Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
lunedì 29 settembre 2014
domenica 28 settembre 2014
Dal Bruzio con amore
Ricordo di Vincenzo Talarico (1909 - 1972), attore caratterista e sceneggiatore
giovedì 25 settembre 2014
Sierra de Teruel
Oggi
al Circolo di Cultura Cinematografica " Yasujiro Ozu "
Secondo Denis Marion (
Écranfrançais” n. 1) “s'incominciò a girar il film nel giugno 1938, a
Barcellona, in uno dei tre teatri di posa esistenti nella città”, ma con poco o
nulla in fatto di materiale e attrezzature. “ Molti esterni furono girati sui
campi d'aviazione, tra un bombardamento e l'altro. Per la prima volta nella
storia del cinema, alcune scene furono riprese nell'interno d'un bombardiere,
la discesa dalla montagna fu girata nella Sierra di Teruel con 2500 reclute non
ancora equipaggiate. Nel gennaio 1939, quando le truppe di Franco entrarono in
Barcellona, il film non era ancora finito”. Il film ha conservato un solo
episodio del romanzo “La Speranza": e cioè l’incursione sul campo
d'aviazione franchista. Il punto centrale dell'opera, il corteo che scende
dalla Sierra portando i morti e i feriti, fu ispirato all'autore da un episodio
cui aveva personalmente assistito. Splendide le scene dei combattimenti di
strada, della colletta nel villaggio, del contadino che guida i bombardieri
senza riconoscere dall’alto i paesaggi familiari. Nel 90 per cento del film,
interpretato in piena
guerra civile da combattenti che ricostruivano quanto avevano vissuto, si sente
il vero soffio della rivoluzione spagnola, che annuncia le battaglie
antifasciste della seconda guerra mondiale. Le parti più discutibili sono i
dialoghi degli aviatori che si chiedono reciprocamente le ragioni per cui
combattono. Quando il film fu presentato al grande pubblico, un critico
svizzero scrisse: “Il mondo s'è messo a rassomigliare ai romanzi di André
Malraux”. Ma, dopo il 1945, l'autore smise di scrivere romanzi. È stato
giustamente osservato che il film anticipa nello stile, la regia di Rossellini,
di qualche anno posteriori.
Questo è quanto afferma il Sadoul ma noi possiamo aggiungere
che il bel André è tenacemente legato alla sua prima vocazione, o meglio la
seconda, essendo la prima l’avventura, cioè scrivere e forse un poco ne
risente. Sebbene ciò, l’opera conserva una sua valenza storica. Attraverso
immagini scarne abbiamo visione di un paesaggio ancora allo stato medievale, catturato per la maggior parte nella regione
della Catalogna. Mentre le scene di guerriglia urbana ci fanno andare con la
mente a certe pagine della Condizione.
According to Denis Marion (
Écranfrançais "n . 1)" began to be shooting the film in June 1938 ,
in Barcelona, in one of the three studios that exist in the city, " but with
little or nothing in terms of material and equipment. "Many were shot
outside on the airfield , including a bombing and the other . For
the first time in the history of cinema, some scenes were shot inside of a
bomber , the descent from the mountain was filmed in the Sierra de Teruel 2500
recruits are not yet equipped . In January 1939, when Franco's troops entered
Barcelona, the movie was not finished yet . " The film has retained a single
episode of the novel " The Hope" : namely, the raid on the airfield nationalist
. The central point of the work, which descends from the Sierra procession carrying the dead and wounded , was inspired to author from an
episode where he had personally witnessed. Wonderful scenes of street fighting
, the collection in the village , the farmer who guide the bombers without
recognizing the familiar landscapes from above . in 90 percent of the film ,
played in full civil war combatants that rebuilding what they had lived , he
feels the true breath of the Spanish Revolution , announces that the
anti-fascist battles of World War II . most controversial parts are the
dialogues of the airmen who wonder why they fight each other . When the film
was presented to the general public, a Swiss critic wrote : "The world has
taken to resemble the novels of André Malraux ." But , after 1945 , the
author stopped writing novels. It has been rightly observed that the film
anticipates the style , directed by Rossellini, a few years back . So says the
Sadoul but we may add that the lovely André is tenaciously attached to his
first vocation , or rather the second , being the first adventure, that is to
write and maybe a little affected. Although this , the work retains its
historical value . Through skinny pictures we have a vision of a landscape
still in the Middle Ages , captured mostly in the region of Catalonia. While
the scenes of urban warfare make us go with the mind to certain pages of Condition
So long
Top 20:The Best Very, Very Long Films
By Film Comment
1. The Mother and the Whore Jean Eustache (217 minutes)
2. Sátántangó Béla Tarr (450)
3. Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles Chantal Akerman (201)
4. A Brighter Summer Day Edward Yang (237)
5. Barry Lyndon Stanley Kubrick (184)
6. Dr. Mabuse, The Gambler Fritz Lang (restored version, 297)
7. Edvard Munch Peter Watkins (210)
8. Andrei Rublev Andrei Tarkovsky (205)
9. The Godfather: Part II Francis Ford Coppola (200)
10. Once Upon a Time in America Sergio Leone (229)
11. Histoire(s) du cinéma Jean-Luc Godard (266)
12. Céline and Julie Go Boating Jacques Rivette (192)
13. Out 1 noli me tangere Jacques Rivette (729)
14. Greed Erich von Stroheim (restored version, 239)
15. Chelsea Girls Andy Warhol (210)
16. Fanny and Alexander Ingmar Bergman (188)
17. L’Amour fou Jacques Rivette (252)
18. La Région centrale Michael Snow (180)
19. Grin Without a Cat Chris Marker (240)
20. La Commune (Paris, 1871) Peter Watkins (345)
L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20-expanded-to-40-b-the-best-very-very-long-films
mercoledì 24 settembre 2014
La bicicletta, l'attacchino, il bambino
Neorealista, Ladri di biciclette
lo è secondo tutti i principi che si possono ricavare dai migliori film
italiani da 1946 ad ora. Intrigo “ popolare “ e addirittura populista: un
incidente della vita quotidiana di un lavoratore: E non uno di quegli
avvenimenti straordinari come quelli che succedono agli operai predestinati
alla Gabin. Niente delitto passionale o enorme coincidenza poliziesca, che non
fanno che trasporre nell’esotismo proletario le grandi dispute tragiche
riservate un tempo ai familiari dell’Olimpo. Un incidente davvero insignificante,
banale persino: un operaio passa tutto il giorno a ricercare a Roma la
bicicletta che gli hanno rubato. Questa bicicletta era diventata il suo
strumento di lavoro e, se non la trova, tornerà senza dubbio ad essere
disoccupato. La sera, dopo ore di corse inutili, cerca anche lui di rubare una
bicicletta, ma viene preso, e poi lasciato andare, e si ritrova altrettanto
povero, con solo, in più, la vergogna di
essersi abbassato al livello di un ladro.
L’avvenimento non possiede in se stesso alcuna valenza drammatica
propria. Prende senso solo in funzione della congiuntura sociale (e non
psicologica o estetica) della vittima. Non sarebbe che una banale disavventura
senza lo spettro della disoccupazione che lo situa nella società italiana del
1948. Ugualmente, la scelta della bicicletta come oggetto chiave del dramma è
caratteristica sia dei costumi urbani italiani sia di un’epoca in cui i mezzi
di trasporto meccanici sono ancora rari e onerosi.
La tecnica della regia soddisfa, anch’essa, alle più rigorose esigenze
del neorealismo italiano. Neppure una scena in teatro di posa. Tutto è stato
realizzato per la strada. Quanto agli interpreti, non uno di loro aveva la
minima esperienza di teatro o di cinema.
L’operaio esce dalla Breda, il bambino è stato scoperto per strada fra
gli sfaccendati, la donna è una giornalista.
Se Ladri di biciclette è un puro capolavoro paragonabile per il rigore
a Paisà, è per un certo numero di
ragioni ben precise che non appaiono mai nel semplice riassunto della storia e neppure
nell’esposizione superficiale della tecnica di regia.
La sceneggiatura è innanzitutto di un’abilità diabolica, poiché regola,
a partire dall’alibi dell’attualità sociale, più sistemi di coordinate
drammatiche che la puntellano in tutti i
sensi. Ladri di biciclette è
certamente da dieci anni ad oggi il solo film comunista valido, appunto perché
conserva un senso anche se si astrae dal suo significato sociale. Il suo
messaggio sociale non viene esposto, resta immanente all’avvenimento, ma è
chiaro che nessuno può ignorare e ancor
meno ricusarlo poiché non è mai esplicito come messaggio. La tesi implicata è
di una meravigliosa e atroce semplicità: nel mondo in cui vive questo operaio,
i poveri, per sussistere, devono rubarsi
fra di loro.
Il film si guarda dal barare con la realtà, non solo combinando la
successione dei fatti in una cronologia accidentale e come aneddotica, ma trattando ognuno di
essi nella sua integrità fenomenica. Che
il bambino nel bel mezzo di un inseguimento, abbia bruscamente voglia di fare
pipì: fa pipì. Che un acquazzone
costringa padre e figlio a rifugiarsi in un portone, ecco che dobbiamo, come
loro, rinunciare all’inchiesta per attendere la fine del temporale. Gli
avvenimenti non sono nella loro essenza segni di qualcosa, di una verità che
dovremmo convincerci; essi conservano tutto il loro peso, tutta la loro
singolarità, tutta la loro ambiguità di fatto.
In questa disavventura privata l’attacchino è altrettanto solo (a parte
i colleghi, che però sono una faccenda privata) al sindacato che in chiesa. Ma
questa similitudine è una suprema abilità, poiché fa scoppiare un contrasto.
L’indifferenza del sindacato è normale e giustificata, poiché i sindacati
lavorano per la giustizia e non per la carità. Ma il paternalismo invadente dei
“ quaccheri “ cattolici è intollerabile, poiché la loro “ carità “ è cieca di
fronte a questa tragedia individuale, senza fare nulla per cambiare veramente
il mondo che è in causa. La scena più riuscita da questo punto di vista è
quella del temporale sotto gli archi, quando uno stormo di seminaristi
austriaci capita attorno all’operaio a a suo figlio. Non abbiamo alcuna ragione
valida di rimproverar loro di essere tanto ciarlieri, e per di più, di parlare
tedesco. Ma era difficile creare una situazione oggettivamente più anticlericale.
Come si vede – e potrei trovare altri venti esempi – gli avvenimenti e
gli esseri non sono mai sollecitati nel senso di una tesi sociale. Ma la tesi
ne esce tutta agguerrita e tanto più irrefutabile in quanto non ci viene data
in sovrappiù. E’ il nostro spirito a ricavarla e costruirla, non il film. De
Sica vince ogni volta sul tableau in cui … non ha puntato.
Questa tecnica non è affatto nuova nei film italiani e abbiamo
insistito a lungo sul suo valore, a proposito di Paisà e, più di recente, di Germania anno zero, ma questi due
ultimi film si rifacevano ai temi della Resistenza e della guerra. Ladri di biciclette è il primo esempio
decisivo della conversione possibile di questo “ oggettivismo “ a soggetti
interscambiabili. De Sica e Zavattini hanno fatto passare il neorealismo della
Resistenza alla Rivoluzione.
Cosi la tesi del film si eclissa dietro una realtà sociale
perfettamente oggettiva, ma questa, a sua volta, passa in secondo piano
rispetto al dramma morale e psicologico che basterebbe da solo a giustificare
il film. La trovata del bambino è un colpo di genio di cui non si sa se è in
ultima analisi di sceneggiatura o di regia. E’ il bambino a dare all’avventura
dell’operaio la sua dimensione etica e a scavare una prospettiva morale
individuale in questo dramma che potrebbe essere solo sociale. Toglietelo e la
storia resta sostanzialmente identica; la prova: la riassumereste nella stessa
maniera. Il bambino si limita infatti a seguire il padre trotterellandogli accanto.
Ma è il testimone intimo, il coro particolare legato alla sua tragedia. E’
supremamente abile aver quasi evitato il ruolo della donna per incarnare il
carattere privato del dramma nel bambino. La complicità che si stabilisce tra
il padre e il figlio è di una sottigliezza che penetra fino alle radici della
vita morale. E’ l’ammirazione che il bambino in quanto tale ha per il padre e
la coscienza che questi ne ha a conferire al finale del film la sua grandezza
tragica. La vergogna sociale dell’operaio smascherato e schiaffeggiato in mezzo
alla strada non è niente di fronte a quella di aver avuto il figlio testimone.
Quando gli viene la tentazione di rubare la bicicletta, la presenza silenziosa
del bambino che indovina il pensiero del padre è di una crudeltà quasi oscena.
Se tenta di sbarazzarsene mandandolo a prendere il tram, è come quando si dice
al bambino, negli appartamenti troppo piccoli, di andare ad aspettare un’ora
sul pianerottolo. Bisogna riandare ai migliori film di Charlot per trovare
situazioni di una profondità più sconvolgente nella concisione. Si è spesso mal
interpretato a questo proposito il gesto finale del bambino che ridà la mano al
padre. Sarebbe indegno del film vedervi una concessione alla sensibilità del
pubblico. Se De Sica offre questa soddisfazione agli spettatori è perché essa è
nella logica del dramma. Quest’avventura segnerà una tappa decisiva nelle
relazioni fra il padre e bambino, qualcosa come una pubertà. L’uomo, fino a
quel momento, era un dio per suo figlio; i loro rapporti sono sotto il segno
dell’ammirazione. Il gesto del padre li ha compromessi. Le lacrime che versa
camminando fianco a fianco, le braccia penzoloni, sono la disperazione di un
paradiso perduto. Ma il bambino torna al padre attraverso la sua decadenza, lo
amerà adesso come un uomo, con la sua vergogna. La mano che fa scivolare nella
sua non è il segno né del perdono né di una consolazione puerile, ma il gesto
più grave che possa segnare i rapporti fra un padre e un figlio: quello che li
fa uguali.
Sarebbe senza dubbio lungo enumerare soltanto le molteplici funzioni
secondarie del bambino nel film, sia per ciò che riguarda la costruzione della
storia che la stessa messa in scena. Bisogna tuttavia far notare almeno il
cambiamento di tono (quasi nel senso musicale del termine) che la sua presenza
introduce a metà del film. Il bighellonare fra il bambino e l’operaio ci
riporta infatti dal piano sociale ed economico a quello della vita privata, e
il falso annegamento del ragazzino, facendo di colpo prendere coscienza al
padre della relativa insignificanza della sua disavventura, crea, nel cuore
della storia, una sorta di oasi drammatica (la scena della trattoria), oasi
naturalmente illusoria, dato che la realtà di questa felicità intima dipende in
definitiva da questa famosa bicicletta. Così il bambino costituisce una sorta
di riserva drammatica che, a seconda dei casi, serve da contrappunto, da
accompagnamento o passa al contrario al primo piano melodico. Questa funzione
interna alla storia è del resto perfettamente sensibile nell’orchestrazione
della camminata del bambino e dell’uomo. De Sica, prima di decidersi per questo
bambino, non gli ha fatto fare delle prove di recitazione, ma solo di
camminata,. Voleva, accanto alla camminata da lupo dell’uomo, il trotterellare
del bambino, essendo l’armonia di questo disaccordo di per sé di una importanza
capitale per l’intelligenza di tutta la messa in scena. Non sarebbe esagerato
dire che Ladri di biciclette è la
storia della camminata per le strade di Roma di un padre e di suo figlio. Che
il bambino stia davanti, dietro, a fianco o, al contrario, come nel broncio
dopo lo schiaffo, a una distanza vendicativa, il fatto non è mai
insignificante. E’ al contrario la fenomenologia della storia.
E’ difficile immaginare data questa riuscita della coppia dell’operaio
e del figlio che De Sica potesse ricorrere a degli attori conosciuti.
Certo, gli italiani sono, con i russi, il popolo più naturalmente
teatrale. Un qualsiasi ragazzino di strada vale un Jackie Coogan e la vita
quotidiana è una perpetua commedia dell’arte; ma mi sembra difficilmente
verosimile che questi doni di commedianti siano ugualmente divisi fra i
milanesi, i napoletani, e i contadini del Po o i pescatori siciliani. Oltre
alle differenze di razza, i contrasti storici, linguistici, economici e sociali
basterebbero a compromettere questa tesi, se si volesse attribuire alle sole
qualità etniche la naturalezza degli interpreti italiani. E’ inconcepibile che
film così diversi per soggetto, tono, stile, tecnica come Paisà, Ladri di biciclette, La terra trema e persino Cielo sulla palude abbiano in comune
questa qualità suprema dell’interpretazione. Si potrebbe ancora ammettere che
l’Italia delle città sia più particolarmente dotata per questo istrionismo
spontaneo, ma i contadini di Cielo sulla
palude sono dei veri uomini delle caverne in confronto agli abitanti di Farrebique. La sola evocazione del film
di Rouquier a proposito di quello di Genina basta a relegare – almeno da questo
punto di vista – l’esperienza del francese al livello di un toccante tentativo
dilettantesco. La metà del dialogo di Farrebique
è detta fuori campo perché non si poteva impedire ai contadini di ridere
durante le battute un po’ lunghe. Genina in Cielo
sulla palude , Visconti in La terra
trema manovrano decine di contadini o di pescatori, affidando loro ruoli di
una complessità psicologica estrema, facendo dire loro testi lunghissimi nel
corso di scene in cui la macchina da presa scruta i visi in maniera altrettanto
impietosa che in un teatro di posa americano.
De Sica ha cercato molto a ungo i suoi interpreti e li ha sceti in
funzione di caratteri precisi. La naturale nobiltà, quella purezza popolare del
volto e del passo … Ha esitato mesi fra l’uno e l’altro, ha proceduto a
centinaia di provini prima di decidersi finalmente, in un secondo per intuito,
di fronte alla sagoma incontrata all’angolo di una strada. De Sica in cerca di
un produttore, aveva finito per trovarlo a condizione che il personaggio
dell’operaio fosse interpretato da Cary Grant. Basta porre il problema in
questi termini per farne apparire l’assurdità. Cary Grant, in effetti, è
eccellente in questo genere di ruoli, ma è chiaro che in questo caso non si
trattava appunto di interpretare un ruolo ma di cancellarne addirittura l’idea.
Era necessario che quest’operaio fosse insieme altrettanto perfetto, anonimo e
oggettivo della sua bicicletta.
Una tale concezione dell’attore non è meno “ artistica “ dell’altra.
L’interpretazione di quest’operaio implica tante doti fisiche, tanta intelligenza,
comprensione delle direttive del regista quanto quella di un attore consumato.
Il cinema italiano secondo André Bazin,
op. cit.
lunedì 22 settembre 2014
Il Cristo del Meridione*
Tra le opere filmiche del duo Felice D’Agostino/Arturo Lavorato la più
riuscita mi pare Il Canto dei Nuovi
Emigranti del 2005. Ricostruzione abbastanza originale della vita del poeta
Franco Costabile (1924 – 1965).
Cari registi non preoccupatevi,
non sto qui a ricostruirla anch’io. Dirò solo che in Costabile, come in Pier
Paolo Pasolini, la vita e l’opera poetica sono un tutt’uno. La fuga del padre,
la fuga della moglie con le sue due bambine, il pensiero e la morte della
madre, l’abbandono di Sambiase dapprima per Messina successivamente per Roma,
la solitudine, sono causa di una lacerazione che sfocerà nel suicidio; tutto
sarà riversato nella poesia che avrà come unico tema la Calabria, cantata come
lotta per la vita che costringerà molti all’emigrazione.
La ricostruzione è condotta recuperando materiali d’archivio e
interviste a quelli che più l’hanno frequentato o per meglio dire, ha
frequentato Costabile. Sostanziosa è, infine, la parte originale che spetta ai
registi con le immagini in DVCAM e, talvolta, recuperando la cinepresa e la
pellicola Super 8 (senza dubbio superiore).
Così la Calabria è vista lungo la linea ferroviaria Reggio – Roma,
attraverso il finestrino del treno in corsa, come per mezzo di landscapes,
carpite durante la giornata, che fissano una terra mitica stravolta da ciò che
chiamiamo progresso.
* tale lo definì il poeta Giorgio Caproni
* tale lo definì il poeta Giorgio Caproni
Among the film works of the duo Felice
D' Agostino / Arturo Lavorato the most successful I think The Song of the New
Immigrants of 2005 Reconstruction enough of the original life of the poet
Franco Costabile ( 1924-1965 ) .
Dear filmmakers do not worry , I'm
not here to rebuild it myself. I will only say that in Costabile , as in Pier
Paolo Pasolini 's life and poetry are one. The father's escape , the escape of
his wife and his two little girls , the thought and the death of his mother ,
the abandonment of Sambiase first to Messina later to Rome , loneliness, cause
a tear leading up to the suicide ; everything will be poured into the poetry
that will have the sole theme of Calabria , sung as the struggle for life that
will force many to emigrate .
The reconstruction is performed by
retrieving archival materials and interviews with those who have attended the
most or rather , he attended Costabile . Hearty , finally, is the original part
that belongs to the directors with the pictures in DVCAM , and sometimes
recovering the camera and the film Super 8 (no doubt higher). So Calabria is
seen along the railway line Reggio - Rome , through the window of the train,
such as by means of landscapes , snatched during the day, securing a mythical
land upset by what we call progress.
domenica 21 settembre 2014
Incomunicabili e critici
Michelangelo Antonioni
giovedì 18 settembre 2014
Li chiamavano prossimamente
Questo prossimamente è esemplare per il taglio/incolla delle immagini, i tempi e l'opera che vi svolge il " Maestro ", quando non pensava di doversi guadagnare il Paradiso.
This trailer is soon to cut / paste images , times and work of the "Maestro" when he did not think of having to earn heaven.
Lucifer at the movies
Gordon Willis ( looking at me) 1931 - 20014
“My maturity in films began with my
association with Gordon Willis.”
Woody Allen
Se c’è una persona a cui la città di Nuova
York deve dire grazie di tutto (è una frase che ricorre spesso in momenti del
genere) questi è Gordon Willis, cinematographer colto.
Gordon Willis è stato un fotografo unico
avendo circoscritto il suo lavoro di “ Lucifero “ quasi sempre ad un unico
territorio, ritrovandosi molto spesso a collaborare con gli stessi registi. Un
caso analogo lo possiamo riscontrare nel rapporto che hanno avuto Emilio “ El
Indio “ Fernandez e Gabriel Figueroa con sfondo il Messico.
Il suo inizio è dei più rimarchevoli: Il padrone di casa ( The
landlord, 1970) di Hal Ashby anche lui debuttante con quel film.
Segue l’incontro con Alan J. Pakula per Klute
opera famosa e pluripremiata. I due si ritroveranno sempre fino al 1997 con
L’ombra del diavolo, opera che segna
l’abbandono delle luci da parte di Willis. Si può dire che la maturità arriva
con Il Padrino (The Godfather, 1972) di Francesco Ford Coppola. Il risultato è di
prim’ordine dovendo cinematographer soddisfare le esigenze paranoiche del Coppola
nonché quelle di Marlon Brando, il cui trucco richiedeva un surplus di fatica
nel posare le luci. I Godfather saranno
tre, nel frattempo Willis ha la possibilità di ripercorrere la Sicilia ed il
messinese, tra Savoca, Forza d’Agrò e l’Alcantara (dove la fortuna ci permise
di incontrarlo). Per mezzo di Willis le scene ricostruite e girate in Sicilia,
specie nelle parti prima e seconda, sono delle pastorali assimilabili a nostro avviso alla sesta
sinfonia, “Pastorale“, di Ludovico Van Beethoven, alla tranquillità della
natura e all’arcaica vita dei campi fa da contrasto l’urto della violenza che
si scaglia sugli uomini. Woody Allen, basta la citazione posta ad epigrafe in
apertura, è il secondo che deve rendere i sacri ringraziamenti a Willis e se
con gli altri registi il lavoro era col e sul colore, con Woody. Gordon è
libero di illuminare per il bianco e nero. La parte esterna su New York viene
affrontata e restituita con una luce fredda e dark, a volte smagliante, su cui fanno
da sfondo le aperture chiare e grigie; citiamo solo Manhattan (1979) o Zelig
(1983).
Gordon Willis è stato un autodidatta, non
ha fatto l’operatore per nessuno, i suoi soli maestri furono i pittori
fiamminghi e, forse, … Il Conformista
(1970) di Bernardo Bertolucci e Vittorio Storaro. Ha aperto la strada ad un suo
operatore, Michael Chapman cinematographer di Taxi Driver (1976) e Toro
Scatenato (1980), il cui lavoro con le luci è per certi versi paragonabile
a quello del maestro.
If there is a person to whom the city of
New York has to say thank you for everything (it's a phrase that recurs often
in such moments ) this is Gordon Willis, cinematographer caught .
Gordon Willis was a photographer only by
restricting his work as " Lucifer " is almost always a single
territory , finding himself very often to collaborate with the filmmakers
themselves . A similar case we can find in the report that they had Emilio
"El Indio " Fernández and Gabriel Figueroa background with Mexico.
Its beginning is the most remarkable : The Landlord , 1970, by Hal Ashby too novice with the movie .
Following the meeting with Alan J. Pakula's Klute for the famous and
award-winning work . The two will meet again until 1997, The Devil's Own , a
work that marks the abandonment of the lights by Willis. It can be said that
maturity comes with The Godfather , 1972, by Francis Ford Coppola.
The result is first-rate cinematographer having to meet the needs of the
paranoid Coppola as well as those of Marlon Brando, whose makeup required a
surplus of labor in laying out the lights. The Godfather will be three , in the
meantime, Willis has a chance to retrace Sicily and the Messina , between
Savoca , Forza d'Agro and Alcantara ( where luck allowed us to meet him ) . By
Willis and reconstructed scenes filmed in Sicily , especially in the first and
second parts , are similar to our view of the pastoral to the Sixth Symphony ,
" Pastoral " by Ludwig Van Beethoven, the tranquility of nature and
the archaic life of the fields contrasts the brunt of the violence and pounces
on men. Woody Allen , you just mail the quote to the epigraph at the beginning,
it is the second that has to make the sacred thanks to Willis and if the other
directors and the work was with color, with Woody . Gordon is free to
illuminate the black and white. The outer part of New York is being addressed
and returned with a cold light and dark , sometimes dazzling , against a
backdrop of the openings clear and gray ; mention only Manhattan, 1979, or
Zelig,1983.
Gordon Willis was a self-taught , did
the operator to anyone, its only teachers were Flemish painters , and perhaps
... The Conformist, 1970, by Bernardo Bertolucci and Vittorio Storaro . It
paved the way to his operator , cinematographer Michael Chapman 's Taxi Driver, 1976, and Raging Bull, 1980 , whose work with the lights is in some ways
comparable to that of the master.
mercoledì 17 settembre 2014
La pietruzza e il buon Dio
“ Se sapessi a che cosa serve questa pietruzza sarei il buon Dio, che
sa tutto, sa quando nasci, e sa quando muori. Questa pietruzza serve certamente
a qualcosa. Se è inutile è inutile tutto il resto, persino le stelle “. Federico Fellini, La Strada
lunedì 15 settembre 2014
Adios, Corbari
OGGI
Ringo, Arizona o Corbari non è che un titolo per trovarci spettatori al
cospetto di Giuliano Gemma, per una volta eroe della resistenza al nazi-fascismo. Valentino Orsini riprende il tema della lotta partigiana in
chiave western all’italiana e non sbaglia, nelle intenzioni. Il felice esito
finale, a suo tempo prodotto da Giuliani G. De Negri e distribuito dal Cidif, è
deviato per colpa vuoi della sceneggiatura, vuoi, peggio, di Roberto
Parpignani che coi tagli western si trova con una moviola non sua, e ben
altrimenti più efficace con Bellocchio o Bertoluccci. Al suo posto gli
Alabiso, Eugenio o Daniele, avrebbero fatto di meglio, come ad affiancare
Valentino Orsini nella stesura della sceneggiatura ci voleva Luciano Vincenzoni
o Sergio Donati. Ne viene fuori così un film singhiozzante che mette voglia di
rifarlo se non fosse che Giuliano Gemma è passato ora nella parte degli angeli
che mangiano fagioli.
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