mercoledì 7 novembre 2012

Il desiderio di Dillinger



Dillinger è morto  Marco Ferreri
  E’ il desiderio di durare fatto cinema. Il desiderio di lasciare le cose a se stesse di dare loro il tempo di organizzarsi in vista di un senso emergente, di svilupparsi, di iniziare dei percorsi, di crescere in eventi.

lunedì 5 novembre 2012

Double reel

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE

 

Dillinger è morto, Marco Ferreri
Fuoco!, Gian Vittorio Baldi

Due film tra loro contemporanei mettono a fuoco un certo disagio sul finire degli anni ’60. Il primo a colori con compostezza;  con foga il secondo, in bianco e nero.
Michel Piccoli, ingegnere, ben vestito, si muove silenzioso in un appartamento del centro storico cittadino ben arredato e ben fornito con una pistola rossa a pois uscita dal restyling di Mario Schifano (proprietario della casa dove furono girate parte delle scene, lo studio ed i salotti; la cucina invece era nella casa di Ugo Tognazzi ).
Mario Bagnato, muratore, probabilmente disoccupato, si muove anch’esso silenzioso in una vecchia casa che si affaccia sulla piazza principale di un paese in provincia di Viterbo, fornito di un arsenale militare.
Vittime di questo rigurgito antisociale sono le due mogli, Anita e Lidia … e  la Madonna.
Michel Piccoli, astutamente finirà a Taiti al servizio di una signorina, Mario Bagnato, da povero Cristo, in carcere su una giulietta dei carabinieri al servizio dello stato.
Ho scritto della foga con cui è girato Fuoco, macchina a mano,  da Gian Vittorio Baldi, Marco Ferreri, invece, la dispensa in quei brani casalinghi girati in 8 mm e proiettati su schermi vari, in modo da creare una bidimensionalità all’interno del film principale.
Qui sotto potete vedere il mio restyling ai due film con Layla di Eric Clapton

domenica 4 novembre 2012

Non per soldi ma per...


Dagli attenti studiosi dell’opera bressoniana, la presenza dostoveskiana è stata avvertita in opere come Pickpocket- Delitto e castigo – e  Au hazard balthazar – L’idiota.
L’ultimo film del maestro  francese è invece tratto da Lev Tolstoi  - Denaro falso o La cedola falsa.
Questa volta per addentrarvi nel film abbozzo io una trama che parte dal film e risale al racconto di Tolstoi pubblicato postumo nel 1911.
Leggete qua:
Luigi, impiegato di un Ente di Formazione Professionale, da mesi  si ritrova senza  lo stipendio, pur recandosi ogni giorno sul posto d lavoro e svolgendo le mansioni affidategli.  Altri, più sopra di lui, decidono di fare e disfare sulla sua testa e quella dei suoi colleghi. Altri, seduti comodamente che non si fanno mancare niente, compresi i compensi, falsi, per le trasferte.
Occasionalmente, Luigi, fa dei lavori con lo scopo di raccogliere quanto gli serve per far fronte ad un mutuo ancora in corso e rimborsare la finanziaria presso cui ha fatto ricorso per un prestito al fine di ristrutturare la casa, certo di far fronte, quando ha firmato in banca ed alla finanziaria, agli impegni ,da quanto riceveva in busta paga ora busta fantasma.
Per uno di questi lavori saltuari, un trasporto di legna con il suo pickup, riceve una banconota falsa di cento euro. Ignaro del danaro falso si reca dal distributore di carburante per rifornirsi. Lì per lì l’operaio del rifornimento non si accorge del falso e scambia la banconota consegnando il resto allo sprovveduto Luigi.
Se ne accorge la sera il gestore dell’impianto il quale penalizza sulla paga l’operaio ma trattiene anche la banconota falsa, pensando di riciclarla con il primo malcapitato.
Nel fine settimana lo trova in un vecchio giardiniere che gli cura il verde dell’impianto di rifornimento, come compenso settimanale. E’ sabato, ed il vecchio si reca al supermercato per fare la spesa da portare a casa dove vive con la moglie, ma viene fermato perché la macchinetta che serve per riconoscere i falsi rigetta la banconota. Chiamata la polizia il malcapitato denuncia il gestore che gli ha rifilato il danaro fraudolento. Questi viene denunciato per spaccio di banconote false e arrestato. Processato si vede costretto a cedere l’impianto di rifornimento. Le spese processuali costringono alla fine anche quest’ultimo ad inventarsi un lavoro per poter mantenere la famiglia composta di due figli e di una moglie affetta da sclerosi multipla. Angosciato per non riuscirci, in un momento d’ira con i figli, decide di farla finita con tutto e tutti …
E’ stato detto che rispetto al racconto originale di Tolstoi, nel film di Bresson, il quale era ritenuto un giansenista, non c’è redenzione; ma che redenzione può esserci,  in questo momento in cui si sta svendendo tutto compreso i sentimenti e gli affetti, dove altri, dai dirigenti della Monsanto ai dirigenti della Regione siciliana decidono per dove deve scorrere il denaro?
Già da tre anni Vasilij aveva lasciato il suo villaggio per venire a vivere in città. … Ogni anno dimenticava sempre di più le leggi della gente di campagna e assimilava le abitudini della città. Là al suo villaggio tutto era grossolano,  grigio, misero, disordinato, qua era tutto fine, pulito, ricco, e tutto era in ordine. Ed egli era sempre più convinto che i contadini vivessero senza alcun senno, come le bestie della foresta, e che solo qua ci fossero i veri uomini. Leggeva libri i bravi autori, romanzi, andava agli spettacoli della casa del popolo. Cose che in campagna non ci sono neppure. In campagna i vecchi dicono: vivi secondo la legge con tua moglie, lavora, non mangiare troppo, e non vantarti; qua invece uomini intelligenti e istruiti, che quindi conoscevano le vere leggi, vivevano secondo il loro piacere. E  tutto andava bene. La cedola falsa, Tolstoi, Tutti i racconti vol. 2, I Meridiani, Mondadori, Trad. Maria Crepax.

venerdì 2 novembre 2012

Il gigante e la bambina


Durante la lavorazione di Au hasard de Balthazar di Robert Bresson, Jean-Luc Godard si presenta sul set per un'intervista al regista da pubblicarsi sui Cahiers du Cinema. Il regista all'epoca era sposato con  Anna Karina, che senza indugio mollò per la protagonista bressoniana, un'altra Anna (!).

« Cet homme qui m'aimait et que j'aimais... »
Un jour de juin 1966, j'écrivis une courte lettre àJean-Luc Godard adressée aux « Cahiers du cinéma », 5, rue Clément-Marot, Paris-8
e
. Je luidisais avoir beaucoup aimé son dernier film, «Masculin Féminin ». Je lui disais encore que j'aimais l'homme qui était derrière, que je l'aimais,lui. J'avais agi sans réaliser la portée de certainsmots, après une conversation avec GhislainCloquet, rencontré lors du tournage d'« Au hasardBalthazar » de Robert Bresson. [...]
Lentement Jean-Luc m'attira vers le lit
enretirant mes vêtements, les siens. Il me guidaitavec une infinie délicatesse, attentif au moindre demes tressaillements, anticipant un baiser, unecaresse. Ses mains sur ma peau me procuraientdes ondes de plaisir qui me bouleversaient.Comme me bouleversa sa façon de me fairel'amour. Je sus tout de suite y répondre : nos corpss'étaient immédiatement accordés, « trouvés »,comme il me le dira plus tard. Je réalisais que jevenais de faire vraiment l'amour pour la premièrefois de ma vie, que j'aimais ça. Un monde deplaisir s'ouvrait devant moi, grâce à cet homme quim'aimait et que j'aimais. La gratitude, l'envie de
l'embrasser, de mieux connaître son corps, de toutlui donner du mien, tout cela m'étourdissait. [ ...]
La rencontre entre ma mère et Jean-Luc
eut lieupeu après. Elle l'appelait « monsieur » et lui «madame ». Il était intimidé, elle s'efforçait d'êtrepolie. Comme nous nous apprêtions à sortir dîner,il l'invita à se joindre à nous. Elle refusa avecviolence. Je vis alors dans ses yeux le dégoût qu'illui inspirait. Un dégoût radical et définitif. Même luiserrer la main lui demanda un effort.
«Anne ne doit  pas rentrer au-delà de minuit »,
dit-elle sur le pasde la porte. Je me taisais, humiliée d'être traitéecomme une petite fille alors que je n'étais pluscensée l'être depuis longtemps. Jean-Luc prenaitles choses avec humour :
« C'est compliquéd'aimer une mineure ! »
Et dans l'espoir de medérider :
« Ta mère finira par s'y faire. »
Je passailes jours qui suivirent à tenter de réviser lagéographie. J'avais du mal à me concentrer, priseentre l'amour de Jean-Luc et l'hostilité de mamère. [ ...]

Une année studieuse, par Anne Wiazemsky, Gallimard 2011

martedì 30 ottobre 2012

Buon giorno cinema

Il buon giorno si vede dal mattino, anche al cinema

lunedì 29 ottobre 2012

Separazioni dolorose

Shonen (Ragazzo) Nagisa Oshima
   Shonen sembrerebbe la storia di una famiglia giapponese e il racconto dell’azione che i suoi membri compiono per sopravvivere e rimanere uniti. Questa unità tuttavia si rinsalda maggiormente nei momenti in cui avvengono le separazioni più dolorose, quando i percorsi dei personaggi sembrano allontanarli l’uno dall’altro.



giovedì 25 ottobre 2012

Il western all'italiana? Tutta colpa di Mario Bonnard


Codiressi  Gli ultimi giorni di Pompei con Bonnard, che ad un dato momento dovette andarsene perché non stava bene di salute, e doveva anche fare il Gastone con Sordi. Mio aiuto regista era Duccio Tessari, regista della seconda unità Sergio Corbucci. Ci dividemmo questo film, che fu quasi un film scherzo, perché in sceneggiatura – io ero uno degli sceneggiatori – avevamo fatto un film per un tipo come Sean Connery, cioè intelligente, astuto, ecc. ma  dieci giorni prima di iniziare ci dissero invece che avevamo avuto la fortuna di avere Steve Reeves. Quindi improvvisamente questo film, che naturalmente veniva centrato sulla pseudo-forza bruta di Steve Reeves, dovette cambiare completamente natura e genere e noi, in una settimana, fummo costretti quindi a riscrivere totalmente la sceneggiatura in funzione di questa specie di robot. Sergio Leone

Si, Gli ultimi giorni di Pompei l’ho diressi praticamente io, perché Bonnard si è ammalato, e io l’ho sostituito s sua precisa richiesta. Ma non ho voluto firmarlo, per rispetto nei suoi confronti. Quello che ci ho portato di mio sono i due aiuto registi, Tessari e Sergio Corbucci. Sergio Leone

Ma soprattutto io ero un patito dei film western e perciò i miei antichi romani si muovevano un po’ come dei pionieri, degli sceriffi, la spada al fianco era come una pistola. Fu proprio in questo che i miei film si differenziavano con quelli di Francisci e di Cottafavi. Ma allora sembrava che il western fosse una prerogativa soprattutto americana, impossibile da fare per noi. Sergio Corbucci

Il western all’italiana nasce da un film che feci con Sergio verso la fine degli anni Cinquanta. Ero a Roma quando lui, che allora era assistente di Mario Bonnard nonché grande amico mio, mi chiamò dalla Spagna dove stavano girando un remake di Gli ultimi giorni di Pompei , per dirmi di raggiungerlo subito, se ero libero, perché Bonnard, che era uno che non andava volentieri all’estero, aveva avuto un attacco di colite e così lo aveva incaricato di dirigere e di trovare qualcuno che si prendeva l’incarico per gli esterni. Partii immediatamente portandomi Duccio Tessari, che era il mio aiuto e che aveva scritto con me qualche sceneggiatura di film storico mitologico. Operatore della seconda unità, ossia di quella mia, era Enzo Barboni, mentre con Leone per gli interni, lavorava Franco Giraldi. Facemmo questo film con molto divertimento, e io vidi che in Spagna c’erano ‘sti cavalli, c’erano ‘ste pianure straordinarie, c’era ‘sto paesaggio che assomigliava molto al Messico, al Texas, o comunque a come noi l’immaginavamo.  Girando Gli ultimi giorni di Pompei tante volte ci trovavamo a dire: “Ma guarda un po’, qui si potrebbe fare un western straordinario!”  Sergio Corbucci

Testi tratti da L’avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti 1935-1959 a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli