Ogni arte, e ogni nuovo atteggiamento umano che proviene dalla finzione
artistica, agiscono sul principio con una violenza estrema. Come il gusto
dell’Opera nell’Ottocento improntò di sé grandi e piccoli drammi umani e
penetrò le tecniche delle altre arti e la moda e il linguaggio e la concezione
intera della vita, al punto che noi non possiamo pensare a quel secolo se non
sotto l’influsso del melodramma, del grande gesto, dell’eloquente, del
declamativo, così non possiamo definire il nostro tempo se non sotto l’influsso
delle arti meccaniche. Anche all’apparire di queste vi fu un eccesso, una
rivoluzione del costume: sembrò che la vita si atteggiasse a cinema, e l’ideale
della bellezza virile e femminile e la moda e gli atteggiamenti e il linguaggio
e l’arredamento e lo sport. Bisognò abituarsi a questa nuova estetica: tutto
per alcuni anni è stato cinematografo, anche negli invasamenti dei letterati.
Arte fatta di atteggiamenti e di gesti, foggiò un’umanità di gesti e di atteggiamenti. Parlo qui delle
grandi masse umane. Di dove proverrebbe, diversamente, lo spettacolo che
offrono alcune spiagge estive o alcuni campi di sport invernali dove il mare e
la neve hanno soltanto un valore di sfondo, di ambiente, di scena, mentre
l’importante è di trovarsi come in una rappresentazione,farsi fotografare in
costume come in un travestimento, assumere delle pose e vivere nella finzione
di queste pose.
Il cinema ha dato all’uomo un senso nuovo: di agire come in una
finzione e di vedersi agire. Allo stesso insegnamento del cinema s’ispirano
alcuni fatti di cronaca che si leggono nei giornali: ognuno dei protagonisti
del piccolo dramma o della piccola commedia quotidiana recitano una parte che
ricorda il film di ieri: Gli stessi cronisti hanno imparato a scrivere col
movimento dei film. E’ avvenuta una unificazione di costume. A mano a mano che
il cinema conquista nuovi popoli vi porta un diverso orientamento della vita;
tanto che per alcuni paesi di colore si sceglie la produzione cinematografica
che dia la migliore immagine della razza bianca, contagioso com’è l’esempio e
il modello di quell’arte. All’apparire di alcuni film polizieschi presso alcuni
popoli primitivi, sono accaduti delitti reali ispirati alla finzione
cinematografica.
E poi: legioni di ragazze si somigliano da quando hanno per modello le
eroine del cinema. L’ultimo colpo alla civiltà di masse, come si chiama
comunemente la nostra, lo ha dato la radio che rende il mondo d’ora in ora
partecipe degli avvenimenti più lontani nell’istante in cui si svolgono, come a
dilemmi che toccano la vita di tutti e che tutti finiscono con l’ingegnarsi a
risolvere. Molta della calma antica proveniva dal fatto che dei drammi agitanti
la storia quotidiana l’eco arrivava quando il fatto era già al suo epilogo.
Il cinema agirebbe dunque come livellatore e insieme come corrosivo del
carattere e della personalità; nello stesso tempo offre alle folle ignare un
modello universale come nessun altr’ arte fu capace, né l’Opera dell’Ottocento
né la pittura del Rinascimento- Il fatto è che i modelli proposti da questi due
secoli nelle loro arti furono ardui, indicavano qualcosa di eroico; mentre
quest’arte nuova nella sua espressione più comune offre quasi un galateo della
vita quotidiana. Ciò che non sarebbe poco. Per identificarsi a un eroe del
Cinquecento o dell’Ottocento occorreva un’aspirazione d’una certa misura,
spesso più grande dell’uomo. L’eroe che ci offre il cinema, ha detto un attore
americano, è un bravo ragazzo che chiacchiera, sorride, danza, abbraccia una
donna bella, passeggia negli ambienti più diversi, sotto la guida di un regista
e sotto la regola di uno scrittore d’un truccatore d’un operatore che vogliono
renderlo intelligente e affascinante. Per questo i film realistici sono
destinati al più sicuro insuccesso, almeno fino a quando durerà l’influsso del
cinema americano.
Bisogna consumare questa nuova estetica del costume sociale come si
consumano tutti i nuovi atteggiamenti creati dalle arti, poiché sono sempre le
arti a determinare gli atteggiamenti umani di fronte alla realtà: Il cinema
arriverà alle sue ultime conseguenze e al suo estremo sviluppo. Se seguiterà
quale è oggi comunemente, cioè un gioco convenzionale, decadrà come è destino
di ogni arte convenzionale. Se affronterà la realtà come ogni altra grande e
vera arte, sarà forse meno popolare: e non si può immaginare una così complessa
e costosa industria messa a servizio di pochi. Mi sembra ora che un certo
cinismo nella vita e nel costume provengano dal cinema, e precisamente dalla
sua leggerezza nel trattare le passioni umane. Sempre, quando l’arte fu un
gioco sentimentale, la realtà fu cruda e cinica. Poiché l’uomo crede speso di
aver pagato il suo tributo ai buoni sentimenti prendendone solo
l’atteggiamento. E il cinema ha la virtù di dare a ciascuno degli spettatori
l’illusione di essere lui il facile eroe che agisce sullo schermo, appunto
perché s’è sviluppato in un paese di differenze sociali profondissime, in
America, e noi lo abbiamo accolto e imitato tale e quale.
Il cinema sarebbe al punto cui era l’Arcadia prima della grande fiammata
romantica. Convenzione, maniera. L’arte dell’Arcadia “ si presentava come
contrasto tra l’onore e l’amore, la città e la villa, tra le leggi sociali e le
leggi della natura. Naturalmente è la natura che vince … L’ideale poetico,
posto fuori della società, rivelava una vita sociale prosaica, vuota di ogni
idealità “. Sembra una definizione del cinema (ed è Francesco De Santis che
parla dell’arte del Seicento); del cinema quale è stato codificato, regolato,
imposto dall’industria americana e come è perpetuato dai tre quarti
dell’Europa. Ma ancora il cinema non ha dato fondo alle sue possibilità
tecniche. Verrà il colore dopo il parlato. Poi verrà il rilievo. Al termine del
suo progresso non gli rimarrà che diventare un fatto poetico e umano.
CORRADO ALVARO, 1937