lunedì 15 giugno 2020

Un leone a Culver City - Il leone ruggisce


Il primo film sonorizzato

Nel 1927 anche Robert Flaherty, dopo il successo di Moana (L'ultimo Eden, 1925) venne scritturato dalla M.G.M.: a Culver City egli si occupò fra l'altro di cinema a colori, ma venne infine inviato nuovamente nei Mari del Sud per iniziare, le riprese di un film assai impegnativo, intitolato White Shadows in the South Seas (Ombre bianche, 1928). Secondo le intenzioni dei dirigenti della casa, il film non doveva essere soltanto una replica di Moana, bensì un vero e proprio film a soggetto, ispirato addirittura a un romanzo di Frederick O' Brien. In seguito a disaccordi col grande documentarista, il quale certo mal si adattava a realizzare un film sulla ferrea traccia di uno scenario prestabilito, la parte "romanzata" - cioè a dire l'intero film - venne a un certo punto affidata a un giovane, W. S. Van Dyke, che aveva già una lunga esperienza (con una trentina di films) specie nel genere western e nelle riprese all'aria aperta. Nonostante tutto, il risultato finale fu dei più felici, e la dissetante purezza dei paesaggi rivelati dalle magistrali riprese già effettuate da Flaherty, servi da suggestiva cornice a una storia semplice e abbastanza credibile, per quanto a tratti convenzionale: un dottore bianco (l'attore Monte Blue), unico superstite di una nave il cui equipaggio era stato distrutto dalla peste, sbarcato in un’isola ancora incontaminata, a contatto con la vita primitiva degli indigeni e per amore di una polinesiana (truccata - ahimè - come una diva di Hollywood: la messicana Raquel Torres, riusciva a dimenticare temporaneamente i suoi vizi (l'alcool, in primo luogo), ritrovando a poco a poco la gioia di vivere. Alla fine, però, il ricordo del passato aveva il sopravvento, ed egli con un falò richiamava l'attenzione di un veliero, aprendo in tal modo le porte del paradiso, fino a quel momento ·ignorato dai bianchi, alla civiltà e al male: dinanzi all'angoscia della sposina indigena, egli veniva assalito da tardivi rimorsi, e trovava la morte nel tentativo di respingere i trafficanti, i quali invece finivano per installare nell'isola un cabaret. Ombre bianche fu in sostanza uno dei tentativi più riusciti di documentario romanzato: dalla sua equivoca impostazione resa allora ancora accettabile, oltre che dalla preziosa presenza di Flaherty, anche dal fatto che tutte le riprese vennero effettivamente girate sul posto (senza alcuna ricostruzione ad Hollywood), deriverà in seguito purtroppo l'interminabile serie delle "evasioni" polinesiane, che da quel momento cominciarono periodicamente a imperversare (al di fuori di tal nefasta influenza rimarrà tuttavia il capolavoro di Murnau, Tabu, 1931, cui come è noto lo stesso Flaberty collaborò). Al successo di Ombre bianche nel mondo contribuì infine notevolmente l'avvento del sonoro: il film venne infatti distribuito – secondo la consuetudine del periodo "del trapasso" - con una piacevolmente orecchiabile colonna sonora, i cui temi musicali – penetranti e sentimentali - rimasero a lungo impressi nel ricordo del pubblico. Comunque il ·film di Flaherty e Van Dyke deve essere senz'altro considerato l'ultimo grande film prodotto dalla M.G.M., interamente concepito come un film silenzioso. Ma il parlato è ormai alle porte: e, facendo buon viso a cattivo gioco anche la Metro Goldwyn Mayer incomincerà presto a produrre i suoi "All Talking" (i famosi parlati "al cento per cento") mentre il "Leone" di Howard Dietz, con grande spasso del pubblico, farà udire, d'ora in poi, il suo fonogenico ruggito.
FINE

Fausto Montesanti
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE 

In apertura Raquel Torres e W. S. Van Dike sul set di Ombre bianche (White Shadows in the South Seas) del 1928.

lunedì 8 giugno 2020

Greta Garbo's clothes

… ditemi se Greta Garbo nel Velo dipinto porti vestiti di sartoria o non piuttosto dei veri e propri costumi. 
Corrado Alvaro, Nuova Antologia 16 Aprile 1935







Richard Boleslawski, Greta Garbo, Herbert MarshallThe Painted Veil (Il velo dipinto),1934

domenica 7 giugno 2020

Guernica according to ARRABAL





Fernando Arrabal, L'albero di Guernica, 1975

mercoledì 3 giugno 2020

Obbligo dell'abito da sera



COMUNICATO  
V RASSEGNA
Cinematografica
La V Rassegna Cinematografica Internazionale di Messina e Taormina si svolgerà nei giorni 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 23 - 24 all'Irreramare di Messina ed il 22 ed il 25 al Teatro Greco di Taormina.
Alle serate di Messina sarà aperta alle ore 20 e la proiezione avrà inizio alle ore 21. E' di rigore l'abito da sera.
Il pubblico potrà accedere alla sala per inviti o con biglietti a pagamento (lire 1000 a persona) da acquistarsi al botteghino dell'Irreramare. Per la serata inaugurale si accederà unicamente ad inviti.
La celebrazione del Processo ad Oreste al Teatro Greco di Taormina il giorno 22 avrà inizio alle ore 20 precise. Gli invitati con tessera d'onore e quelli con inviti per il settore « A ›› avranno l’obbligo dell'abito da sera.
Gli altri inviti ed i biglietti a pagamento di lire 1000 (che potranno essere acquistati al botteghino del Teatro Greco, all' Ufficio Informazioni dell'Ente Provinciale per il Turismo di Taormina presso le Agenzie di viaggio Bonanno e Lisciotto a Piazza Cairoli a Messina) piglieranno posto nell’anfiteatro, rimesso a posto e riordinato, e non avranno l’obbligo dell’abito sera.
Eguali disposizioni valgono per la serata di gala di chiusura del 25 al Teatro Greco di Taormina che avrà inizio anch'essa alle 20.
GAZZETTA DEL SUD 15 GIUGNO 1959


domenica 31 maggio 2020

L'attrice ha bisogno di essere amata e adorata

… un'attrice ha bisogno di essere amata e adorata e farebbe qualunque cosa di cui è capace una donna per ottenere adorazione e amore. E’ capace di simulare una crisi come il bimbo può fingere un male per attrarre l'attenzione dei grandi. lo vidi una scena simile. Un'attrice entrava una mattina in teatro, l`ambiente era triste come sono i teatri di posa la mattina presto (gli operai battono e picchiano; l'ambiente è come un appartamento vecchio e sonnacchioso disabitato da tempo; fa freddo): l`attrice ebbe un'idea: svenne, per quello che io possa immaginare, finse di svenire.  Cadde di schianto in un angolo del salone di carta dipinta. In breve il teatro si rianimò, si accesero le lampade di qualche migliaio di candele per scaldare la diva, qualcuno accorse con un bicchiere d'acqua, altri sosteneva il suo dolce e truccato peso. Quando ella cominciò più tardi a recitare, regnava attorno a lei un silenzio di clinica.  Tra finzione e verità nessuno si diede la pena di approfondire se ella fosse stata veramente male; anche se avesse simulato, era in armonia con l’atmosfera degli studi, lo stesso che fosse stato vero. Come sapeva svenire, quest'attrice sapeva piangere. Non rido di queste cose poiché so che in arte l'atteggiamento fa spesso la funzione: una buona materia a un'artista figurativo, o un buon inchiostro odoroso e carta  buona a uno scrittore propiziano l’ispirazione, queste sono le emozioni quasi inconfessabili che aiutano l'artista nel suo lavoro e ne rendono dilettosa la strada. Che questa attrice, chiudendosi il viso tra le mani e rimanendo assorta nel silenzio dello studio riuscisse poi a levare, al cospetto di tutti, due occhi pieni di lacrime vere, pareva dapprima quasi inumano. Cosi accadde e sulle sue lacrime pronte e limpide la voce del direttore tuonò: Avanti si gira. Era penoso  ed era inesplicabile che la povera signora piangesse a dirotto, ed era altrettanto penoso che ci si affrettasse a lavorare perché ella avrebbe consumato entro mezz`ora la sua risei va di vere lacrime. A ogni intoppo o ritardo ella avrebbe dovuto compiere nuovamente la violenza di quel pianto su se stessa. Mi spiegarono poi, persone esperte in questi segreti, che per piangere quando si voglia basta rimanere qualche tempo a occhi sbarrati senza batter ciglio: non ci ho mai provato e lo dò per dimostrato: ma poi, nel caso della signora che piangeva in teatro certo s'inserisce qualcosa di umano, un dolore antico, una pietà di sé e dei dolori sofferti; insomma, alla fine il pianto diventa vero. Dico che era straziante e avevamo pena della signora come se tutti l'avessimo picchiata.  Ma accadde qualcosa di ancor più strano. Un'altra attrice, e naturalmente rivale di colei, la quale aveva giurato di non saper piangere altro che per una ragione vera e mai per artificio, dovendo affrontare anch'essa la parte lacrimosa, punta dalla felicità del pianto della sua rivale, scoppiò d`un tratto anch'essa in un piangere dirotto, si presentò in scena selvaggiamente felice di quelle lacrime che le scendevano dagli occhi. Cera un inconveniente per ambedue: bisognava ritoccare di continuo il nero delle ciglia che sbavava sotto le lacrime bollenti. Non si sentiva volare una mosca, nient'altro che lo sfrigolio del riflettore che nel gergo degli studi si chiama madama; tutti avevano un viso pietoso; quel duello femminile in cui si disputava una abilità artistica a colpi di singhiozzi, di lacrime ben grosse, di bellissime contrazioni di muscoli del viso, era sconcertante, assurdo, senza possibilità di conforto.
CORRADO ALVARO, Cinema nel marzo 1937 
In apertura, Clara Calamai sulla copertina di  Film D'OGGI Anno 1 - n. 1 - 9 giugno 1945

giovedì 28 maggio 2020

Un leone a Culver City - From Europa


Europei a Culver City

Oltre a Victor Sjostrom, che fra il 1923 e il 1930 riuscì a conservare, pur con risultati ineguali, un notevole prestigio presso i dirigenti della M.G.M., vari altri registi furono chiamati a Culver City negli ultimi anni del muto: il francese Jacques Feyder che dirigendo fra l'altro la Garbo in The Kiss (Il bacio1929) ne inaugurò la maniera per così dire "materna", destinata a divenire più tardi parte integrante della personalità dell'attrice; il danese Benjamin Christensen, autore del celebre film La stregoneria attraverso secoli (realizzato in Svezia nel 1921), che diresse The Devil's Circus (1926) e Mockery (1927) con Lon Chaney; il tedesco Ernst Lubitsch, che dopo So This is Marriage (1924) fu il regista di un film operettistico, The Student Prince in Old Heidelberg (Il principe studente1928), tratto dal libro "Karl Heinrich" di Meyer-Forster, con Ramon Novarro e Norma Shearer; e infine il russo Dimitri Buchowetsky, che, dopo il successo dei grossi film in costume da lui diretti in Germania, fu chiamato a dirigere prima Mae Murray in Valencia (1926), e in seguito persinoLa Garbo in Love (Anna Karenina1928): ma, per motivi imprecisati, dopo le prime scene il film gli fu tolto di mano e affidato alla puntuale diligenza Edmund Goulding. (continua)
Fausto Montesanti 
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10-25 DICEMBRE

A sinistra: Mae Murray con Lloyd Hughes in Valencia del 1926




mercoledì 27 maggio 2020

C'era una volta il cinema Orfeo


DOTATO DI IMPIANTI STEREOFONICI
 Inaugurata al Cinema Orfeo
la nuova stagione cinematografica
Grazie alla solerzia degli esercenti la sala è
attrezzata anche per i film tridimensionali
I signori Spanò e Caruso, giovedì sera erano particolarmente raggianti per aver donato alla affezionata clientela un locale, sì di film di seconda visione, ma che non ha niente da invidiare alle sale maggiori della nostra città: l’Orƒeo. L’elegante cinema che sorge in via Nino Bixio, è stato infatti dotato dei più recenti impianti di proiezione e di sonoro.
Con uno spettacolare «cinemascope», «Operazione Mistero» che si vale della buona interpretazione del magnifico Richard Widmark e di una regia che abilmente sfrutta le possibilità del sistema di ripresa a vasto campo, l'Orƒeo ha inaugurato i grandi impianti stereoƒonici forniti dalle officine Prevost di Milano e consistenti nel «cinemascope stereofonico sistema Fox», «Perƒecta stereofonic sound sistema Metro», «Vista vision sistema Paramount» e «Sistema tridimensionale e panoramico».
Non possiamo non congratularci con gli esperti appassionati gestori dell'Orfeo che hanno saputo realizzare in breve tempo; e prima di altre sale - anche di prima categoria – una perfetta scelta delle apparecchiature
necessarie per la proiezione di film spettacolari e soprattutto di quelli che abbisognano appunto di particolari impianti per essere visionati.
E la nostra soddisfazione è maggiore perché questa innovazione e stata realizzata in una sala di seconda visione che non resta, quindi, seconda a nessuna, a riprova che la grande passione per il cine dei messinesi trova riscontro e soddisƒazione nella solerzia degli esercenti, i quali nulla tralasciano per mettersi al passo
con il progresso.
Chiudiamo questa nota rinnovando le nostre congratulazioni ai signori Caruso e Spanò, non senza un beneaugurante «ad majora».
GAZZETTA DEL SUD, 13 NOVEMBRE 1954
 
Nota - Il cinema Orfeo negli anno '70 del secolo passato sotto la gestione del compianto Gianni Parlagreco si trasformò in Capitol, e la programmazione divenne di Prima Visione. Anni dopo con una nuova gestione divenne sala a luci rosse per finire tristemente con una programmazione di videocassette o CD con proiezione fatta per messo del video proiettore.