giovedì 26 gennaio 2017

Don Orione vs U. Barbaro


Alla fine degli anni sessanta del secolo della bomba atomica le manifestazioni per lo più studentesche andarono a colpire anche il cinema non solo come fase produttiva ma anche culturale. I cineforum ed i Circoli del Cinema unitamente alle Associazioni di cui facevano parte attraversarono una fase burrascosa che portò a scissioni intestine da cui vennero fuori nuove sigle che favorirono un diverso approccio con le opere e gli  autori. Da tutto ciò non rimase indietro il Cineforum “Don Orione” allora legato con la parrocchia e l’istituto dentro cui agiva. Parte dei dirigenti quel circolo si staccarono per dare vita al Circolo di Cultura Cinematografica “Umberto Barbaro”. A portare avanti le iniziative del “Barbaro” fino alla metà degli anni settanta fu il professor Guerrera e dopo una pausa di qualche anno da un gruppo di cinefili usciti anch'essi dal vecchio “Don Orione”. Le prime programmazioni del “Barbaro”, avvenivano al cinema Aurora in via XXVII Luglio, riflettevano l’ideologia degli ideatori i programmi e le opere dei fratelli Taviani o della Cavani non mancavano mai dagli schermi accanto ai meno noti registi dell’America Latina. Successivamente, negli anni dei cinefili, si andarono a divulgare generi ed autori considerati di culto cosicché accanto a Monte Hellman si accostava Sergio Citti. I più intellettuali di quei cinefili diedero vita anche ad un evento abbastanza unico per la città dello Stretto, che portò il nome di “Saggi dell’Espressionismo Tedesco”. Le programmazioni di questi anni avvenivano al cinema Royal di via Palermo come anche al cinema Orientale di Gianni Parlagreco a Camaro. Quella del “Barbaro” è una storia breve, legata alla stagione in cui ancora nella città le sale erano abbastanza numerose, connessa anche al desiderio di portare gli autori esclusi da quel circuito ormai dissolto.




mercoledì 25 gennaio 2017

Le cinéma vu par Bonnaffé

Schiava d'amore Раба любви (Raba ljubvi)
reg. Nikita Mikhalkov (Никита Сeргеевич Михалков)


Il Pistolero (The Shootits) (1976)
reg. Don Siegel


La Luna (1979)
reg. Bernardo Bertolucci

martedì 24 gennaio 2017

Hell & High Hell



Al contrario del cinema italico asfissiato da tempo memorabile, quello giapponese e quello hollywoodiano si rinnovano anno dopo anno sulle proprie carni. Provate per credere con questi due:
il primo, Why Don't You Play in Hell? del 2013 di Sion Sono (alla giapponese va letto capovolto);
il secondo, Hell or High Water del 2016 di David Mackenzie.
Sono cento anni e passa di cinema mai venuto meno, specie il nipponico, dove generi, situazioni e personaggi rinascono come nei verdi anni passati, costringendo lo spettatore appassionato to cross the gates of hell, incollato sullo schermo dalla pista sonora anche essa rivisitata con piglio contemporaneo noché dalle cameras RED EPIC e ARRI  con ottiche Zeiss e Angenieux.


lunedì 23 gennaio 2017

Diario di un soggettista - un'idea immorale per il pubblico

 Discutiamo un‘idea e quest'idea è la seguente. << Si vede un teatro di varietà. Palcoscenico, pubblico, numeri d’attrazione. Siamo in colonia. Tra il pubblico si trovano alcuni ufficiali. Mentre canta una donna sul palcoscenico uno di questi ufficiali ride. La cantante scende e gli appioppa uno schiaffo ». Questo è il principio di un film che qualcuno ha enunziato. Quello che interessa tutti é lo schiaffo. La donna scende e gli da uno schiaffo. Naturalmente tra i due nasce un grande amore.
La scelta d’un soggetto dipende dal momento in cui l’attenzione di tutti quelli che lavorano si appunta su un personaggio, quale esso sia, di dovunque venga. Questo è il lato più misterioso della creazione cinematografica. Un personaggio che ha preso Ia mano domina tutto e non c’è più verso di levarselo di torno. E non si sa come si sia conquistato questo pesto. Eccoci attorno alla donna che canta sul palcoscenico come attorno a un’ostrica che tutti ci studiamo di aprire con ogni mezzo senza scheggiarne la conchiglia.
La cantatrice del palcoscenico è una famosa attrice decaduta.
E decaduta con la guerra che ha travolto molti uomini e molle fortune.
La cantatrice del palcoscenico non può essere tanto attraente perché dalla guerra a oggi sono passati venti anni. Se vogliamo rappresentarla ancora giovane bisogna che andiamo al 1920, e mettiamo tutta l’azione intorno a quell’anno.
Un momento: la cantatrice di palcoscenico può avere una figlia molto bella; e di questa figlia molto bella si dovrebbe innamorare l’ufficiale schiaffeggiato.
Nossignori: la cantatrice di palcoscenico ha una figlia molto bella; di costei s’innamora l’ufficiale schiaffeggialo: ma la cantante é a sua volta innamorata dell’ufficiale che ella ha schiaffeggialo.
Benissimo. Siamo al contrasto. Però l’ufficiale, quanti anni ha? Deve avere pressappoco l’età della cantante. Un’idea. La cantante é stata in altri tempi l’amante dell’ufficiale schiaffeggialo,  e sulle prime non lo riconosce. Lo riconosce poi.
Magnificamente. La cantante vuole impedire che l’ufficiale schiaffeggiato, di cui ella fu amante,prima della guerra, concepisca una passione verso sua figlia e che sua figlia s’innamori di lui.
Molto bene.
Anzi potrebbe finire cosi: lei, davanti alla passione che nasce tra il suo amante di una volta e sua figlia...
Ma state a sentire: se l’ufficiale che era stato l’amante della cantante vuole sposare la figlia di costei?
Per carità. E‘ immorale.
Immorale? E prima non era immorale?
Immorale per il pubblico. Questo offende il pubblico.
C’é una soluzione. La cantante, per impedire che l’ufficiale seduca la sua figliola, gli spara una revolverata.
Ma signori, questo è I’intreccio di Mazurka tragica.
E vero. Ricominciamo daccapo.
                                                                                                                             (continua)
   CORRADO ALVARO
(Da “Scenario “, Marzo XV).
BIANCO E NERO  Anno I –  N. 3 –  31 Marzo 1937 -  XV

domenica 22 gennaio 2017

Nel clamore della più accesa polemica


Altri tempi, altro cinema, altri prossimamente: la donna del giorno nel film del giorno

giovedì 19 gennaio 2017

Antinea, regina degli abissi






Brigitte Helm in L'Atlantide (Die Herrin von Atlantis), 1932

mercoledì 18 gennaio 2017

Ernst Lubitsch vs Frank Borzage



L’UNGHIA DEL LEONE

VERSO la fine di Desiderio, il film diretto da Frank Borzage (supervisore Ernst Lubitsch) la ladra - Marlene Dietrich – si pente della vita che ha condotto fino allora, restituisce il vezzo di perle rubato, e prendendo nella sua la mano del bravo ingegnere – Gary Cooper - incomincia una nuova esistenza.
Rimane sempre, però, da saldare il conto con la giustizia. Come evitare una scena di tribunale? Scena che, trattandosi ormai semplicemente di ratificare quanto in senso morale e individuale – la coscienza dell’ex ladra – è già liquidato, non avrebbe portato niente di nuovo allo svolgimento della fine, sarebbe certo risultata inutile e sgradita. Facciano bene attenzione gli scenaristi: ecco come Lubitsch (perché è senz’altro sua, questa trovata) risolve da maestro il suo facile problema.
Lubitsch finge dunque di dimenticarsi d’aver riconosciuto la necessità d’inserire questa scena: che, infatti, non appare nella pellicola: Soltanto che, a un certo punto, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, l’ingegnere fidanzato, invece di presentare il documento che autorizza le sue nozze con Marlene, presenta per isbaglio la sentenza del tribunale, che ha inflitto alla ladra di gioielli la condanna penale.
Dunque, proprio nel momento quando sappiamo imminente quella grande gioia della unione legittima di cui è simbolo il prezioso documento di autorizzazione al matrimonio, scoppia il motivo della legge offesa, come un fulmine. Un fulmine, bisogna dirlo, che si spenge prima di cadere, e non causa che un attimo penoso. E forse, neppure quello: dato che la peccatrice recentemente purificata non ha avuto il tempo di crearsi una sensibilità molto raffinata per questo genere di faccende.
Ai nervi meno coriacei dello spettatore, invece, questo piccolo brivido imprevisto è come un ottimo condimento per la piacevole pietanza del ‘ lieto fine ‘.
E per mezzo del documento uscito per isbaglio dalle tasche di Cooper che si stabilisce fulmineo un corto circuito fra passato di vergogna e lieto avvenire. Questi due stadi contraddittori sono portati, grazie all’apparizione inaspettata del documento di condanna, sotto il segno di un denominatore comune, di cui il secondo documento – quello di nozze – rappresenta l’elemento di scambio. La trovata produce inoltre nell’animo del pubblico un caratteristico momento di sospensione, per il motivo che tutto ad un tratto si rappresenta a noi – che lo avevamo ormai dimenticato – il Male nelle vesti stesse della Felicità. L’errore di documento, subito ritirato, oltre a colmare in modo fulmineo e retrospettivo una lacuna del racconto cinematografico, serve egregiamente a porre in maggior rilievo, con una piccola ombra nera, l’immacolato splendore della cerimonia nuziale.

CINEMA, QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE  CINEMATOGRAFICA, Luglio – Dicembre 1936 Anno XV