lunedì 8 febbraio 2016

Lettera a John Ford

  John Ford 
1894 -1973

Caro Signor John Ford, dopo Bret Harte nessuno meglio di lei ha saputo cantare la canzone epica, rauca e sentimentale di questo West la cui selvatichezza è temperata dalla amicizia fra i compagni più disparati che il fato unisce, in cui l’amore di un ragazzo per una ragazza ricorda, nelle asperità di una vita continuamente minacciata da un colpo di pistola, che nel mondo c’è ancora un pò di gentilezza ragion per cui vale la pena di diventare buoni e pacifici.
Jean Georges Auriol, Revue du cinémà, n.6, 1947

domenica 7 febbraio 2016

venerdì 5 febbraio 2016

Angeli del set

         
                                    Katinka Fraragò                        Suzanne Schiffman tra Godard e Truffaut

Alma alle spalle di Hitchcock

Nel cinema ci sono dei compiti che sembrano isolare chi li svolge ai margini del lavoro che si va a intraprendere. Prendete le script girl altrimenti dette segretarie di edizione o addette al continuity, tutte la stessa funzione: angeli custodi del regista. Per questi angeli non esiste premio che sia oscar, david o nastro di canapa . Katinka Faragò lo era per Ingmar Bergman, Suzanne Schiffman per François Truffaut e Jean-Luc Godard; Alma Reville per suo marito Alfred Hitchcock. In Italia c’era Serena Canevari della quale beneficiarono Bernardo Bertolucci, Francis Ford Coppola e Sergio Leone con il quale si può dire cominciò dal Buono/Brutto/Cattivo per continuare con C’era una volta il west, L’ultimo Imperatore, i set italiani del Padrino. I lavori della Canevari oggi non vengono riconosciuti da nessuno come è toccato invece per la Schiffamn o la Faragò, e i suoi padrini sono estinti o in via di estinzione.

Serena Canevari tra Clint Eastwood, Tonino Delli Colli, Sergio Leone

                       qui la Canevari è alla sinistra di Tuco Benedicto Pacifico Juan Maria Ramirez detto il ....

giovedì 4 febbraio 2016

Four strong guns for Billy the kid

“ Prendete per esempio il curioso personaggio di Billy the Kid. Gli episodi della vita di questo ragazzo di 21 anni sono più appassionanti di quelli di una dozzina di eroi fabbricati dallo schermo... Non ci sono, nei film dettati dalla fantasia, fucilate più drammatiche di quelle sparate durante il famoso assedio della casa MacSween . Con questo assedio, che durò tre giorni, dal 15 al 18 luglio 1878, e raggiunse momenti di insuperabile drammaticità, il disordine e la illegalità che allora caratterizzavano quelle lontane regioni toccarono il massimo vertice. Quando Billy aprì la porta della casa Sween in fiamme per mettersi al riparo dalle scariche di fucileria, cominciò l’ultimo atto della tragedia recitata da questi uomini selvaggi insofferenti di qualsiasi legge “.
King Vidor



Caro Luigi
sono qui. Mi sto divertendo molto. L'altro giorno ho visto la tomba di Billy the kid. Ora sono a Texas. Ieri sono andato sul cavallo. Ho portato due nastri di Ennio, quindi non manca la musica. Ho visto un villaggio indiano.
Ci vediamo, adios
Nigel

Ennio dopo quanrant'anni ha rifatto le musiche per un western, è tornato troppo tardi per Nigel a cui va questo post e una canzone di Neil Young

mercoledì 3 febbraio 2016

Fuori catalogo 1969-1970. Western adìos






Sergio Leone sta pensando di dare l'addio ai western-spaghetti: «Vorrei fare qualcosa di più intimista», confida, «Non so, potrei portare sui grande schermo Voyage au bout de la nuit, di Céline.Intanto continua a cercare soldi per il suo attesissimo C'era una volta I'America, la storia di quarant'anni di vita americana attraverso le avventure di quattro gangster: «Mi mancano ancora un pò di capitali, per il momento sono in panno, ma ne uscirò». A consolarlo, sono le notizie dalla Tour Eiffel: i francesi impazziscono per lui. A Parigi quest'anno, anche con il caldo, fanno la coda per assistere alle retrospettive dei  suoi film. Quelli western-spaghetti, ovvio.

martedì 2 febbraio 2016

Tavola rotonda a Locri

La realtà calabrese
è spesso
deformata dal cinema

Dal corrispondente
Aristide Bava

SIDERNO - La tavola rotonda organizzata a Locri dall'<<Associazione culturale jonica» per fare il punto sulla
prima rassegna cinematografica che si sta svolgendo nella zona jonica meridionale, è stata preceduta -come annunciato -  da una breve conferenza stampa del regista Nino Russo, autore del film «Il giorno dell'Assunta››, che avrebbe dovuto essere proiettato in anteprima nazionale ad inaugurazione della rassegna. Il regista ha spiegato che la proiezione del film non è stata permessa dalla Italnoleggio - casa di distribuzione del film - perché avrebbe potuto poi provocare danni economici per il normale sfruttamento del soggetto nel circuito nazionale. Almeno questa sarebbe la motivazione ufficiale.
Subito dopo il saluto di Domenico Speziale, sindaco di Locri, con una relazione di Ferdinando Bruno è cominciata la tavola rotonda sul tema: «Cinema e società in Calabria». A dire il vero, Bruno, nella sua relazione, si è occupato più del lato tecnico cinematografico inquadrato nel contesto nazionale che nel
cinema calabrese o della Calabria vista dal cinema. Un aspetto che in certo senso contrasta con le intenzioni degli organizzatori e che, in ogni caso non ha impedito lo sviluppo di un approfondito dibattito.
In effetti, più che ad una tavola rotonda si è assistito appunto a un dibattito con qualche accenno critico all’organizzazione e a qualche spunto polemico verso la politica meridionalistica del passato e anche del momento attuale (si è accennato al quinto centro siderurgico).
Il discorso si è anche spostato alla letteratura calabrese per merito soprattutto del critico Walter Pedullà che in riferimento a una specifica domanda su quanto possono dare i calabresi al cinema nazionale, ha inteso vedere specificatamente in due autori, vale a dire Vincenzo Guerrazzi, con il «Nord e Sud uniti» e <<La fabbrica del sogno» e quindi Vincenzo Bonazza, con <<L'emigrante>›, validi esponenti della cosiddetta «letteratura selvaggia».
Alcune puntualizzazioni ha poi fatto il sen. Sisinio Zito che ha inteso dare anche una giustificazione a qualche carenza organizzativa che certamente non si verificherà - è questo l'augurio - negli anni a venire.
Ha preso poi la parola regista Mimmo Rafele, che ha un po' lasciato l’ama in bocca al pubblico, accostandosi alla relazione di Ferdinando Bruno. «Per me - ha detto - la calabresità è un aspetto secondario del mio lavoro». ›
Altro intervento - apprezzato - è stato di Salvatore Santagata che, pur accennando ai problemi attuali della
Calabria, ha riportato il dibattito sul tema specifico.
Ha parlato poi il critico cinematografico Vittorio Ciacci, il quale ha ricordato che la Calabria viene spesso isolata da un certo «giro» proiezioni a causa di una selezione che avverrebbe a monte dei circuiti distributivi.
Un altro intervento interessante è stato quello del giornalista Mario Accolti Gil che ha messo a fuoco determinati e particolari problemi locali, che vanno dalla necessità di una sensibilizzazione cinematografica a quella di offrire al pubblico un aspetto non deformato della Calabria, cosa che purtroppo è avvenuta e
continua ad avvenire.
A conclusione sono anche intervenuti il consigliere regionale Guido Laganà, che ha sottolineato gli aspetti positivi di questo tipo di informazioni e il sindaco di Locri che ha tratto le conclusioni del dibattito.
In serata a Siderno ha avuto luogo la proiezione de <<Il nero muove», di Gianni Serra, film sui fatti di Reggio.
La rassegna jonica si concluderà stasera. Sono in programma proiezioni, come al solito, nei centri di Siderno, Locri, Roccella Jonica e Monasterace Superiore.

Gazzetta del Sud 7 Anno 26 n. 186 / Domenica 17 Luglio 1977


 Nella foto, una rara immagine di Carla Dal Poggio in Il sentiero dell'odio di Sergio Grieco, film del tutto invisibile.

lunedì 1 febbraio 2016

Something Wild pt. two from Proust to Zampanò

Diremmo che Jack Garfein è più vicino ai registi europei che a quelli del suo paese. Sono registi marcati da un certo tipo di cultura, e abbastanza libreschi per non saper dimenticare che la nostra epoca è di crisi, e che forse conviene cercare vie nuove. Noi non diciamo che abbiano ragione, cerchiamo soltanto di capirli. Prima ancora che fisici e matematici come Heisemberg, Fermi ed Einstein mandassero a carte quarantotto il razionalismo dei nostri padri, personaggi lontanissimi dalla scienza come Proust e Joyce avevano fracassato la psicologia tradizionale. È un fenomeno che non si ricorda mai a sufficienza. Una delle nostre grandi impressioni di lettura fu quel romanzo nel romanzo (alludiamo alla Recherche du temps perdu) in cui Swann, nello sfortunato amore per Odette, prefigura le ambasce del personaggio che dice <<je >> nel gran libro. Oppure è Saint-Loup che reca nel cuore un sentimento profondo per una donna che l'amico narratore non riesce a comprendere. Ogni uomo è una entità a sé stante che, come le monadi leibniziane, è senza finestre. I segni attraverso i quali è possibile l'esistenza civile sono sommari, utilitaristici, ma scevri della verità ultima delle anime.
A ben riflettere, in una società come quella americana di pieno impiego e di diffuso benessere, il modo di sfuggire al conformismo può essere di due tipi: o l’evasione amorosa, che si attua necessariamente con un << partner», o quella solitaria dell'alcool. Introversi, molto occupati, malinconici, è noto che gran parte dei cittadini USA preferisce il Bourbon alla compagnia femminile. Momento selvaggio ci è parso interessante perché vi si cerca una conciliazione delle due nevrosi. Né, al solito, vi inganni il lieto fine, che è un modo come un altro di sciogliere un nodo tra i più aggrovigliati.
Nella prima parte di Momento selvaggio ci sono momenti di grande bellezza, di un fascino tutto particolare. È girato in esterni, mostra quell’America insolita che è cosi magica, di essenza si direbbe Stregata, e che i registi più sensibili hanno imparato a farci vedere. Gli Stati Uniti quali appaiono in Momento selvaggio sono altrettanto patetici, ma di una qualità più accessibile, più intima. L'osservazione più giusta è che il paesaggio s’accorda al dramma della protagonista che si dibatte nello sforzo di ritornare ad essere, dopo il fattaccio, quella di prima. Si capisce, se no non ci sarebbe più il film, che lo sforzo è vano.
Ci siamo chiesti, anche perché la seconda parte del racconto, pur fatta bene, non ha il valore della prima, cosa è che ci ha turbato nel dibattersi di Mary contro una realtà spaventosa; insomma perché la storia, ispirata da un romanzo, Mary Ann, di Alex Karmel, ha finito per prendere al laccio uno spettatore incallito. Crediamo di aver trovato la risposta, anche se non sappiamo se apparirà soddisfacente ad altri spettatori. Mary è vittima, sia pure non consenziente di un peccato feroce, dettato dal furore erotico. Ma, proprio come nel mito del peccato originale di Adamo ed Eva, essa vive nel ricordo del paradiso perduto, e che sa irrecuperabile. Insomma, Garfein ha lavorato in terreno conosciuto, in un universo culturale e sensitivo comune a molte persone. È lo stesso caso accaduto a Federico Fellini per La strada. Ottuso, egoista, violento Zampanò finiva per riconoscere, attraverso il rimorso' e la nostalgia della perduta Gelsomina, la fraternità, il senso di appartenere a una famiglia unanime, dotata delle stesse. aspirazioni e paure. Siamo tutti d’accordo sul fatto che Mary a differenza di Zampanò e di Eva, è innocente. Ma il problema psicologico è sempre quello di chi è precipitato in fondo a un abisso e ha perso la luce consolatrice che scalda i suoi simili.

                                                                                 1962
Pietro Bianchi, Maestri del cinema, 1972