Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
mercoledì 25 marzo 2020
lunedì 23 marzo 2020
domenica 22 marzo 2020
Giovanna Ralli sogna
UN’ATTRICE CHE ATTENDE FIDUCIOSA L’ORA
FATALE
I sogni si avverano
per Giovanna Ralli
Dal teatro al cinema con crescente
successo – Aspetta il matrimonio
Insomma, questa giovane attrice che ha soli vent'anni
può già vantare una buona notorietà in Italia e all'estero, chiacchiera
volentieri e non attende che le si facciano molte domande. Ricordate la romana
alquanto sbarazzina di «Villa Borghese» accanto a -De Sica? Bene, fu appunto
con quella interpretazione che Giovanna si guadagnò definitivamente del
pubblico, ma non fu quello il suo primo film.
L'esordio sullo schermo, infatti, avvenne quando era appena una
ragazzina quattordicenne con la serie della «Famiglia Passaguai» in cui
sostenne il ruolo della figlia di quella coppia mattacchiona che rispondeva ai
nomi di Ave Ninchi e Aldo Fabrizi. In seguito fu chiamata in Francia dal noto
regista Christian Jacques che le affidò una parte di rilievo in «Madamè
Bovary». Tra i suoi ultimi film si ricordano particolarmente «Le signorine
dello 04» e «Le ragazze di San Frediano», attraverso i quali il suo
«personaggio» di ragazza ingenua e bella, credulona e sognatrice, si è imposto
all’attenzione della critica del pubblico come una delle migliori promesse del
nostro cinema.
I genitori di Giovanna Rulli che in un primo tempo non
volevano assolutamente permetterle la carriera artistica, si sono ormai
ricreduti, ma vorrebbero che si sposasse e desse loro di nipotini. Questo però
è un aspetto della vita cui Giovanna per il momento non può pensare.
«Bisognerebbe che avessi un pò più di tempo libero - ella dice – ma il lavoro
non me lo permette. Anche in queste ultime settimane sono stata molto occupata
perché «Un eroe dei nostri tempi» con Alberto Sordi e Franca Valeri, mi ha
tenuta costantemente impegnata, costringendomi a rinviare la
soluzione di quello che i miei genitori definiscono «il problema».
Diretta da Monicelli, Giovanna ha ritrovato ii suo
abituale personaggio: ragazza del popolo, commessa di un parrucchiere per
signora e fidanzata di un giovane disoccupato, per aiutare il quale sfrutta la
simpatia che nutre, per lei Alberto Sordi, il quale le dà ad intendere di
essere «dottore» e capoufficio. Giovanna rappresenta, il tipo di ragazza che
ogni uomo ha incontrato almeno una volta in vita sua. «Marcella - afferma
Giovanna Ralli - è una ragazza bella, dolce, un tantino sguaiata, innamorata e
pronta a sacrificare tutto al suo uomo. E' un ruolo che mi piace più d'ogni
altro, e spero di renderlo al massimo».
Le prime esperienze artistiche di Giovanna risalgono
al teatro, in quanto 'prima di debuttare nel cinema recitò alcuni mesi nella
Compagnia di Peppino De Filippo, i cui insegnamenti -- ella dice - le si
dimostrarono oltremodo preziosi.
Giovanna è ormai un'attrice che sa quello che vuole.
Preferisce i ruoli brillanti perché vi si, trova perfettamente a suo agio, ma
anche perché interpretandoli, si diverte: «Ritengo che il miglior segreto di
un'attrice, sia appunto quello di vivere la pro pria parte, cercando di
renderne anche le più riposte sfumature.
D'altra parte è evidente che il soggetto del film deve piacere, anche
sotto questo aspetto sono molto soddisfatta per «Un eroe dei nostri tempi», nel
quale accanto ad Alberto Sordi, divento protagonista di una singolare vicenda. Il
film narra la storia di un giovanotto, impiegato in una fabbrica di cappelli. La
sua vita, apparentemente tranquilla e monotona, si svolge sotto il segno della
paura; la paura di mettersi nei pasticci con ragazza che ama, Marcella, perché
è minorenne; paura di trovarsi coinvolto in guai immaginari. Tutti i suoi gesti
sono dettati dalla preoccupazione di non compromettersi, e quindi non ha mai il
coraggio di affrontare alcuna difficoltà. Naturalmente egli tenta di nascondere
la sua inettitudine e la viltà che lo distinguono
ostentando una certa superbia, ma proprio per quel suo morboso timore di
trovarsi - come egli dice -- «incastrato» in grossi guai, finirà con l'esservi
coinvolto veramente, attraverso tutto un susseguirsi di imprevedibili vicende, sottolineata dalla comicità
dello stesso Sordi nelle vesti del povero impiegato Menichetti».
Sugli ammiratori di Giovanna Ralli, uno scrittore
umoristico potrebbe ispirarsi, per scrivere un volumetto molto curioso. Dal
timido e giovane poeta romano che, ogni mese le manda pochi versi a lei
dedicati, ad alcuni focosi siciliani che le inviano continuamente cassette di
arance e bottiglie di marsala, dal pingue ed anziano industriale milanese che le ha proposto di
sposarla, allo studente liceale di Trieste che le ha suggerito per iscritto una romantica fuga in
un'isola dei mari della Sonda! Nel frattempo, in attesa che giunga anche per
lei l'ora fatale del matrimonio, Giovanna non si monta la testa e lavora sodo.
Piero
Prossenda GAZZETTA DEL SUD, Mercoledì 20 aprile 1957
giovedì 19 marzo 2020
CINE ma POPolare - Cattivo gusto e classi popolari
Assodato che il pubblico popolare non va al cinema soltanto per scompisciarsi dalle risa, poniamoci
questo interrogativo: l'attuale produzione di film cosiddetti popolari risponde effettivamente
alle esigenze e ai gusti degli spettatori cui è destinata? Prima di tentare una
risposta attendibile. e ragionata, occorre una messa a punto a proposito di gusti ed esigenze
popolari. Scriveva Vito Pandolfi nel numero di agosto 1953 della "Rivista
del cinema italiano": «C'è un cattivo gusto delle classi popolari che essi (certi produttori e certi
registi) conoscono sufficientemente per ottenere a volte, quando l'imbroccano, sbalorditivi
risultati finanziari». Proprio cosi: c'è un cattivo gusto dei vasti
pubblici popolari, retaggio di antica
ignoranza e di incivili condizioni di vita, che li sospinge sulle facili strade del melodramma lacrimogeno e
delle distensive evasioni bassamente comiche. La naturale ed istintiva tendenza
verso un mondo diverso da quello in cui abitualmente si vive, la perenne tensione dell'essere al dover essere, si trasforma, presso
le moltitudini (operai, contadini, braccianti, impiegatucci, bottegai, artigiani ecc.), in preferenza per situazioni
e personaggi semplicistici e convenzionali; sia nel comico sia nel drammatico, la loro simpatia è tutta per i buoni, i deboli, gli innocenti e gli ingenui e, in genere, per le vittime della soperchieria dei malvagi e dei furbi senza scrupoli. Mentre
comprendono - e dalla comprensione
nasce l'interesse
- certe
situazioni radicali (contrasto fra amore ed odio, amore e dovere, candore e malizia), mal comprendono invece
le sfumature, i mezzi toni. gli stati d'animo complessi, Insomma l'autentica e poliedrica realtà umana, che raramente è tagliata con
l'accetta.
Come sempre, il problema della diffusione dell'arte e
della cultura è anzitutto un problema di educazione popolare: non si tratta di abbassare l'arte del film al livello di certo mal gusto
popolare quanto di elevare gradualmente lo spettatore comune al livello dei
film d'arte. Così facendo, si obbliga la produzione a cambiare gradualmente
indirizzo in conformità dei nuovi orientamenti della "clientela"·
Dal canto loro, gli artisti possono e
debbono maturare dallo spettatore popolare un insegnamento di alto valore: arte
e sobrietà, bellezza e sincerità, buon gusto e sanità morale sono termini che,
lungi dall'escludersi, si richiamano e si intrecciano nell'unità dell'opera. Un meccanico di Sulmona ci
confidava che lui, al cinema, vuole innanzi tutto capire e, quando non ci riesce, il film non gli piace. Questo desiderio di
chiarezza è molto diffuso nel pubblico popolare, che rifugge dal cerebralismo e
dalle costruzioni sofisticate: In nome della legge e Due soldi di
speranza vengono senz'altro preferiti a Miracolo a Milano ed Europa
'51.
Sviluppando un motivo accennato dal Pendolfi e dal Chiarini,
crediamo di poter affermare che, oggi in Italia, non esiste ancora una cinematografia largamente popolare, che salvi al
contempo le ragioni dell'arte e della cultura. Tuttavia è doveroso e gradito riconoscere
che le opere migliori del realismo hanno indicato la strada buona e ne sono un valido esempio i due film
citati. Rammentino i nostri registi di maggior talento che i film di Matarazzo, Brignone, Costa
ecc., il cui successo è
dovuto ad un'abile speculazione sui temi e sentimenti perenni dell'anima umana, hanno, se non altro, il pregio di
non essere
difficili:
muovendo dagli stessi temi, ma percorrendo ben altri itinerari, è certamente
possibile produrre opere dignitose e largamente popolari. La lezione di Chaplin
è sempre valida: tutti i suoi grandi film (dall'epoca del muto al recente Luci della ribalta) hanno saputo in tutto
il mondo interessare e commuovere milioni di spettatori di ogni categoria sociale, in particolare quelli
delle classi popolari; la stessa convenzionalità di alcuni temi e situazioni. è sempre riscattata
dalla finezza delle analisi psicologiche, dal preciso mordente delle annotazioni
di costume, dalla rigorosa coerenza dello svolgimento narrativo.
Per concludere, la responsabilità della
carenza di una buona cinematografia largamente popolare non può farsi risalire
esclusivamente all'ignoranza e al mal gusto del pubblico e alle dure leggi
della "cassetta
". Le stesse non trascurabili
difficoltà di ordine censorio non sono bastevoli ad assolvere completamente i
nostri registi di maggiore
impegno e valore; probabilmente, come scriveva Fernaldo Di Giammatteo (" Rassegna del film",
n. 15 del giugno 1953), essi si sono piegati un po' troppo ai compromessi
esterni ed interiori, abdicando, talvolta, alla propria personalità.
CARLO SANNITA
CINEMA
quindicinale di divulgazione
cinematografica Volume XII Terza serie Anno VII – 1954 10 Novembre
mercoledì 18 marzo 2020
Citizen Laura
Do you know
how many times you've been arrested for hazardous vapor inhalation
in the last
year and a half, Miss Stoops?
Do you know
how many times we've given you substance abuse treatment in the state hospitaI instead
of jail?
Alexander Payne, Laura Dern, Citizen Ruth, 1996
lunedì 16 marzo 2020
domenica 15 marzo 2020
Un leone a Culver City - The Divine Woman
GRETA GARBO:
LA PIU'
SPETTACOLARE ATTRAZIONE DELLA METRO GOLDWYN MAYER
Assonnata e scontrosa, giunse un bel giorno del 1926 a
Culver City una timida ragazza svedese che aveva preso parte ad un paio di film
in Europa e che il grande Mauritz Stiller (invitato ad Hollywood dalla Metro dopo i successi di Sjostrom) aveva portato con sé, obbligando la casa a farle un contratto. Al suo arrivo
nessuno avrebbe mai supposto che nel giro di un anno o due l'insignificante ragazza - il cui nome era Greta Garbo - con i suoi lunghi e lisci capelli biondi, il languore delle palpebre pesanti e la piega
amara delle labbra pallide, avrebbe dato il colpo di grazia alla "garçonne" sbarazzina, allo sguardo petulante e
bistrato e alla bocca a cuore
all'inchiostro di China di Clara Bow e di
Colleen Moore, di Billie Dove e di
Lya De Putti. D'altra parte il tipo della " vamp " tradizionale, la donna bruna e vogliosa, destinata a sconvolgere la mente e i
sensi degli uomini, la rovina delle famiglie, insomma, era ormai in pratica tramontato con Theda Bara che era stata la prima
e più autorevole rappresentante
del genere. Tracce
affievolite di quell’impostazione -
anche allora considerata fuori moda - erano apparse ad esempio in Nita Naldi e
in Barbara La Marr: ma la prima, afflitta da un'incipiente pinguedine, era partita
per l'Europa a fare dei film, e la seconda, dopo una serie di successi (anche alla Metro, fra cui The Prisoner of Zenda del 1921), che l'avevano fatta soprannominare "la troppo bella", era morta da poco, a soli ventotto anni. La Murray era in declino; la Swanson e Pola Negri,
entrambe all'apice della carriera,
erano più che mai orientate verso la "sophistication"; mentre Alla Nazimova - che del resto non era stata mai una " vamp " - era
tornata al teatro. Mancava insomma al cinema americano una figura d'eccezione, dal fascino indiscutibile, la cui sola presenza in un film fosse capace di determinare il successo, (come era accaduto forse solo per Valentino, che moriva improvvisamente proprio nel 1926). Che cosa spinse i dirigenti della M.G.M. a puntare tutto sulla Garbo? Nel suo primo film americano, The Torrent (Il torrente, 1926) di Monta Bell, tratto
da un romanzo di Ibanez, la sua personalità non era ancora facilmente
definibile, e pareva uniformarsi al tipo "latino", di cui Dolores Del Rio era allora il "cliché" ufficiale. Nel
film successivo, The Temptress (La tentatrice, 1927: tolto di mano a Stiller alle prime scene e finito da Fred Niblo) vi era già qualche cosa di più: la Garbo assisteva - fra l'altro - con un sinistro
sorriso d'indifferenza (e forse di sadismo) ad un duello alla frusta fra due uomini che se la contendevano a torso nudo: ma a parte questa episodica reminiscenza dei
fasti di Theda Bara, il film – ricavato anch'esso da un romanzo di Ibanez - non dava ancora un'idea precisa e inequivocabile della personalità della nuova attrice. Tuttavia il pubblico, per ragioni forse indefinibili logicamente e dettate solo dall'infallibile intuito della psicologia collettiva, aveva cominciato a drizzare le orecchie. L'eco dei primi incassi e i commenti della stampa specializzata, fecero capire alla M.G.M. che la protetta di Stiller poteva essere un grosso affare, pur non essendo ancora
possibile individuare con esattezza in quale precisa direzione. Non era certo prudente rispolverare per lei
la formula della "vamp"
ma semmai tentare di rimodernarla,
rendendola più sottile e complessa:
il calcolo -· di cui non è dato oggi conoscere l'astuto
responsabile: ma giurerei
che c'era lo zampino di Thalberg - riuscì alla perfezione. Flesh
and the Devil (La carne e il diavolo, 1927) presentava una Garbo
dibattuta fra John Gilbert e Lars Harson, vittima
lla medesima del proprio fascino, una
" donna
fatale " sfortunata e
per nulla odiosa, la
cui tragica fine fra i ghiacci
non faceva tirare un sospiro di sollievo
agli spettatori, ma anzi versare fiumi di lacrime. Da
quel momento, la Garbo,
passò avvolta in una nube di inguaribile stanchezza e di tristi
presagi, dlle braccia di Gilbert e di Hanson,
a
quelle di Conrad
Nagel e
di Nils Asther, destinati a struggersi invano
per lei, irraggiungibile e incontaminata.
Love (Anna
Karenina) di Edmund
Goulding, The Divine Woman (La
donna divina, 1928) di Seastrom, The Misterious
Lady (La donna misteriosa, 1928) di
Niblo, The
Single Standard (La
donna che ama, 1928), A Woman of Affairs (Destino, 1929),
di Clarence
Brown, Wild Orchids (Orchidea selvaggia, 1929), di Sindney Franklyn, e The Kiss (Il bacio, 1929) di Jacques Feyder,
furono le tappe della sua fortunata carriera
fino alle soglie del sonoro. Con
la Garbo, la Metro Goldwyn Mayer aveva trovato
senza volerlo la più spettacolare attrazione di tutti
i suoi
trent'anni di vita. (continua)
Fausto Montesanti
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 25 NOVEMBRE In apertura Greta Garbo in The Torrent,1926 di Monta Bell
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