Tratto dal romanzo omonimo di
Nicola Misasi fu diretto da Raffaello Matarazzo nel 1952. E’ la storia del tenente
Giorgio Biserta, che incaricato di combattere il brigantaggio in Calabria, in
casa dei conti di Monserrato, ingravida
una sconosciuta, che in realtà è la contessa Elisa. Dopo cinque anni il
tenente ritorna in terra calabra con la speranza di ritrovare la donna.
Amore, Mistero, Passione, Lacrime; come quasi tutti i film di questo
genere fu girato a San Giovanni in Fiore.
Il tutto per mezzo di Massimo Girotti, Milly Vitale,
Gualtiero Tumiati, Aldo De Benedetti , Carlo Montuori,Piero Filippone, Mario
Serandrei e dulcis in … Ponti De Laurentiis
Praticamente è invisibile se non in qualche foto o locandina
“Our idea of New York was based on movies like Once Upon A
Time In America, which we were obsessed with,” explains MacGowan. “We borrowed
a lot from the soundtrack of that film.
“We were listening to so much other stuff. We
were watching for example, the movie Once Upon a Time in America. It was a
great band favourite and it had, as with most Sergio Leone movies, a great
soundtrack by Ennio Morricone.
“There were elements of that music
that we felt we wanted to explore and it influenced the beginning, the ballad
part of Fairytale of
New York, the sort of
crooner section.
“What we essentially did was we wrote a
sort of drunk version of an Ennio Morricone thing.”
“We used to watch Once Upon A Time In America on a loop when we were on tour. That must have had some kind of effect somewhere.
“ We left immediately, to go to a certain bar in Manhattan
which Harry Grey had mentioned. I don’t remember the name of it. lt was near
the New Calvary Cemetery, just off Greenpoint Avenue . . . The bar, it was dark
and sordid - of course, just as yould expect. Furtive creatutes were sitting at
little tables in the shadows, whispering strange secrets to one another. A
couple of prostitutes, with long stiletto boots of red plastic and aquamarine
wigs. l couldn't tell if they were white or black. The barman was fat, but
seemed benign and of uncertain sexual orientation. He was silently moving back
and forth, behind the marble shelf, like a wind-up gnome. He was exactly in the
mould of Fat Moe in Once Upon a Time in America. And this place - relaxing and
secretive at the same time - was maybe the model for the 1968 version of Fat
Moe's bar. The sequence where Noodles, after forty years' absence, comes back
to New York and calls Fat Moe from a telephone kiosk in front of his bar - that
was exactly like how we met Harry Grey. We sat next to a window, under a big
neon advertisement for Coca- Cola . He arrived after a few minutes, as dead on
time as a quartz watch. He waited a few moments, at the entrance, nodded
“hello” to the barman and made a beeline in our direction. He was short and
thick-set, with a bull neck, a very smooth face and the rosy cornplexiun of a
child, and he wore a hat which was already out of fashion when Claudette
Colbert was young. Grey looked something like Edward G. Robinson, yet he was
over seventy by some distance. We shook hands. He sat down and ordered a
Whisky, which he never actually drank. He studied it, coolly, for some time.
Maybe he had cholesterol problems and ordered the drink only for appearances'
sake - as is sometimes the custom in America. Where appeararices play such a
big part. He was a man of very few words. Yes, no, maybe. He had the vocabulary
of a Dashiell Harnmett gangster, speaking only about essentials. And acting for
an invisible public “.
Sergio Leone in Something to do with Death by Christopher Frayling
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “
Storia di pulsioni e di sangue, di libido e di morte, Vampyr,
attraverso,una trama dai molteplici centri, riconduce il motivo del vampirismo
alla dimensione labirintica del sogno e rende visibile la dinamica
dell'inconscio. Del resto, lo statuto oggettivo del reale è messo radicalmente
in discussione dalle peregrinazioni di David Gray, dal suo trovarsi in mezzo a
cose e ambienti dotati di valenze indecifrabili o aperti a significazioni minacciose,
oscure. Nel perimetro onirico, infatti, i dati risultano sovvertiti. Anche l”insegna di una locanda o una stampa contengono
premonizioni, allusioni, taciti richiami. Tutto diviene fluido, impreciso. Vampyr propone una discesa nelle
stratificazioni dell’inconscio. Vuole, insomma, essere scrittura che si esprime
nel linguaggio dell’altro, e
presentarsi inequivocabilmente come finzione. Un flusso narrativo omogeneo
organizza contemporaneamente il gioco polivalente degli attanti (i personaggi,
gli oggetti) e la danza delle ombre (si vedano, durante l'esplorazione di David
Gray nella fabbrica abbandonata, le silhouette:
dei ballerini in costume e dell’orchestrina proiettate in rapida successione su
una parete bianca), rinviando apertamente all'irrealtà delle epouvante e richiamando la definizione
del cinema come territorio del fantastico. Ma Vampyr si configura come finzione anche perché, lasciando parlare
l’altro, o meglio utilizzandone il
linguaggio, è già scrittura, organizzazione di segni in un sistema
trascendente.
Pier Giorgio Tone, Carl
Theodor Dreyer, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, 1978
Se
a suo tempo passò come una commediola con risvolti sociali, oggi La cuccagna (1962) di Luciano Salce si è
trasformata come il ritratto di un’epoca: quella del successo economico e delle
fiduciose speranze. Basato su un soggetto di Luciano Vincenzoni e Alberto
Bevilacqua il film vuole essere ancor di più un reportage sulla condizione
giovanile agli inizi degli anni sessanta. Di già, sempre Salce, con La voglia matta (1962), si era
soffermato sul mondo dei rampolli frutto della borghesia; questa volta indugia
sul ceto medio - basso, quello che vive nei grandi caseggiati sorti sulle
macerie dell’ultima guerra mondiale. Il soggetto e il conseguente trattamento
fanno sorgere gli accostamenti più disparati: la presenza di Vincenzoni non può
che rimandare ad alcuni lavori di Pietro Germi realizzati in quel periodo; lo
sguardo sui due protagonisti rimanda a Robert Bresson. A questo proposito siamo
coscienti di essere in torto, ma che volete farci, è colpa del cinema, e a chi
lo frequenta assiduamente è permesso di tutto e di più nei suoi confronti. E il
web concede di andare oltre il Fofi o il Brunetta sulla scrivania.
Sconfinando...
Col
senno di poi possiamo azzardare l’idea che alla base del suicidio di Luigi
Tenco vi è questa sua unica, garbata, prova da attore. Ma quello che più ci sta
a cuore, ed i rimandi costruiscono un
labirinto, sono le note o meglio le sonorizzazioni del Maestro, giovane
e provocante. Ogni piccolo suono che esce dalla pista sonora de La cuccagna è un richiamo ai suoi lavori
futuri, appresso ai registi che gli hanno consentito la presente celebrità, da
Alberto De Martino a Quentin Tarantino. E ora sentiamo la mancanza di Nigel con
cui ci si poteva sfidare a riconoscere,
in queste note, più titoli di film.
Silent film, Godard suggests, was materialist. Each actor had his own image. Only with the advent of the talkies did actors begin to "talk" alike. Silent film stars thought, “I am film, therefore I think." Stars of the talkies reversed the proposition: "I think that I am an actor, therefore I am filmed “
Il film muto , Godard docet , era materialista. Ogni attore aveva la sua propria immagine . Solo con l'avvento del sonoro gli attori hanno iniziano a " parlare ". Le stelle del cinema muto pensano: " Io sono il film, quindi io penso “. Le stelle del sonoro hanno invertito la proposizione: " Penso che io sono un attore , quindi sono filmato ".
Film come A Suon di Lupara e Gente d’Onore, ambedue del 1967,
venivano proiettati come supporto alla prima pellicola in programma nei cinema
di penultima visione. Erano sale non per forza rionali, spesso avevano sede
anche nel centro urbano come l’Orfeo
in via Nino Bixio o l’ Astra in via
Pasquale Calapso; sale rionali lo erano l’Orientale
a Camaro, l’Astoria al villaggio
Santo , il Cariddi al Faro. Tutte, tranne l'Orfeo,ora Capitol, sono HD: hard non high,discount non definition. Ciò non toglie che ad
ascoltare le voci dei doppiatori, i suoni riprodotti artificialmente in studio,
le musiche di Benedetto Ghiglia o Lallo Gori, si è riportati indietro nel
tempo, in quelle sale appestate dal fumo di sigaretta, ammorbate dagli sputi
per terra. Il fascio di luce che proveniva dalla cabina di proiezione andando a
sbattere sullo schermo faceva estraniare il più schifiltoso tra i presenti nel
locale. In quei tempi adolescenziali non si era esigenti in fatto di trama
quanto dalle azioni e il film veniva giudicato bello o brutto in base alla sua
scorrevolezza. Oggi … Il film di Luigi Petrini parte bene e si ingarbuglia
nelle idiozie. Quello di Folco Lulli vorrebbe essere, ma non è, un Bud
Boetticher d’annata.