Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
giovedì 19 gennaio 2017
mercoledì 18 gennaio 2017
Ernst Lubitsch vs Frank Borzage
L’UNGHIA DEL LEONE
VERSO la fine di Desiderio,
il film diretto da Frank Borzage (supervisore Ernst Lubitsch) la ladra - Marlene
Dietrich – si pente della vita che ha condotto fino allora, restituisce il
vezzo di perle rubato, e prendendo nella sua la mano del bravo ingegnere – Gary
Cooper - incomincia una nuova esistenza.
Rimane sempre, però, da saldare il conto con la giustizia. Come evitare
una scena di tribunale? Scena che, trattandosi ormai semplicemente di
ratificare quanto in senso morale e individuale – la coscienza dell’ex ladra –
è già liquidato, non avrebbe portato niente di nuovo allo svolgimento della
fine, sarebbe certo risultata inutile e sgradita. Facciano bene attenzione gli
scenaristi: ecco come Lubitsch (perché è senz’altro sua, questa trovata)
risolve da maestro il suo facile problema.
Lubitsch finge dunque di dimenticarsi d’aver riconosciuto la necessità
d’inserire questa scena: che, infatti, non appare nella pellicola: Soltanto
che, a un certo punto, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, l’ingegnere
fidanzato, invece di presentare il documento che autorizza le sue nozze con
Marlene, presenta per isbaglio la sentenza del tribunale, che ha inflitto alla
ladra di gioielli la condanna penale.
Dunque, proprio nel momento quando sappiamo imminente quella grande
gioia della unione legittima di cui è simbolo il prezioso documento di
autorizzazione al matrimonio, scoppia il motivo della legge offesa, come un
fulmine. Un fulmine, bisogna dirlo, che si spenge prima di cadere, e non causa
che un attimo penoso. E forse, neppure quello: dato che la peccatrice
recentemente purificata non ha avuto il tempo di crearsi una sensibilità molto
raffinata per questo genere di faccende.
Ai nervi meno coriacei dello spettatore, invece, questo piccolo brivido
imprevisto è come un ottimo condimento per la piacevole pietanza del ‘ lieto
fine ‘.
E per mezzo del documento uscito per isbaglio dalle tasche di Cooper
che si stabilisce fulmineo un corto circuito fra passato di vergogna e lieto
avvenire. Questi due stadi contraddittori sono portati, grazie all’apparizione
inaspettata del documento di condanna, sotto il segno di un denominatore
comune, di cui il secondo documento – quello di nozze – rappresenta l’elemento
di scambio. La trovata produce inoltre nell’animo del pubblico un
caratteristico momento di sospensione, per il motivo che tutto ad un tratto si
rappresenta a noi – che lo avevamo ormai dimenticato – il Male nelle vesti
stesse della Felicità. L’errore di documento, subito ritirato, oltre a colmare
in modo fulmineo e retrospettivo una lacuna del racconto cinematografico, serve
egregiamente a porre in maggior rilievo, con una piccola ombra nera,
l’immacolato splendore della cerimonia nuziale.
CINEMA, QUINDICINALE DI
DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA, Luglio –
Dicembre 1936 Anno XV
giovedì 12 gennaio 2017
mercoledì 11 gennaio 2017
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DI VASILIJ SUKSIN
Quarantacinque anni corrono tra l'alfa e l'omega della sua esistenza: 25 luglio-1929, villaggio di Srostki nel territorio dell'Altaj nella repubblica russa, sezione meridionale della Siberia occidentale; ottobre 1974, villaggio di Kletskaja, provincia di Volgograd nella repubblica russa, per un attacco d'ulcera perforante, male di cui soffriva da tempo: erano in corso le riprese di Oni sraía/is' za rodinu {t.l. Hanno combattuto per la patria) di Sergej Bondarëuik, dall'omonimo romanzo di «Michail šòlochov. E' sepolto a Mosca, dove viveva con la moglie, l'attrice Lidiija Niikolaévna Fedosséva e le sue due bambine.
La fanciullezza l'ha vissuta in campagna. La grande guerra nazionale contro il nazismo lo costringe ad interrompere gli studi. A quattordici anni va a lavorare. Nei kolchozy fa il bracciante, il muratore, lo scaricatore, il fabbro. Quando è il momento, presta servizio militare in marina. Poi fa il direttore della scuola serale per la gioventù operaia nel villaggio natio: il legame con la terra è ininterrotto, appassionato. Nel '54, a venticinque anni, tenta |'avventura a Mosca. Vorrebbe studiare all'Istituto di letteratura. Gli si rifiutano gli esami di ammissione, perché non ha pubblicato una riga.
Tenta la sorte all'Istituto di cinematografia. Il VGlK è l'“accademia" cinematografica più antica del mondo: ha fortuna, è ammesso ai corsi di regia nella classe di Michail ll'iö Romm, l'autore di Pyška [Boule de suif] e di Deviat' dnei odnogo goda (t.l.: Nove giorni in un anno).
Esce diplomato a trentun anni, nel 1960. Comincia a lavorare per il cinema come attore e come sceneggiatore. Intanto si afferma anche come scrittore con racconti e romanzi che si ricollegano alla grande tradizione della letteratura «contadina››.
Interpreta un film dopo l'altro: Dva Fëdora {t.l.: I due Fiodor] di Marlen Chuciev, 1959; Zolotoi ešelon (t.l.: Il convoglio d'oro) di l|'ja Gurin, 1959; Prostaia istoriia [t.l.: Una storia semplice) di Jurij P. Egorov, 1960; Alénka di Boris V. Barnet, 1962; Kogdà derev'ia byli bol'šimi (t.l.: Quando gli alberi erano grandi] di Lev. A. Kulidìanov,1962; tra gli altri, Miška, Serëga I ia [t.l.: Miska, Serega ed io] di Georgij S. Pobedonoscev, 1962; Kommandirovka [t.l.: Missione di lavoro) di Jurij P. Egorov, 1963; My, dvoe muãöin [t.l.: Noi, due uomini) di Jurij Lysenko, 1963; Zurnalist [t.l.: ll giornalista] di Sergej A. Gerasimov, 1967; Muìskoi razgovor [t.l.:Discorso di uomini] di Igor' šatrov, 1969; U ozeru (t.l.: Sul lago) di Sergièj A. Gerasimov, 1970; Oni sraìalis za rodinu {t.l.: Hanno combattuto per la patria) di Sergej -Bondaröuk, 1974.
Nel 1964 incontra sul set di Com'è il mare?, Lìdija Fedoséevna, allieva di Gerasimov al VGIK e debuttante già nel 1969 in Compagne di Vasilij Ordynski. Si sposano. Per otto anni Lìdija rinuncia allo schermo per badare alle bambine, salvo una breve comparsa in Bratka, primo episodio di Strana gente. Vi ritorna con Peški Iavoãki (1972), su insistenza del marito. E' anche la protagonista femminile di Kalina krasnaia (1974).
La morte impedisce la realizzazione di un nuovo film che Šukšin preparava sul suo romanzo di tre anni avanti, « Sono venuto a darvi la libertà ››, incentrato nella figura di Stepàn Razin, il cosacco che sotto il zar Alessio Romanov (1645-1676] coinvolse i contadini in una jacquerie sul Volga, una rivolta che scosse la sicurezza del potere moscovita (1670-71). Domata la rivolta, Razin fu giustiziato entrando così nella leggenda contadina come campione dell'affrancamento del servi della gleba e come anticipatore della rivoluzione sociale. Sarebbe stato il suo sesto film da regista in dieci anni, dopo Zivêt takòi pàren '(1964), Vaš syn ibrat (1966) e Strannye I/'udi (1969).
Bruno De Marchi, BIANCO E NERO, Anno XXXVII, luglio/agosto 1976
lunedì 9 gennaio 2017
Diario di un soggettista - Il pubblico è stupido
Nessun‘arte, e nessuna attività umana, si può tenere in piedi durevolmente e raggiungere l’uomo quando presuppone un disprezzo dell’uomo. Se attori, scrittori, pittori, cineasti vi dicono che il pubblico é stupido e che bisogna lavorare per questo pubblico stupido, tiratene la conclusione che l’arte è a un livello più basso del cosiddetto pubblico stupido. E questo pubblico stupido diserta le arti e gli artisti, si butta dietro le spalle e la pittura e il teatro e il cinema. Poi inselvatichisce e diventa tirannico, stimandosi dappiù dei suoi artisti. Lo è infatti, e pretende d’essere servito e adulato.
Ho conosciuto il regista “che non arriva a certe cose”. E un uomo che parla con dolcezza, mettendo bene in rilievo tutte le sue parole. Egli crea con le mani, fa gesti classici: il gesto delle mani aperte sulle tempie come due paraocchi e di guardare in mezzo ad esse, nell’angolo della macchina da presa. E nutrito di cose viste al cinema, anche lui, e di cose viste nel film americano, russo, francese, ostrogoto. Non sa che tali segreti si scoprono in una lunga consuetudine con la letteratura e che dietro a ogni film buono, russo, francese, inglese, americano, ostrogoto, esiste una base di letteratura. Allora é come se leggesse sempre le grandi opere in traduzione, la traduzione che appunto il cinema fa di ogni motivo letterario. Una volta gli dissero: “Ma perché non leggi, non t’istruisci un pochino?». “ Fossi matto, ha risposto il regista che non arriva a certe cose, fossi matto; non mi voglio sciupare». Egli è convinto, come molti sono convinti, che la cultura guasti certe qualità naturali dell’uomo, la spontaneità, la naturalezza, la volgarità, tulle cose da tenersi gelosamente custodite. Difatti egli concepisce tutto per particolari e per atteggiamenti.
CORRADO ALVARO
(Da “Scenario “, Marzo XV).
BIANCO E NERO Anno I –
N. 3 – 31 Marzo 1937 - XV
domenica 8 gennaio 2017
Un figlio della forte Sardegna
Quelli che desiderano diventare attori dello schermo
GIANNI MURA
È un figlio della forte Sardegna, di Iglesias, dove è nato nel 1905.
Anche lui appartiene alla schiera di coloro che vorrebbero
intraprendere la carriera cinematografica verso la quale si sente portato;
anche lui quindi ha voluto essere presentato da queste colonne a coloro che
potessero e volessero avviare dei “nuovi” in questa difficile carriera.
Gianni Mura è un giovanotto bruno, di statura media, sano, robusto. Ha
fatto parte di diverse filodrammatiche e si è sempre meritato degli elogi per
la sua recitazione.
È intelligente, quello che più importa, e pieno di buona volontà.
Crediamo che un direttore artistico che volesse avviarlo alla carriera
cinematografica, saprebbe ricavare da lui un ottimo elemento.
Chi eventualmente desiderasse interessarsi di lui può indirizzare
presso il nostro giornale che si incaricherà di trasmettere.
CINE SORRISO ILLUSTRATO PER IL PUBBLICO CINEMATOGRAFICO Anno VI – N. 15
– 13 Aprile 1930 (VIII)
mercoledì 4 gennaio 2017
La strada è il loro mondo
Dal 1954 ad oggi resta immutato l'aspetto coinvolgente del film e su quello del Prossimamente a cui Vittorio Cramer, con la sua voce, sovraccaricava il lirismo felliniano.
Iscriviti a:
Post (Atom)