Ero già stato qualche volta a Catania con Ubaldo per il Don Orione, con Parlagreco misi piede più frequentemente. A quei tempi Gianni girava con una Lancia Fulvia coupé verdolina, ed era la macchina che in quei tempi mi piaceva di più, quel coupé, per me, era lui, lo caratterizzava, nel senso che ne veniva fuori un personaggio borgataro come quelli dei film romani di Pasolini, del resto lui era di Camaro e i cammaroti lo ritenevano uno di loro, anche se aveva sposato una ragazza che veniva da fuori.
In via De Felice c’erano tutte le case di distribuzione cinematografica sia a carattere nazionale che regionale ed era lì che si faceva la programmazione dei cinema col conseguente noleggio.
Dapprima l’apparizione del leone della Metro, della volpe del Ventesimo secolo, del Titano o degli Artisti associati era come un biglietto da visita per il film che andavo a vedere, a volte anche una garanzia, ma entrare dentro l’ufficio delle case cinematografiche era quasi come andare a spiare dentro una famiglia.
Via De Felice era come via Condotti o come via Montenapoleone e quella prima volta che misi piede seriamente con Gianni feci un indigesto di cinema non sapendo dove indirizzare gli occhi al richiamo e all’incanto di tutti quei manifesti con volti di attori o scene dei film pubblicizzati e l’incanto era doppio perché al film che ancora doveva arrivare nelle sale di prima visione si aggiungeva il film già datato: Barry Lyndon mescolato con Sentieri Selvaggi e Ultimo Tango.
Di colpo ammutolii quando entrammo dentro l’ufficio dell’Euro International Film, la casa degli ultimi western di Leone, ma anche di Pasolini, Elio Petri, Lina Wertmuller e molti altri.