di Corrado Alvaro
Si
cerca un soggetto cinematografico e sono
state chiamato anch’io. Chissà; può darsi ch’io abbia qualche idea. Si pensa
che basti un’idea e si dimentica che nel cinema come in tutte le arti le idee
in circolazione sono anche troppe. Il fatto più importante é di menare a buon
porto queste idee, e cioè l’arte stessa.
L’atmosfera in cui nasce un film é sempre bella.
Stanno tutti ad ascoltare e molto dipende dal fatto che chi narra a voce sia un
buon narratore nel senso cinematografico. Aria di festa, di vigilia. Cominciano
già a mostrarsi alcune persone che aspettano la nascita del
film, attori e attrici. Fanno qualche raccomandazione; se possono; altrimenti
tendono l’orecchio e cercano di carpire una frase, un gesto, uno sviluppo. Ogni
creazione ha la sua felicità, e il piacere di chi
scrive un film consiste nel vedere come il personaggio di cui ha narrato
comincia a prendere consistenza, e come già ognuno degli ascoltatori lo vede,
lo porla in sé, gli suggerisce una frase, un atteggiamento. E allora il film è di tutti.
Ho commesso un’imprudenza. Mi pareva una buona idea:
mettere in iscena la favola di Amore e Psiche come la racconta Apuleio. Uno
degli astanti salta su a dire: “E chi
farebbe Venere, la dea Venere? ». Io penso che basterebbe una bella e garbata e
prospera signora, gelosa degli amori del figliolo, che teme di diventar nonna e
di sembrare perciò vecchia. Figurarsi se un pittore dei nostri grandi si fosse
preoccupato di non trovare un modello per una Venere. “La favola, dico io, è
una favola borghese di stile antico e può dare un bellissimo appiglio per un
film familiare romano, dopo tanta romanità illustre e pubblica». No, non va. Sostengo
che a ogni mode sia meglio cavare un dramma o una commedia da qualche scrittore
antico o nuovo, poiché nella creazione
dello scrittore c’è una necessità un’ispirazione e una visione del mondo ben radicata in una tradizione che preme sempre sullo
stesso punto. ll poeta cinematografico non è ancora nato, e il cinema di tutto
il mondo si giova della letteratura come della sola che possa offrire schemi di
significato universale. Per quanto cotesto schema si trasformi nella tecnica
del film, serbrerà sempre una sua armonia e una forza.
I professionisti del cinema, tra noi, chiamano “ letterati
» gli scrittori, e questa vuol essere una parola spregiativa. Alcuni professionisti
del cinema sono letterati falliti, o gente che ai suoi inizi si volse alla letteratura,
aspirò alla poesia. Ora, non c’è niente di peggio dello scrittore che non arriva
al fondo della sua parabola, poiché nascere con questa vocazione è un segno che
non si cancella, cui bisogna obbedire sino in fondo, a rischio di rompersi la testa.
Se qualcuno di questi transfughi capisce qualcosa del cinema lo deve alla sua
iniziazione letteraria; e molte belle cose si capirebbero meglio con un poco di
letteratura e di cultura. Ma essi crollano il capo, si guardano, mormorano: a ”Letterati».
Accade che il direttore artistico da noi sia spesso
troppo ignorante come letterato e come tecnico; perciò quasi sempre il pregio
maggiore dei nostri film è la fotografia. Basterebbe a cotesto lavoro il
semplice e
onesto operatore. E del resto un tempo da noi si
faceva così. Poi il cinema grandeggiò, divenne un'arte, la conoscenza meccanica
non bastò più. Si nota tuttora come non basti. Lo stato presente della
cinematografia italiana è lo specchio di tale condizione. Manon un artista, un
“letterato” che si serva, per esprimersi, del linguaggio cinematografico, e non
che faccia del linguaggio cinematografico una semplice questione di tecnica. Le
tecniche in sé sono appena un presupposto, in tutte le arti. L’esatta
osservazione realistica che fa i gradi film è un prodotto dell’ispirazione, e
di natura letteraria.
(continua)
(Da “Scenario “, Marzo XV).
BIANCO E NERO Anno I –
N. 3 – 31 Marzo 1937 - XV