Film
come Little Caesar e Public Enemy, prodotti e realizzati agli
esordi del genere, divennero immediatamente oggetto del livore dei benpensanti
e degli strali della censura. L'ambivaIenza implicita nelle opere capofila e il
cinismo con cui Menvyn LeRoy e Wikliam A. Wellman avevano trattato i criteri
della pubblica decenza non erano sfuggiti ai censori, agli educatori e ai
formatori di opinione pubblica. Del resto non erano ipassati inosservati
nemmeno ad Al Capone, il quale si rifiutò di vendere le sue memorie ad un
produttore di Hollywood che voleva trarne un film, adducendo la scusa che un
film del genere avrebbe avuto l'effetto di corrompere la gioventù. È a causa di
questa levata di scudi che Scarface contiene
un prologo surrettiziamente sovrapposto al resto del film per condannare i «
gangsters ›› e in cui si vedono « boss ›› del giornalismo e privati cittadini
tuonare inferociti contro la malavita e il crimine organizzato.
La seconda fase del film di « gangsters ›› si dovette
uniformare al moralismo dilagante. Essa emerse nel 1935 con il film G-Men di William Keighley. Come tutte le
altre opere del ciclo che lo seguì di lì a poco per tre anni, G-Men era
iconograficamente indistinguibile dai film della prima fase, ma aveva come
figura centrale lo « leading hero ›› un agente dell’F.B.I. G-Men venne subito salutato dall'approvazione dei censori, per
quanto il gestire del G-Man, l'Uomo del Governo (appellativo rimasto agli
agenti federali dopo che un « gangster », in procinto di essere arrestato e timoroso
che questi gli sparassero, li aveva bloccati dicendo: « Fermi, mi arrende, G-Men
››, per tagliare corto e risparmiare tempo, fiato e parole; l'episodio è
descritto in Ero un agente F.B.I. di
Mervyn LeRoy), non fosse minimamente diverso da quello dei « gangsters ›› che avrebbe
voluto soppiantare. Non a caso l'interprete principale era James Cagney, che
in precedenza aveva impersonato il « gangster ››. È chiaro che tale assimilazione
tra banditi e uomini della legge, tra «gangsters ›› e agenti federali avrebbe
potuto risultare indecente. La sua copertura ideologica venne affidata a una
risorsa della finzione, a una contorsione del « plot ››: l'uomo del Governo
gesticolava e si comportava come un fuorilegge in quanto era personalmente che
veniva coinvolto nel mondo del crimine. Di solito, infatti, vi entrava facendo
l'entrismo e il doppio gioco allo scopo di distruggerlo.
(continua)
Franco Ferrini, I
GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾