Nella cultura
americana la « detective story » ha sempre rappresentato simbolicamente la
capitolazione dell'artista recalcitrante nei confronti della comunità borghese.
Capitolazione che nessuno ha mai raffigurato meglio di Billy Wilder nel suo Private Life of Sherlock Holmes, in cui il mistero centrale è dato dal personaggio Holmes e il
dramma autentico dalla sua estraneazione rispetto alla realtà vittoriana che lo
circonda, sancita dalla sua dubbia appartenenza sessuale e dall'uso di
stupefacenti.
Quando la « detective story ››, con lo Sherlock Holmes
di Arthur Conan-Doyle, passò in Inghilterra, per lungo tempo in America non
ebbe altri cultori all'infuori di Mark Twain, il quale però in «Drouble-Barrellerd
Detective Story» e con il suo « amateur sleuth ›› Pudd’nhead Wilson dovette
prendere proprio distanza da Holmes (cosi .come questo ostentava disprezzo e
sufficienza nei confronti del C. Auguste Dupin).
Anche l'avvocato e «detective » dilettante Gavin
Stevens di William Faulkner, che appare per la prima volta in una serie di
racconti pubblicati sul « Saturday Evening Post », più tardi raccolti in volume
sotto il titolo « Knights Gambit ››, rappresenta il tentativo dello scrittore
di fare la pace con il Sud, l'America, il mondo intero. Anche il Quentin
Compson di « Absalom, Absalom! » si auto-torturava e si autodistruggeva,
percorrendo il vasto e profondo Sud alla ricerca di una fatidica verità.
Anch'egli non era che una specie di « detective » dilettante, ma la verità
l'avrebbe disrutto. Al contrario di Quentin Compson, il «detective » riottoso e
antagonista che sceglie il suicidio, Gavin Stevens, il<< detective ››
conciliante e socialmente utile sceglie il lieto fine. Per quanto alle prese
con questioni estreme in fatto di colpe e responsabilità Gavin Stevens in « Non
si fruga nella polvere ›› e « Requiem per una monaca ›› si ritrae dall'orrore e
scivola verso il sentimentalismo. Dal primo dei due romanzi citati nel 1949
Clanence Brown trasse una trasposizione cinematografica, Intruder in the Dust, girato quasi interamente a Oxfond, Mississippi,
città natale di Wiillliam Faulkner, che pur senza rendere tutta la materia
dello scrittore, non ne tradiva la tematica e si poneva come un « social exposé
›› contro il linciaggio, come Fury di
Fritz Lang e The Ox-bow Incident
(1943, Alba fatale) di Willialm A.
Wellmaln.
Ma la versione più appiattita e conciliante dell’archetipo
di Gavin Stevens è l'avvocato [Gregory Peck] protagonista di To Kill a Mockingb-ird {Il buio oltre la siepe] di Robert
Mulligan, dal romanzo omonimo di Harper Lee: anche qui un negro accusato di un
delitto che non ha commesso viene salvato dalla brama di vendetta pubblica
della « prude » e razzista comunità dei bianchi.
Nella storia della « detective story ›› americana non
mancano altri perdimenti al freddo rompicapo e altre capitolazioni nei
confronti della comunità borghese. Il Philo Vance di S. S. Van Dine è una
specie di esteta decadente che ei rende socialmente utiile in qualità di « amateur
seuth ››. Charlie Chan, l’investigatore cinese di Honolulu ideato dallo
scrittore Earl Derr Biggere, impersonato dall'attore Warner Oland nelle
numerose trascrizioni hollywoodiane delle sue avventure [non tutte sulla base
di storie di pugno dell'autore) segna il trionfo della totale accettazione
dell'« outsider ›. L'ombra sinistra del « chink » di Sax Rohmer, Fu Manciù, anch'essa
più volte proiettata sullo schermo, si trasforma nella panciuta e più gradevole
« silhouette › dell’orientale che mette tutta la sua saggezza, nonché tutta la
sua astuzia, al servizio della legalità, né più né meno come fanno il
giapponese signor Moto di John P. Marquanld e l'hawayano Johnny Aloha di Dray
Keene.
Ma il contributo essenziale della cultura americana
alla « detective story » è indiscutibilmente uno strano rampollo della
letteratura sulla violenza urbana che imperava negli anni venti e trenta: una
quanto mai realistica descrizione della corruzione nella grande città il cui
supporto è dato dalle peripezie del «private eye››. Questi non ha più nulla in
comune con il «dandy » «diventato «almateur sleuth ››: la moderna « detective
story » americana non rappresenta più simbolicamente la capitolazione ai
dettami del sentimentalismo, del freddo rompicapo e del lieto fine, ma ci dà la più piena affermazione dell'orrore
sociale della società capitalistica americana. Geograficamente il « private eye
››, il « detective », lo « shaimus ››, lo « sleuth », l'« operator » delle
varie agenzie investigative, eredi della famosa Pinkerton, è uno «easterner ››
›[anche se spesso le sue azioni hanno luogo in California] ma la
sua derivazione ideologica e mitopoietica è quella del « westerner ››, l’incarniazione
dell'innocenza dell'uomo che è sempre vissuto a contatto della natura, al
cospetto della frontiera, e che adesso si muove cercando di restare senza macchia
attraverso la corruzione che abita la grande città. Tale parentela non è
sfuggita a Dashiell Hammett: che nel racconto « Corkiscrew » ha fatto del suo
tarchiato « operator ›› lo sceriffo di una cittadina del West. Né è sfuggito a
Donald C. Siegel che in Coogan's Bluff
(1968, L'uomo dalla
cravatta di cuoio)
dapprima manda il suo «deputy » di contea [Clint Eastwood) ad arrestare un capo
indiano fuggito dalla riserva e successivamente lo spedisce in jet in trasferta
a New York, dove prendere in consegna un malfattore da estradare (Don Stroud).
Nel film di Donald C. Siegel le disavventure del ,«
westener › gettato nel calderone rutilante della società urbana, industriale e
permissiva si prestano a diventare supporto di un’apologia della società
agricola che non è lontana dal fascismo alla Goldwater. Nel racconto di
Dashiell Hammett invece [e in generale in tutta l'opera sua) lo «shamus
›› irreprensibile è l'onesto proletario che si guadagna da vivere con il suo
duro lavoro e illumina per contrasto la spietata e perversa società dei ricchi;
ed egli non parla o si muove con la pedantesca condiscendenza del C. Auguste
Dupin ma nel linguaggio del popolo. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA
AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾