mercoledì 7 novembre 2018

Cinema sui muri - Alessandro Blasetti


Aldebaran, 1935


Retroscena, 1939


Fabiola, 1949


Amore e chiacchiere, 1957

domenica 4 novembre 2018

Linkshändige Marianne



I wanted to tell you something, Marianne.
I was thinking of you up there. And of Stefan.
And after all the long years we have been with each other, for the first time I felt that we belong together.
I was afraid I would go mad, because of the loneliness.
I have often told you that I love you, but it's only now that I feel really connected with you.

Una cosa ti volevo dire, Marianne.
Io lassù ho pensato a te, e a Stefan.
E dopo tutti questi anni che siamo insieme avevo per la prima volta la sensazione che davvero ci apparteniamo.
Mi veniva di colpo la paura d'impazzire a forza di solitudine.
Tante volte ti ho detto che ti amo ma solo ora mi sento legato a te. Per la vita e per la morte.
E lo strano è che, ora che l'ho provato potrei fare a meno di voi.
Peter HandkeEdith Clever, Bruno GanzDie linkshändige Frau (La donna mancina), 1978

mercoledì 31 ottobre 2018

Chaplin's crying

Una delle prime sere a Hollywood, mi invita a casa sua Merle Oberon. La conoscevo, è una donna colta, straordinariamente gentile. Ha organizzato per me un grande pranzo, invitando l'aristocrazia del cinema, da Sam Goldwyn a Chaplin. E poiché sa che ho portato con me una copia di Umberto D., riesce a convincermi di proiettarlo in casa sua per tutta quella gente. La proiezione si svolge regolarmente. Nessuno fiata. Proprio dietro di me, seduto in una poltrona, è Chaplin. Ogni tanto non resisto alla tentazione e torcendo il collo, furtivamente, lo guardo. E' impassibile, col mento fra le mani. La proiezione finisce. Sopravviene nella sala un brusio confuso. Guardo Chaplin: tutti si sono alzati, gesticolano, lui è ancora lì, tiene gli occhi chiusi, immobile. Passano due minuti buoni. Mi prende un malessere sottile, una specie di panico. Poi lui allarga le braccia, apre gli occhi; mi accorgo che piange come un vitello. Dice: «Grande, De Sica, un grande film». Più tardi mi riparla di Umberto D.: lo definisce «film di accademia ›; dice che preferisce Ladri di biciclette ma più ancora gli piace Sciuscià: «più vicino al pubblico, più accessibile, tale da commuovere l'intellettuale come l'analfabeta››.
Vittorio De SicaGli anni più belli della mia vita, "Tempo", 23 dicembre 1954
L'immagine e in:
Craig JohnsonWilson, 2017, che contiene vari espliciti omaggi a Umberto D.

martedì 30 ottobre 2018

Film di Gangster - Donald C. Siegel vs Samuel Fuller

Il tema dell'entrismo e del doppio gioco (che non ricorre soltanto nel film di « gangsters ›› ma anche in « western › come La maschera di fango di Andre de Toth, pur essendo il suo « humus ›› più fertile il « political thriller ›› o film di spionaggio] verrà usato in seguito da Samuel Fuller in due notevoli variazioni del genere: House of Bamboo (1955, La casa di bambù] e Underworld U.S.A. (1960, La vendetta del gangster). Nel primo viene provocata l'assimilazione tra imprese criminali e imprese militari, nel secondo il propugnatore di un'America più pulita non è che un criminale. ln House of Bamboo si tratta di sgominare una banda di criminali che agisce in Giappone, subito dopo la fine della guerra, agli ordini di Sandy (Robert Ryan), un ex soldato che ha unito intorno a sé un gruppo di uomini radiati dall'esercito degli Stati Uniti e li ha organizzati in un'unità para-militare, in seno alla banda vengono distribuite medaglie e i commilitoni rimasti sul campo vengono freddati perché non possano tradire gli altri membri della banda. Le istruzioni di Sandy prima di un colpo, complete di mappe e fotografie, ricalcano il gergo militare: appoggio, obiettivo, attacco, zona operativa, ecc. E all'interno di questa 'banda che si infiltra l’agente Spanier [Robert Stack), allo -scopo di distruggerla. ln Underworld U.S.A. l'agente infiltrato nei ranghi del «Sindacato ›› è Tolly Devlin [Cliff Robertson), il cui scopo non è tanto quello di dare una mano alla Giustizia quanto di distruggere Gela, Gunther e Smith, gli uomini che hanno ucciso suo padre.
Come il « gangster ›› venne sostituito dal G-Man, questo venne sostituito dal poliziotto. Bullets or Ballots  (1936) di William Keighley si avvaleva del trucco di radiare un agente dal corpo di polizia per farlo cooptare in seno a una banda di criminali, in modo da poterne minare dall'interno unità e organizzazione (lo stesso espediente della Maschera di fango, in cui Gary Cooper viene degradato dall'Esercito dell'Unione allo scopo di creargli una verginità da sfruttare associandosi a una banda di ladri di cavalli al soldo della Confederazione). Anche qui, come nel caso di G-Man, la parte principale era affidata a un attore caratterizzatosi come interprete di figure di «gangsters ››: Edward G. Robinson. Da notare inoltre che l'astuzia della copertura ideologica e della «razionalizzazione ››, in gergo psicoanalitico, dell'assimilazione iconografica tra « gangster » e poliziotto veniva stavolta, con una specie di « lapsus », bellamente indicata come trucco, trappola, esca e «bluff ››. Ma più in generale è il motivo del doppio gioco a funzionare qui come spia significante della fondamentale doppiezza e ambivalenza del genere. Che saranno film successivi come, per esempio, The Killers (1964, Contratto per uccidere) di Donald C. Siegel a esibire con più noncurante sfacciataggine. In questo film (che non è che il «remake » dell'omonima versione del 1946 del racconto famoso di Ernest Hemingway ad opera di Robert Siodmak) infatti sono due «killers ››, Charlie [Lee Marvin] e Lee [Clu Gulagerl], a deviare dall'assegnazione del loro mandato per assumere le vesti e le funzioni di investigatori, allo scopo di chiarire il mistero della relazione triangolare tra Johnny North (John Cassavetes), Sheila Farr [Angie Dickinson) e Jack Browning [Ronald Reagan).
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


lunedì 29 ottobre 2018

Vittorio De Sica by himself


Sono nato a Sora il 7 luglio 1901. Dunque sono ciociaro, anzi cafone. Ma mio padre e mia madre, che si chiamavano Umberto De Sica e Teresa Manfredi, erano napoletani. E napoletanissima tutta la famiglia, l'intero albero genealogico. Mio padre era impiegato nella Banca d'Italia; poi lavorò nelle assicurazioni, fece anche il giornalista; e il risultato di tutto fu una povertà sostenuta per anni e anni con una strabiliante dignità. Nessun pernicioso precedente teatrale in famiglia; mio padre mi parlava soltanto di uno zio leggendario, della cui reale esistenza io bambino non fui mai convinto, il quale dava recite in casa (immagino che cantasse canzonette napoletane] e perdette una eredità per non aver voluto troncare una recita e correre al letto di morte di un parente danaroso. Comunque il teatro (anzi si diceva “l'arte”) era un regno misterioso e affascinante di cui si favoleggiava in casa e non so nemmeno per quale concreto motivo. lo ero l'unico della famiglia che fosse assolutamente ,refrattario a quei sogni; sicché quando, a dodici anni, mi trovai spinto da mio padre a recitare in un film, la faccenda non mi piacque proprio. Era capitato che un amico di famiglia, un certo Bencivenga, allora celebre regista di Francesca Bertini, stesse girando il film L'affaìre Clemenceau con la Bertini e Gustavo Serena*. lo feci Clemenceau bambino. Guadagnai 70 o 100 lire, apprezzai molto questo aspetto pratico della cosa (servirono a pagare le tasse scolastiche presenti e future). Tornai a scuola e non ci pensai più. lo sono conservatore. Allora volevo diventare ragioniere e al teatro nemmeno ci pensavo. Molti anni dopo ero attore di teatro ed ero decisissimo a non abbandonare mai il palcoscenico per il cinema. Adesso faccio del cinema e sono altrettanto deciso a farlo ad aeternum.
Vittorio De Sica, Gli anni più belli ella mia vita, "Tempo", 16 dicembre 1954
* In realtà diretto da Alfredo De Antoni nel 1917 

domenica 28 ottobre 2018

Ozu über Handke




Peter Handke, Die linkshändige Frau (La donna mancina), 1978

giovedì 25 ottobre 2018

La mafia addosso


Michele Cimarosa (nato Cisco)
Messina 1929 - 1993
Martin Ritt, The Brotherhood (La fratellanza), 1969