlo spinto ad ucciderla.
Ma merito di Genina è quello di aver fatto un’agiografia che non prova niente e soprattutto non la santità della santa. Il suo merito: non solo artistico ma religioso. Cielo sulla palude è uno dei rari film cattolici validi.
Il cinema italiano secondo André Bazin, op. cit.

mercoledì 1 ottobre 2014