Le tematiche sessantottesche furono spesso riviste in chiave western spaghetti, e questo film del secondo Sergio ne rientra “a pieno titolo”, con due anni di anticipo su quello del primo Sergio, Giù la testa. Il lavoro di Corbucci è il mio preferito della sua filmografia, sarà per Tomas Milian, la musica di maestro Morricone ed il Messico in Spagna. Quello che non mi piaceva era l’aria romanesca calata su Milian che la riprenderà con i film monnezzari. Lo visto quattro volte: due al Garden, una all’Aurora e una all’Astra in via Calapso con una copia appena visibile per causa dei passaggi nei cinema calabro-siculi e dei loro operatori che montavano e smontavano le bobine.
Levantando en aire los sombreros Vamos a matar, vamos a matar, compañeros !
Il cinema Loreto di Platì era attaccato alla chiesa parrocchiale del paese, dedicata alla Madonna di Loreto. Se, andare a messa o al cinema, la domenica, non sbagliavo, era solo perché gli orari erano differenti: alle otto e trenta la messa per bambini e ragazzi, officiata dall’arciprete, monsignor Minniti, o dallo zio Ciccillo, però tutti volevamo lo zio Ciccillo perché era veloce come Ridolini, e come detto prima, alle quattordici l’inizio delle proiezioni, officiante esclusivo Mimmo Addabbo. Nei sogni creavo confusione, specialmente durante il catechismo preparatorio per la prima comunione: le due porte diventavano una, e l’elevazione del calice poteva essere confusa con Charlton Heston che innalzava le tavole dei dieci comandamenti.
Questo accostamento di porte è ulteriormente marcata dal fatto che per andare a messa o al cinema – a parte le campane intonate da Micuzzu u sacristanu – venivamo chiamati dai suoni che provenivano da un unico altoparlante, posto sul campanile, e se per la messa vi era qualche canzoncina cantata da un coro di piccoli cantori, per il cinema c’era In ginocchio da te cantata da Gianni Moranti:
io voglio per me le tue carezze
si io t’ amo più della mia vita
con nell’intermezzo della canzone quel breve assolo del corno accompagnato dall’orchestra che solo anni dopo con infinita gioia avrei scoperto essere di maestro Morricone.
Al cinema Loreto, essendo una sala parrocchiale, la programmazione era tutta affidata ai cataloghi della San Paolo Film di Catania e all’Anglicus di Messina. Grazie al suo factotum Mimmo Addabbo ho potuto vedere di tutto: I Dieci Comandamenti ( sei tempi), Le Fatiche di Ercole, I Battellieri del Volga, Marco Polo, Gli Spadaccini della Serenissima, Catene, I Reali di Francia, La Notte del Grande Assalto.
Un pomeriggio, studiando inglese con un compagno di scuola, stavamo ripetendo dei vocaboli nella loro traduzione inglese,in più ricordavamo i film visti al cinema,io ero talmente preso da quest’ultima discussione che quando l’altro disse “tempesta” io invece di rispondere “storm”, dissi “l’ho visto”!
Tratto da un libro di Larry McMurtry un autore molto spesso riadattato sul grande schermo, e rivisto al cinema Calabrò, vinse tre Oscar tra cui quello per le luci in Panavision a James Wong Howe. La storia è quella dello scontro tra padri e figli e tra generazioni, una situazione edipica morta sul nascere - la madre muore prematuamente e il padre di conseguenza scampa all'uccisione -, Hud passa sopra tutti e tutto come fosse alla guida della sua Cadillac. Inutile dirvi che il film è Paul Newman tenuto a bada da Martin Ritt. Il suo aspetto, cadillac, cappello da cow boy, jeans e stivali ricorrerà successivamente nel Boss. Fuori dai canoni personali il commento musicale alle immagini di Elmer Bernstein.
Una storia imbastita da Domenico Paolella ed il terzo Sergio, mezza vera e mezza di fantasia, con Dan Vadis in mini gonna che lotta con un altro in mini gonna, Alan Steel alias Sergio Ciani, ancora un Sergio.
Dan Vadis a soli 49 anni lasciò la vita, dopo qualche partecipazione nei spaghetti western
Luigino, sei un grande. Il Cineforum Peppuccio Tornatore é un piccolo
capolavoro di fantasia e di nostalgia (Umberto Barbaro e
Trupianois!!).
L'infanzia di Ivan é forse il film che più mi ha sconcertato da
ragazzino (Ubaldo l'ha programmato a metà degli anni sessanta, più o
meno e c'é stato un grande dibattito, guidato da Fofò Moscato) e spero
di rivederlo un giorno o l'altro.
Non parliamo poi di Z, parametro di tutti i complotti politici
immaginati e soprattutto realizzati. Insomma, i miei, pochi, ricordi
coincidono.
Mi chiedo: ma chi é Addabbo - Lolli? e Crimi e Fano ? Non conosco.
Gli altri sì ma Fabris si scrive con una b.
Abbracci
Per molto tempo il cinema è stato la mia vita, e la vita era il tempo dell’attesa della domenica per andare al cinema Loreto, lo spettacolo destinato ai ragazzi aveva inizio alle quattordici, ed il lunedì sera, quando l’unico canale televisivo di quei tempi trasmetteva il film; in quella sera, era l’autorità di papà che ci permetteva la visione, solo se lui riteneva che era un film adatto alla nostra età o se era, per dirla con lui, un film storico.
Erano gli anni in cui per contratto con l’ANICA, la RAI poteva acquistare e trasmettere film vecchi di dieci anni: il motivo era l’enorme quantità di sale sparse lungo la penisola e le isole, non solo di prima visione. I film rimanevano nei listini delle case distributrici per cinque anni prima di essere “sgonfiati”per il 16mmadatto per le programmazioni delle sale parrocchiali e quindi dei cineforum, cineclub.
Capitava che un film di un certo successo ritornasse nelle prime visioni dopo i dieci anni o più a causa della notorietà del film stesso, o di quella, subentrata, di un regista, o di un attore. Ne cito solo tre: La finestra sul cortile di Hitchcock, 2001 di Kubrick, Per un pugno di dollari di Leone, e non erano i soli.
Così per merito di quei lunedì televisivi ho potuto vedere molti film che altrimenti sarebbero stati solo titoli della storia del cinema sadouliana. Quello che ricordo con maggior gradimento è uno di Alessandro Blasetti con Massimo Girotti e Gino Cervi,La corona di ferro. Film di epoca fascista, però in quei tempi Blasetti andava per la maggiore e l’opera era girata e interpretata con maestria, la scena della pioggia di spade che scopre la corona mi è rimasta impressa come Massimo Girotti che rimarrà uno dei più bravi attori italiani.
Questo è il capolavoro di una breve stagione cinematografica che coincise con l'assassinio di Salvador Allende ordinato a Pinochet da parte delle multinazionali americane. I film di Littin girarono da noi abbastanza bene, tant'è che nel 1975 Gian Maria Volonté volò a Cuba per girare un film con lui. A me sembra che questo film debba qualcosa a Queimada di Gillo Pontecorvo e al cinema sovietico. Nei suoi movimenti di macchina mi ricorda La Recita di Teo Anghelopulos.
Burt Reynolds venne in Italia convinto che il Sergio fosse Leone, il contratto era firmato e lui lo fece a malincuore. Il film per me è molto valido per Aldo Sambrell e la bellissima Nicoletta Macchiavelli che è prima di tutte, seconda solo a Silvana Mangano, moglie, a quell'epoca, del produttore di questo film.
Maestro Morricone si prodigò per una colonna sonora memorabile, arrivando a rompere le corde vocali di Gianna Spagnulo e il solito Tarantino la riprese per il suo Bill. Lo vidi al cinema Garibaldi di via Palermo con una pellicola talmente macinata dai passaggi che si saltava di pie pari da una sequenza all'altra.
Detesto i film. Quando qualcuno mi chiede se ho visto questa o quell'attrice, io dico "no, a meno che non sia apparsa in The great train robbery o The birth of a Nation. Allora può darsi che l'abbia vista".
Il manifesto che vedete sopra lo ricordo nella dimensione, enorme per me ancora ragazzo, a 24 fogli affisso accanto al cinema Garden in via Antonio Martino, il film lo vidi invece all'Orfeo in via Nino Bixio, uscendone sbalordito e spaesato per quel finale amaro. A tutt'oggi per molti rimane il miglior film del secondo Sergio, anche per me, anche se non il mio preferito. Il capolavoro di Cormac McCarthy è Suttree ma il mio preferito è Cavalli selvaggi. Riprendendo la vita di Cristo e anticipando Scorsese, Corbucci lo trasforma in pistolero e amante di una vedova, per altro nera.
Gli esterni tutti bianchi di neve furono girati sulle dolomiti con gli indumenti creati da Enrico Job. Maestro Morricone gli fece una colonna, fuori dai soliti schemi western, personale ed indimenticabile. Il vero protagonista alla fine divenne Klaus Kinski, contenuto, sarcastico, implacabilmente in mano ai ricchi proprietari terrieri, come agli strozzini.
Proiettato al cinema "Calabrò" Il portiere di notte di Liliana Cavani. L'avevo già visto al Circolo di Cultura Cinematografica "Umberto Barbaro" del professor Guerrera. A parte l'ambiguità del soggetto e della sua realizzazione, come il coinviolgimento dello spettatore, anch'esso ambiguo, che cosa rimane di quest'opera dopo quarantanni? Che cosa rimane di opere letterarie italiche di quegli anni: Una ragazza di nome Giulio, Porci con le ali, trasportate pure sullo schermo? Per me, cresciuto con quanto vedevo e sentivo sullo schermo, molto. E al di là della riuscita del lavoro di una regista molto discontinua e super ambigua come la Cavani, un epoca del cinema italico tra gli anni 60 e 70: lo stato di grazia del più grande attore europeo - Dirk Bogarde, doppiato da Peppino Rinaldi -, la bellezza a volte androgina , ed in quegli anni il suo connazionale David Bowie dettava legge in questo ruolo, di Charlotte Rampling, creata da quei maghi della ditta Rocchetti-Carbone, un pugno di altri attori molto ricercati in quel periodo, Franco Arcalli ad aiutare a cucire il tutto. Ma soprattutto, e non so come spiegarlo, i rumori di fondo, per altro crerati in studio e coordinati da Fausto Ancillai. Ieri sera, a un certo punto del film la Rampling, apre una finestra affacciata sulla strada ed ho sentito entrare in me con quei rumori di clacson, motori e ambientali esterni, un'epoca sepolta nella polvere degli anni non più riproducibile