giovedì 31 ottobre 2013

Amore e rifiuto della realtà

I film italiani recenti sono perlomeno pre-rivoluzionari: tutti rifiutano, implicitamente o esplicitamente, con l’umorismo, la satira o la poesia, la realtà sociale di cui si servono, ma sanno, anche nelle prese di posizione più chiare, non trattare mai questa realtà come un mezzo. Condannarla non obbliga alla cattiva fede. Essi non dimenticano che prima di essere condannabile, il mondo, semplicemente, è.  … ma ditemi se, uscendo dopo aver visto un film italiano, non vi sentite migliori, non avete voglia di cambiare l’ordine delle cose, ma di preferenza persuadendo gli uomini, almeno quelli che possono esserlo e che solo l’accecamento, il pregiudizio o la sfortuna hanno condotto a fare del male ai loro simili.
Per questo quando se ne legge il riassunto, la storia di molti film italiani non resiste al ridicolo. Ridotti all’intrigo, molto spesso, non sono che melodrammi moraleggianti. Ma nel film tutti i personaggi esistono con una verità sconvolgente. Nessuno è ridotto allo stato di cosa o di simbolo, il che permetterebbe di odiarli senza dover superare preliminarmente l’equivoco della loro umanità.

Per il momento il cinema italiano è molto meno politico che sociologico. Voglio dire che delle realtà sociali così concrete come la miseria, il mercato nero, l’amministrazione, la prostituzione, la disoccupazione non sembrano ancora aver ceduto il posto nella coscienza del pubblico ai valori a priori della politica. I film italiano non ci informano quasi per niente sul partito a cui appartiene il regista, e neppure su quello che accarezza. Questo stato di fatto deriva senza dubbio dal temperamento etnico, ma anche dalla situazione politica italiana e dallo stile del partito comunista della penisola.
André Bazin, op. cit.

mercoledì 30 ottobre 2013

San Rocco patrono dell'Aspromonte

Rivalità in Aspromonte
Regia   Giuseppe De Santis
Sceneggiatura  Corrado Alvaro, Ivo Perilli, Steno, Vincenzo Talarico, Giuseppe De Santis
liberamente tratta  da La festa di San Rocco di Nicola Misasi.
Fotografia Aldo Tonti
Musiche Enzo Masetti
Montaggio Adriana Novelli

Amedeo Nazzari  massaru Giovanni
Silvana Mangano  Stella
Vittorio Gassman  Peppino
Jacques Sernas  Luigiuzzu
Rocco D’Assunta  massaru Peppe
Guido Celano  massaru Cola
Edoardo Nevola Santuzzu
Olga Solbelli moglie di massaru Giovanni

Dino De Laurentis propose a Giuseppe De Santis di riprendere il cast de Il Lupo della Sila visti i clamorosi risultati al botteghino di Riso amaro,del lo stesso Lupo, e de Il brigante Musolino.
De Santis convoca Corrado Alvaro ed assieme a Ivo Perilli, Steno e Vincenzo Talarico sceneggiano una novella di Nicola Misasi, La festa di San Rocco, scrittore cosentino della fine dell’800.
E’ la storia di Peppino e Luigiuzzo che rivaleggiano per la mano della bella Stella, con un finale rusticano il giorno della festa di S. Rocco, promessa sposa al primo sebbene avuta già dal secondo.
Gli attori nelle mani del regista si affannano quanto basta per portare a casa il dovuto, come da contratto. La Mangano in più cerca, in questo aiutata dal neo marito De Laurentis, di rafforzare la sua carriera con ruoli di tragica popolana.
Infine il direttore De Santis convinto di essere l’unico a saper manovrare  dolly ( all’epoca si chiamava gru ) e carrelli, li porta a spasso  a salire e scendere sugli altopiani aspromontani ed il dì della festa di San Rocco.
Il critico Johnny Carteri di Brancaleone sulla fanzine Calabria Forever, che si pubblica a New York incriminò il film di plagio ed affermò che Howard Hughes con Jane Russell aveva fatto di meglio ne Il mio corpo ti scalderà (The outlaw).  A suo sostegno André Bazin asserì a proposito del film di De Santis: Peppino e Luigiuzzu si contendono la stessa donna ma amano lo stesso San Rocco.


martedì 29 ottobre 2013

Delenda Carthago

OGGI



Carmine Gallone (1886 – 1973)  non contento dei romani e di Cartagine, dopo aver raso al suolo quest’ultima sotto il regime fascista la riedifica e la brucia definitivamente sotto il regime democristiano, sempre per opera di Scipione, africano nel fascio, Emiliano in epoca pre-centrosinistra.
Ancora. Nella prima pellicola Scipio era un pezzo di legno sotto le fattezze di Annibale Ninchi, nel secondo è uno spauracchio alle porte della città che fu l’alcova di Didone ed Enea.
Ancora. In bianco e nero il film reggeva molto bene per virtù della giovinezza di Carminello  e le luci di Ubaldo Arata e Anchise Brizzi. Di poi, vecchiotto, Carminello, non bastano il technicolor ed il technirama di Piero Portalupi a salvarlo, tanto è senza sale ciò che si agita dentro, compreso il Mario, Terence, Hill, Girotti, il più insipido degli attori nostrani, qui alle prime … armi.
Ancora. Fine. Dei due disastri cartaginesi ricordiamo Camillo Pilotto nel primo, sotto le spoglie di Annibale, non Ninchi, e nel secondo Erno Crisa che fa Asdrubale.
Il resto sono masse di carne umana ed equina spostate avanti e indietro per mare e per terra con cartapesta sullo sfondo, un po’ come erano i regimi sopra menzionati.


lunedì 28 ottobre 2013

Kyrie per Ralph, Piggy e Jack

Musatti in un suo lavoro pioneristico: "Cinema e psicoanalisi" (1960) aveva segnalato l'analogia tra sogno e cinema perché i sogni e le immagini filmiche presentano un carattere di realtà, che pur tuttavia non si inserisce nella realtà medesima. La realtà dell'azione cinematografica è per Musatti una realtà presentata, non rappresentata come a teatro, in cui uomini e scene appartenenti al nostro mondo si appropriano di un dato significato, ma perchè quest'altro mondo viene come tale dispiegandosi alla nostra presenza.
Morin (1982, pag. 154), ponendosi lo stesso intento di Musatti di verificare le analogie tra sogno e cinema, osserva che:". . . le strutture del film sono magiche e rispondono ai medesimi bisogni immaginari di quelle del sogno; la seduta cinematografica rivela caratteri para- ipnotici (oscurità, fascino stregato dell'immagine, rilassamento , passività e impotenza fisica).
Ma il "rilassamento" dello spettatore non è ipnosi. . . questi sa di assistere a uno spettacolo inoffensivo, mentre il sognatore crede nella realtà assoluta del suo sogno assolutamente irreale. . . . Così rispetto al sogno. . . il cinema è un complesso di realtà e di irrealtà. . . Più vicino al cinema è il sogno da svegli, anch'esso a cavallo tra veglia e sonno. "
Per Metz (1980 ) il cinema è come per Morin un'unità dialettica tra reale e irreale, e anche per lui lo spettatore, durante la proiezione di un film, si trova in una dimensione mentale, che non è nè di sogno nè di veglia: una situazione intermedia tra le due dimensioni, che egli definisce come uno stato di reverie.
La reverie, secondo Bion (1972 ), è uno stato mentale simile al sogno in cui la madre, identificandosi nel bambino, si lascia trasportare dai ricordi e dall'immaginazione per aiutarlo a dare un senso ai contenuti emozionali ed affettivi proiettati su di lei, come d'altronde un'analista con la sua reverie cerca di aiutare il paziente a dare un significato ai propri. La reverie è inoltre uno dei fattori della funzione alfa, la funzione della mente che, per Bion, consente alle impressioni sensoriali e alle esperienze emotive (elementi beta) di venire trasformate in immagini visive o in immagini corrispondenti a modelli uditivi, olfattivi, ecc ed essere utilizzate per:pensare, sognare, ricordare o esercitare le funzioni intelettuali.
Etchegoyen (1990 ) ipotizza che la reverie di Bion assomigli molto alla sfera dell'illusione di Winnicott (1974, pag. 43), che la definisce come :". . . area intermedia d'esperienza, di cui non si deve giustificare l'appartenenza nè alla realtà interna né alla realtà esterna (e condivisa). . . che per tutta la vita viene mantenuta nell'intensa esperienza, che appartiene alle arti, alla religione, al vivere immaginativo ed al lavoro creativo scientifico".
Queste considerazioni sulla reverie e sulla funzione alfa ci possono, quindi, permettere di affermare che il processo di pensiero necessiti oltre che della riflessione, funzione della mente che trae dalla realtà esterna le valutazioni per operare su di essa razionalmente, anche dell'immaginazione creativa per cogliere gli aspetti affettivi ed emotivi dell'esperienza in cui non si deve giustificare l'appartenenza nè alla realtà interna nè a quella esterna.
Adesso se noi consideriamo la relazione paziente- analista nella condizione di essere compresa come un testo narrativo: letterario, filmico, ecc. , secondo i recenti orientamenti psicoanalitici (Ferro, 1992, 1996), possiamo, credo legittimamente, supporre anche la possibilità opposta; cioè che l'interpretazione di un testo, da parte di uno psicoanalista sia il risultato di un'operazione di pensiero simile a quella che egli adotta nell'analisi di un paziente. Un pensiero sospeso tra coinvolgimento empatico, reverie e riflessione, che per l'esame di un film si sviluppa tra l'azione della simbolizzazione, identificazione con le immagini e quella della razionalizzazione, separazione dalle immagini e analisi delle stesse.
L'attività del prevalere della funzione simbolica nello spettatore viene suggestivamente espressa dai film in cui lo spettatore, improvvisamente, entra per un processo di magia cinematografica nel mondo stesso che sta osservando, e partecipa alla sua azione narrativa; oppure l'inverso come nel film di Woody Allen: "La rosa purpurea del Cairo" in cui l'attore protagonista si materializza nella sala cinematografica per una sorta di evocazione fantastica anch'essa magica da parte di una triste e desolata spettatrice. Mentre quella della razionalizzazione può esprimersi nelle considerazioni e nelle analisi critiche di un medio spettatore attraverso il suo giudizio sulla capacità di recitazione degli attori, l'abilità del registra, il valore degl effetti speciali, la tecnica della fotografia, la qualità della narrazione, ecc. , oppure del cinefilo più sofisticato che per le sue analisi si richiama alle ultime teorie di semiologia del cinema. (Ballauri 1994. a, b)
Il film, "Il Signore delle mosche" di P. Brook, che mi accingo ad esaminare faceva parte di un gruppo di dieci del genere:Cinema e Follia, da me utilizzati come ausilio didattico per un corso di lezioni, tenuto presso la Clinica Psichiatrica dell'Università di Genova , avente come tema:" Psicosi e immaginario cinematografico", ed è quello che più ha stimolato in me un processo di reverie per cercare di rendere pensabile, come psicoanalista, il violento impatto emozionale suscitatomi. I modelli teorici a cui mi sono riferito nella riflessione sul testo filmico, che si è accompagnata alla mia attività di reverie, sono quelli di Bion (1971, 1972) sui gruppi e sulla conoscenza.
"Il Signore delle mosche" è tratto da un romanzo di Golding (1992), premio nobel del 1983, il libro nacquè con l'intenzione dell'autore di scrivere per se stesso e di sviluppare in forma di romanzo le riflessioni che aveva compiuto sui risultati di un esperimento didattico a cui aveva preso parte nella sua scuola.
Su iniziativa del direttore, le classi di IV elementare venivano divise in due gruppi, e mentre uno di loro faceva da arbitro e supervisore, si dibatteva una questione. Un giorno Golding pensò di spingere oltre questo esperimento: decise di uscire dall'aula e di dare alla classe piena libertà.
Le sue pessimistiche previsioni trovarono conferma, fu obbligato ad affrettarsi a rientrare in classe per impedire che la situazione degenerasse nel caos o nella rissa aperta.
Questo avvenimento viene trasformato nella finzione del romanzo e riproposto nel film con fedeltà quasi totale dal regista Peter Brook, in un soggetto di violenza drammatica e sconvolgente.
Brook è soprattutto un registra teatrale, alcuni dei suoi rari film sono trasposizioni teatrali come il Marat- Sade e il Mahabarata.


Analisi del film:Il Signore delle mosche.

TITOLO ORIGINALE:Lord of the flies
: PRODUZIONE G. B. -1963-b/n
REGIA: Peter Brook.
INTERPRETI: James Aubrej, Tom Chapin,
Hugh Edwards, Roger Elwin
(Reperibile in videocassetta).

Un aereo con una ventina di scolari inglesi cade (sembra che stia iniziando una guerra nucleare) su un'isola deserta: i ragazzi dapprima sono uniti, ma poi prende il sopravvento un gruppo che regredisce allo stadio tribale, dedicandisi al culto di una testa di cinghiale, il "Signore delle mosche", eufemismo biblico per Satana. (Breve scheda tratta dal "Dizionario dei Film", a cura di P. Margheriti Ed. Baldini e Castoldi, Milano, 1993)

Sta per scoppiare un conflitto atomico, e la domanda che il film pone immediatamente è questa: sopravviveranno gli uomini e le loro istituzioni di fronte a tale violenza distruttiva?
Sulla spiaggia, dopo essere usciti dalla fitta foresta , incontriamo Ralph e Piggy, che si chiedono se ci sono altri sopravvissuti.
Sembrano due ragazzini riflessivi, una volta si sarebbe detto giudiziosi. Ralph ricorda il padre, autorevole comandante di marina, Piggy la zia. I soli bambini di cui possiamo conoscere qualche informazione intorno alla loro famiglia , rappresentata da un padre o da una zia, che appaiono ai ragazzi figure di riferimento autorevoli da prendere come esempio. Certo Piggy è obeso e affetto da una forma d'asma , ma i conflitti interni di cui potrebbe soffrire non sembrano escludere la sua capacità di osservazione e di giudizio.
Il ritrovamento della conchiglia permette di richiamare gli altri dispersi e ne comprendiamo subito il suo valore simbolico di assemblea.
Poi scorgiamo i ragazzi del coro, che in fila ordinata e cantando il Kyrie arrivano al luogo dell'adunata, marciando sulla spiaggia. Dal gruppo appena arrivato emergono Jack e Simon. Jack è il capoclasse e il capocoro, ma non sembra possedere figure interne autorevoli, infatti si chiede come potranno risolvere il loro problema di sopravvivenza senza adulti. La sua domanda del tutto legittima sembra però troppo ovvia e legata ad una concezione della società molto gerarchica, dove tutto funziona se prima ci sono gli adulti, che insegnano, poi i capiclasse , i capicoro ed infine i ragazzi o i bambini come semplici gregari.
Simon, pur essendo uno studente del coro, risulta diverso dagli altri ragazzi. Sembra più sensibile e delicato di loro , perché appena arrivato nel luogo dell'adunata sviene e poi nella sequenza dell'esplorazione dell'isola è l'unico bambino che con dolcezza accarezza una lucertola e con ammirazione contemplativa osserva un fiore esotico. Jack al contrario esprime un disinteresse e disamore verso ciò che non è immediatamente utilizzabile per un "cacciatore", per lui lo scopo primario è procurarsi del cibo e l'evento piu importante è la scoperta del maialino.
Ritornati dall'esplorazione dell'isola i ragazzi relazionano all'assemblea le scoperte effettuate ed emerge in loro l'orgoglio per l'origine inglese ed aristocratica, che li spinge ad organizzarsi razionalmente. Essi eleggono democraticamente un capo Ralph e decidono la suddivisone funzionale dei compiti per affrontare la sopravvivenza. Pare quindi delinearsi la nascita di un gruppo di Lavoro finalizzato alla collaborazione e al raggiungimento degli obiettivi concernenti la possibilità di salvezza. Ma le paure e le angosce temporaneamente sopite emergono attraverso Perceval, che si fa portavoce della probabile esistenza di un mostro sull'isola. Perceval, come il suo omonimo della ricerca del Graal o come il coro della tragedia greca, non dobbiamo dimenticare che Brook è soprattutto un registra teatrale, è colui che deve porre la domanda, dalla cui risposta dipenderà o meno la salvezza del gruppo. E' come se Perceval ammonisse gli altri bambini in questi termini:"Dobbiamo fare i conti con qualcosa di ignoto, ma che esiste , sta a noi individuare se è all'esterno o dentro di noi. Ha la forma di un mostro perché rappresenta le nostre angosce di bambini sperduti su un'isola deserta senza adulti, mentre è in atto la prospettiva di una guerra atomica, che significherebbe una frattura senza precedenti delle condizioni di convivenza civile antecedenti. Ci troviamo allora di fronte ad una scelta o accettare la frustrazione il dolore di questa nuova realtà per una crescita e maturazione individuale o di gruppo, oppure intraprendere altre vie, e la più terribile sarebbe proprio quella di negare l'origine interna del mostro. "
L'idea di accendere il fuoco per richiamare l'attenzione di eventuali soccorritori, viene accolta dall'assemblea con entusiasmo. Il fuoco, che possiamo considerare in questo contesto il simbolo della luce della ragione e strumento di salvezza, prevale difronte alle angosce sull'esistenza del mostro. Gli occhiali di Piggy, utilizzati come lente che riflettendo il sole accende la paglia, potrebbero anch'essi di "riflesso" rappresentare la percezione e la conoscenza. Notiamo pero che l'utilizzo degli occhiali di Piggy avviene in modo brusco e violento da parte di Jack. E in modo improvviso il fuoco si spegne, impedento la possibilità che venga scorto da un aereo in volo sull'isola.
Il sotto-gruppo specializzato nella caccia, capitanato da Jack con il compito di vegliare il fuoco, troppo coinvolto nel tentativo di catturare un maialino, e quindi spinto dal bisogno immediato di procurarsi il cibo, si dimentica di questa mansione.
Il bisogno immediato di cibo e l'entusiasmo per la caccia conseguente prevalgono sulla necessità di considerare anche l'altra possibilità di sopravvivenza legata al fuoco come segnale d'aiuto, ed espressione altresì della capacità di saper aspettare il soddisfacimento pulsionale, e così di apprendere a "pensare".
Possiamo individuare nell'euforia ipomaniacale dei cacciatori per l'uccisione del maialino, espressa dal canto rude e violento :"Viva la caccia, viva la guerra", un tentativo di difesa di fronte alla consapevolezza dell'angoscia depressiva attraverso la negazione della loro condizione di bambini soli e abbandonati, in balia di pericoli interni ed esterni, che Perceval aveva evidenziato parlando nell'assemblea del mostro.
Possiamo supporre , inoltre, come la rottura di una lente degli occhiali di Piggy da parte di Jack, dopo essere stato rimproverato da lui per aver lasciato spegnere il fuoco, rappresenti un tentativo di attacco alla percezione e al pensiero e quindi alla presa di coscienza della realtà in cui si trovano.
Malgrado questa frattura iniziale, dovuta allo spegnimento del fuoco, il gruppo si ricompone. Jack durante l'assemblea ammette:"sì, abbiamo sbagliato, ma adesso dobbiamo proteggervi dal mostro", e si ripropone come il leader del sottogruppo dei cacciatori.
Percepiamo, però, in questi avvenimenti la possibilità di future e più inquietanti fratture tra una parte ristretta di ragazzi Ralph, Piggy e Simon, che cercano di affrontare la realtà con la riflessione e il pensiero, ed un'altra più numerosa con a capo Jack , che sembra tendere ad organizzarsi come gruppo, dominato dall'assunto di base Attacco e Fuga che necessita per sopravvivere di trovare nemici da attaccare: il maialino, Piggy la coscienza razionale e critica, (il cui nomignolo ci suggerisce un altro maialino) e il mostro.
Il primo tempo del film finisce con Ralph e Piggy che dialogano, mentre è in corso il tramonto sulla spiaggia, preoccupati di non riuscire a controllare l'unità del gruppo, per di più dopo che Perceval ha riproposto l'esistenza del mostro, affermando di averlo visto strisciare mentre usciva dal mare. Notiamo che nel colloquio tra Ralph e Piggy, Simon è presente, ma silenzioso. Il suo silenzio sembra essere dovuto al timore di non essere preso in considerazione , come è avvenuto quando nella risposta a Perceval sul mostro aveva suggerito all'attenzione del gruppo questo pensiero: "Forse siamo soltanto noi che c'è lo immaginiamo".
Osserviamo nella seconda parte del film un crescendo di violenza e distruzione, che culmina con l'uccisione di Simon e Piggy e il tentativo non riuscito nei confronti di Ralph. Un'evoluzione sempre più drammatica verso l'eliminazione nel gruppo dello sviluppo e crescita del pensiero, sia nella sua componente"contemplativa", appannaggio di Simon, che in quella razionale, appannaggio di Ralph e Piggy.
Dopo che il mostro è stato "scoperto" da due bambini e riconosciuta quindi la sua esistenza esterna al gruppo, il gruppo si scinde definitivamente. Da una parte Jack e i cacciatori, che si dipingono il viso come guerrieri selvaggi, divenuti ormai un gruppo, dominato dall'assunto di base Attacco- Fuga, che ha trovato il suo nemico da combattere; dall'altra Ralph e Piggy, che cercano ancora di mantenere il fuoco acceso, un ultimo barlume di ragione, mentre Simon decide di esplorare e di apprendere da un'esperienza diretta se il mostro esiste veramente.
E' molto suggestivo lo stacco ripetuto che Brook effettua, oscillando l'inquadratura sui cacciatori alla ricerca di un altro maialino e sui ragazzi in spiaggia intenti ad occuparsi del fuoco, per sottolineare la contrapposizione tra i due gruppi e la scissione ormai avvenuta.
La colonna sonora intanto ripropone ossessivamente il canto del Kyrie, che ormai non riesce piu a svolgere il suo compito di richiamo ai meccanismi difensivi della formazione reattiva o della sublimazione nei confronti dell'aggressività anale, che si manifesta direttamente con espressioni ormai solo scurrili quali:" Piggy è un sacco di merda", "tu lecchi sempre il culo a Piggy", "gliel'ho infilato nel culo".
Simon dirigendosi verso la montagna per scoprire la verità, incontra la testa di un maialino infissa su una lancia e offerta da Jack al mostro. Si sofferma di fronte a questa in meditazione, come se preavvertisse l'imminente catastrofe, non piu dilazionabile in quanto il gruppo dei cacciatori per esistere come gruppo regolato dall'assunto di base Attacco e Fuga deve identificarsi con l'aggressore (il mostro), il quale a sua volta per esistere necessità di vittime da sacrificare, in un circolo perverso dove viene negata la ragione e il pensiero. I cacciatori infatti, poco dopo, attaccano lo sparuto gruppo di Ralph e Piggy per rubare gli occhiali di Piggy ed iniziare la festa con il pasto tribale del maialino catturato. Ralph e Piggy, avviliti, delusi e affamati si associano a loro, con una partecipazione distaccata, mentre la festa si svolge in un crescendo di danze frenetiche ed indemoniate, dove l'eccitazione raggiunge livelli parossistici, solo in parte attenuati dalla scarica motoria.
Inizia a piovere e a tuonare, Simon dalla foresta sta correndo verso di loro sulla spiaggia per annunciare la scoperta della verità :il mostro non è altro che un pilota morto, arrotolatosi nel suo paracadute, dopo essersi sfracellato sulla roccia, ma scambiato egli stesso per i mostro viene ucciso, infilzato dalle lance di legno.
Dopo queste sequenze drammatiche il gruppo si placa con la convinzione che il mostro si sia trasformato in Simon, per cui ogni presa di coscienza dei sensi di colpa si allontana e viene negata, ma ormai il gruppo identificatosi completamente con il mostro ha bisogno di altre vittime.
La prima è stata Simon personificazione del pensiero intuitivo e contemplativo, la seconda sarà Piggy interprete della coscienza razionale, il cui nomignolo si spoglia di ogni valore simbolico, mentre precipita sugli scogli con ancora in mano la conchiglia. Ed infine Ralph controparte di Piggy, che si salva , dopo essere diventato una preda braccata nella foresta, per l'arrivo dei marinai, sbarcati sulla spiaggia dell'isola in loro soccorso.
Il canto del Kyrie accompagna i titoli di coda come a significare che il Super-Io riprende il controllo sull'Es e si ripropone come tutore dell'ordine, delle istituzioni e della civiltà; ma alla domanda iniziale non possiamo dare una risposta convinta , perché non riusciamo completamente a capire dal contesto narrativo, se la guerra è effettivamente iniziata, è finita o è ancora in corso?   Giuseppe Ballauri


L'originale è qui:

giovedì 24 ottobre 2013

From William Golding to Peter Brook

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE


“ Non avevo bisogno di una sceneggiatura e tutto quello che volevo era una modesta somma di denaro, bambini, una macchina da presa e una spiaggia …se il libro di Goding è un concentrato della storia dell’uomo, la storia della realizzazione di questo film è come un concentrato della storia del cinema, che fa luce su tutte le insidie, le tentazioni e le sofferenze patite a diversi livelli “. Peter Brook


In un’isola dell’oceano indiano precipita un aereo che trasporta bambini nel tentativo di allontanarli da un prossimo conflitto, questa volta nucleare, in Europa; dal Regno Unito erano diretti in Australia. Sono rampolli di gente al potere: nobili, militari, borghesi, insomma ricconi e con i soldi in Svizzera. Provengono da svariati collages con solide basi lutero-calviniste o da esso derivati come anglicani.
Una volta riuniti i piccoli superstiti ed eletto un capo comincia la lotta di prevaricazione da parte del sottocapo, colui che comanda i cacciatori ma soprattutto comanda gli addetti al fuoco, acceso come segnale di avvistamento. E’ davvero una lotta intestina che porta all’annientamento dei più miti e dei più saggi, condotta a termine da coloro che sono ritornati ad uno stato di imbarbarimento sfrenato.
Sul capolavoro di William Golding ,1911 – 1993, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1983, da cui il film è tratto si è detto di tutto e con competenza specifica, lo stesso accadde e continua ad accadere oggi  al film di Peter Brook, un’opera che lascia sbalorditi soprattutto per l’aiuto che il regista ha avuto da Tom Hollyman e Gerald Feil sul piano figurativo.
Quello che mi pare non evidenziato, sia per il romanzo originale sia per il film di Peter Brook, è l’aspetto ludico preferendo mettere l’accento sulla metafora, che i due certamente propongono, col, mondo degli adulti e la progressiva affermazione dei poteri nell’avanzata della civiltà.
Bambini e ragazzi non smettono di giocare, un po’ come avveniva nei piccoli spettatori del cinema Loreto di Platì che dopo aver assistito alle nefande avventure dei grandi, usciti dal cinema, ispirati, cercavano di riprodurle sotto forma di gioco nella fiumara.
Nel romanzo come nel film il male è reale ed il sangue è rosso.

mercoledì 23 ottobre 2013

martedì 22 ottobre 2013

Le olive sono mature

In attesa di una fiction su una bella raccoglitrice di olive e sulla dura fatica che facevano segnalo questo bel documentario di Luigi Di Gianni. Il regista cattura e registra un  momento della storia calabrese al suo termine, consegnandoci immagini abbastanza realiste sulla fatica delle donne.