lunedì 21 ottobre 2013

Una vita al margine del cinema

Renato Terra
Napoli, 26 luglio 1922 – Roma, 28 novembre 2010
Con Pietro Germi, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Valerio Zurlini e molti, molti altri.
Da napoletano divenne sullo schermo siciliano e soprattutto calabrese.

giovedì 17 ottobre 2013

Don Peppino Musolino




« Nd'ebbiru alligrizza chiddu jornu
quandu i giurati cundannatu m'hannu...
ma si per casu a lu paisi tornu
chidd'occhi chi arridiru ciangirannu »

Se avete mai assistito ad un’opera dei pupi vi potete fare un’idea di questo film, Il brigante Musolino di Mario Camerini. Il pupo protagonista muovendosi a scatti, voce grossa grassa, bastona tutti, ma è anche innamorato; i carabinieri fanno da contorno.
Nella realtà Giuseppe Musolino ( 1876 – 1956 ) accusato di un crimine non commesso, esasperato, non riconoscendo né la giustizia di Dio, tanto meno quella degli uomini, scappa e con un serbatoio di sangue freddo in corpo uccide quanti lo hanno fatto condannare. Compiuta la vendetta, povero ed infelice, comprende che l’unico posto dove può rifugiarsi è il carcere. Lo stato senza riaprire il precedente processo e riconoscere i torti commessi sulla sua testa, lo condannò all’ergastolo a vita, causandogli con ciò l’infermità di mente.
Nel film di Camerini, il secondo sulle gesta di don Peppino, dopo quello di Elena Notari del 1924, come nell’opera dei pupi, l’ambiente dove i personaggi si muovono è del tutto assente, nessuna descrizione che colloca in un contesto preciso le azioni sceniche, come riconosciuto a Il lupo della Sila, anche se vengono nominati, da Nazzari, San Luca e il Santuario.
Le pecche del film, recitato discretamente, provengono tutte dal soggetto e principalmente dalla sceneggiatura a cui prese parte un mucchio selvaggio di nomi che diventeranno molto attivi, in seguito, nella regia. Camerini in fase di realizzazione farà ulteriormente di testa sua mischiando il melodramma all’opera pupara. Questo non toglie che il film vada bene con gli incassi e le presenze nelle sale disseminate in tutta la penisola, isole comprese. Del resto in quegli anni il pubblico, fatto per la maggior parte, dal popolo delle periferie, di qualsiasi origine, urbana come della provincia, non chiedeva che fango, sudore e polvere da sparo, verniciati con un po’ di erotismo. Se cercate qualcosa di calabrese nel film ne troverete poca, anche la parlata è viziata di siculo-campano. Rimane Calabresella mia, accennata nella colonna sonora di Enzo Masetti e nella scena della vendemmia cantata dalle popolane, ma in realtà registrata in studio e sovraimpressa in bocca alle vendemmiatrici.
Tra gli attori voglio segnalare Gino Morisi nella parte del capo ‘ndranheta don Pietro Solemi. In certi momenti, per altro pochi, mi ricorda il Jason Robards di C’era una volta il west di mastro Sergio Leone, uno degli assistenti di Musolino. Pardon, di Camerini.

Resistenza e Rivoluzione


Roberto Rossellini 1906 - 1977
 

Alberto Lattuada 1914 - 2005



Alessandro Blasetti 1900 - 1987

Già nella Corona di ferro il genere sembra parodiare se stesso. Rossellini, Lattuada, Blasetti tentano già un realismo di classe internazionale. E’ tuttavia con la Liberazione che esso imparerà a liberare, altrettanto pienamente, le sue volontà estetiche, a permettere loro di svilupparsi in condizioni nuove che non mancheranno di modificarne sensibilmente il senso e la portata.

I Italia Resistenza e Liberazione non sono affatto, come la rivolta di Parigi, semplici frasi storiche. Rossellini ha girato Paisà in un periodo in cui il suo racconto era ancora attuale. Il bandito mostra come la prostituzione e il mercato nero si siano sviluppate nelle retrovie dell’esercito, come la delusione e la disoccupazione portino un prigioniero liberato al gangsterismo. A parte alcuni film che sono incontestabilmente dei film di “ Resistenza “ come Vivere in pace e Il sole sorge ancora, il cinema italiano si caratterizza soprattutto per la sua adesione all’attualità. … anche quando il nucleo essenziale della storia è indipendente dall’attualità, i film italiani sono prima di tutto dei reportage ricostruiti.

 Ne deriva che i film italiani presentano un valore documentario eccezionale, che è impossibile tirarne via la storia senza trascinare con essa tutto il terreno sociale nel quale affonda le sue radici.

Ciò che continua ad essere ammirevole e ad assicurare al cinema italiano un credito morale amplissimo nelle nazioni occidentali è il senso che acquista in esso la pittura dell’attualità. In un mondo ancora e già ossessionato dal terrore e dall’odio, in cui la realtà non è più quasi mai amata per se stessa ma solo rifiutata o difesa come segno politico, il cinema italiano è il solo a salvare, nel senso stesso dell’epoca che dipinge, un umanesimo rivoluzionario.



mercoledì 16 ottobre 2013

Fedeltà e rinnovamento

Scirocco d’inverno Miklos Jancso
  Nel cinema di Jancso, Scirocco d’inverno, ha la stessa importanza che hanno avuto Luci d’inverno e Persona di Bergman. Davanti a questi autori per i quali la fedeltà a se stessi coincide con un incredibile rinnovamento, corriamo il rischio di commettere gli equivoci più grossolani. Accusare autori come Hawks, Bergman o Jancso di ripetersi dimostra una fondamentale incapacità di mettersi in rapporto con la figura del cineasta.

martedì 15 ottobre 2013

lunedì 14 ottobre 2013

Paola non abita più qui

OGGI
Desiderio, il titolo originale era Scalo Merci, di Marcello Pagliero e Roberto Rossellini è una pellicola che mai sarebbe passata per il proiettore Fumeo del Cinema Loreto di Platì. Non per il divieto di monsignor Minniti quanto per l’ostracismo dei cataloghi di film per le sale parrocchiali quali la San Paolo Film o l’ Angelicus Film.
Eppure è la storia di un tentativo di redenzione da parte di una giovane donna che vuol tornare alla vita, conscia della strada senza ritorno imboccata nella grande città, dopo aver conosciuto un floricultore.
Attraverso costui Paola comprende che per cambiare vita deve tornare al paese natio, nella semplicità della vita quotidiana fatta di piccole conquiste, vita all’aria aperta, balli il sabato sera, condivisione degli sforzi in famiglia.
E’ tutta un’illusione: dal padre che rifiuta di perdonarla; alla sorella che la caccia di casa per averle infiammato il fresco marito; all’ex amante che rivedendola la perseguita ricattandola; ai paesani che conoscono il passato cittadino, è tutto uno sbatterle la porta in faccia.
Non rimane che il sacrificio. Ecco, Paola si sacrifica: Ma la Commissione Episcopale Italiana ed il Centro Cattolico Cinematografico non perdonarono a Elly Parvo di averci, per ventiquattro fotogrammi, fatto scorgere un piccolo seno, in questo ebbero una mano con le forbici pure dalla censura, che snaturò il film.
Figurativamente Desiderio - prodotto tra il 1943 e il 1945 e uscito a guerra finita -  sembra precorrere non tanto il neo-realismo bensì il post-neorealismo: riprese quasi sempre in esterni ed attori sensibilmente calati nella parte.
Anna Magnani anni dopo, in pieno post-neorealismo, quando desiderò prendersi una vendetta da Roberto Rossellini con Vulcano, diretto da quello zoticone di William Dieterle, puntò il cuore su Stromboli, con Ingrid Bergman, ma gli occhi erano su Desiderio.

giovedì 10 ottobre 2013

Eugenio, Pricò eTommi

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE

Ho accennato per il film di Luigi Comencini, Voltati Eugenio, a due registi nostrani che hanno lavorato con i bambini: Vittorio De Sica e Kim Rossi Stuart.
I lungometraggi che hanno realizzato e quest’oggi ci interessano sono I bambini ci guardano e Anche libero va bene.
La distanza temporale tra i due è compresa in un arco di tempo di sessanta anni ma  sono pressoché simili nella rappresentazione dell’infanzia.  Pricò e Tommi sono bambini che di fronte agli adulti subiscono la realtà per loro creata.
I loro due papà, un ragioniere contabile ed un operatore alla stedycam,  il primo mite il secondo irascibile, hanno sposato due donne le quali vanno e vengono per i loro motivi …ormonali? Pur sempre le  signore sono legate alle loro creature che assistono a questo andirivieni con i danni che ne conseguono. Pricò spesso piange, Tommi è di solito silenzioso.
La perizia con cui i due piccoli protagonisti sono stati diretti è evidente -  De Sica dirige per la prima volta un bambino e Kim Rossi Stuart dirige per la prima volta  un film -  senza dover ricorrere a specialisti dell’infanzia, specie quando sono soli di fronte alla macchina da presa: Pricò in fuga con la passeggiata sui binari , incontro al treno, schivato all’ultimo momento e Tommi che vaga, senza protezione,  sul cornicione e sul tetto del palazzo dove abita o nel traffico cittadino.
La differenza, al termine dell’azione filmica, è che mentre il ragioniere non resiste e dopo aver collocato il figlio in collegio, si getta dall’ottavo piano,l’operatore trova motivo di sopravvivenza nell’attaccamento sfrenato con il suo bambino.
Nei lavori dei tre registi citati la realtà in cui si trovano i piccoli è molto ben evidenziata: nel film di De Sica, Pricò - l’Italia è in guerra e stanno arrivando gli alleati, sebbene tutto ciò non traspare nel film - si aggira per una Roma primaverile e successivamente è portato in una località balneare; negli anni di Comencini – i primi ’80 – si affacciano invece i conflitti sociali, disorganizzazione e disoccupazione e dei bambini non si accorge nessuno; nella realtà di Kim Rossi Stuart - più vicina a noi – i bambini chattano o sono parcheggiati nelle scuole di danza o in quelle di nuoto come di calcetto.
Eugenio scompare nel fotogramma, Pricò in collegio, Tommi nelle braccia di un delirante padre.