lunedì 2 maggio 2016

Mexico Y revolucion


Subito dopo la metà degli anni sessanta del secolo della bomba atomica, per via delle rivolte studentesche, la presa di coscienza da parte della classe operaia e di quanti abitavano nei bassifondi delle metropoli, nel western italiano si affermò un sottogenere che vedeva come teatro delle azioni e degli attori il Messico dei primi anni del secolo citato o per meglio dire la sua “Revolucion”. In questi lavori italici i vari Pancho Villa, Emiliano Zapata, Porfirio Diaz e Francisco I. Madero rimanevano dietro le quinte per lasciare la gloria a dei coraggiosi, poveri pezzenti.
I più illustri Sergio del cinema italiano trovarono linfa per andare oltre gli stereotipi da loro stessi prodotti. Per la confezione si impegnarono altresì soggettisti e sceneggiatori che militavano nella sinistra politica, voglio dire partitica, ma anche, per il film che andiamo oggi a celebrare, l’Ital Noleggio Cinematografico, cioè il cinema Ital-statale. Vi si impegnarono anche i maestri Morricone e Nicolai e cosi il più grande dei creatori di titoli e prossimamente: Iginio “Gigi” Lardani.
Il buon Iginio per Corri, Uomo, Corri (1968) di Sergio Sollima, sfruttando lo score di Bruno Nicolai, confezionò uno chef d’oeuvre ispirandosi ai murales di Diego Rivera. Fu tanto preso dalla sua riuscita che lasciò l’anonimato per firmarsi.
Per ritornare alla politica sinistra ed alla sua ala estrema, quanti vi militavano si appropriarono di alcuni titoli come Vamos a matar companeros o Giù la testa da farli diventare loro slogan di furore.




domenica 1 maggio 2016

La vita ci viene donata


Anche i cinquantanni della vita di un uomo
Sono brevi a confronto con la vita del mondo
La vita non è che un sogno, una visione, un illusione
La vita ci viene donata, ma non può durare in eterno

Akira Kurosawa, Kagemusha, 1980


giovedì 28 aprile 2016

Il dittatore dello stato libero di Taormina

Woody Allen al Teatro Greco
la foto è del maestro Vizzini

martedì 26 aprile 2016

giovedì 21 aprile 2016

Plastica audace


La qualità dello scenario, l’importanza preponderante accordata alle scene così come la partecipazione dell’operatore nei minimi dettagli, era compito suo di creare, insieme agli elettricisti e a mezzo del chiaroscuro, quell’atmosfera particolare (…) ormai ritenuta indispensabile.
… una certa profondità … loro conferita dalle false prospettive e dalle stradette in sbieco che si intersecano bruscamente ad angoli imprevisti …
Plastica audace rafforzata dai cubi inclinati delle case sbrecciate.
… queste curve, queste linee sghembe, portano in loro stesse … un significato nettamente metafisico.

Quel che conta è creare l’inquietudine, il terrore.
Lotte H. Eisner, Lo schermo demoniaco, Bianco e Nero ed.

mercoledì 20 aprile 2016

Paintig cinema Days of Heaven, 1978


Ritaglio di una pagina del quotidiano Le Monde


 

lunedì 18 aprile 2016

Gemme in colliquazione





Gemma di Sant'Eremo (Itala Film, 1918) from Cineteca MNC on Vimeo.

Il breve frammento è tutto ciò che rimane di un rullo nitrato in grave stato di colliquazione. Dai ricami creati dall'emulsione sciolta occhieggia una struggente Pina Menichelli, tra le dive più amate del cinema muto italiano. Il film è stato identificato grazie a un'iscrizione sulla pellicola come "Gemma di Sant'Eremo". Nel film la Menichelli interpreta una sposa fedele vessata da un marito fedigrafo. Secondo Vittorio Martinelli il film potrebbe essere la riedizione di un titolo di due anni prima "La colpa", all'epoca bloccato dalla censura.
Il video è un riversamento dalla copia in pellicola preservata dal Museo Nazionale del Cinema nel 2012: 35mm, poliestere, positivo, colore (Desmetcolor da originale imbibito e virato), 35 m, didascalie italiane. A sua volta la copia è stata stampata da un positivo nitrato con gravi problemi di colliquazione.

Sin qui il materiale illustrativo da parte del Museo Nazionale del Cinema di Torino che permette la fruizione di questo segmento nel suo canale ospitato su Vimeo. (https://vimeo.com/album/3409239/video/128769439)
Ora, dopo un attento esame, ognuno può andare oltre, a piacimento personale.
Qui si vuole condurre lo spettatore ad una visione separata che include tre strati di un unico corpo.
Il primo è il supporto che in origine conteneva le immagini e consentiva, in proiezione, la visione. Per farla breve, il suo deterioramento permette oggi un ulteriore azione, se volete, movimento, all’interno delle scene cui si assiste.
Il secondo sta nel viraggio che salda il primo strato con il terzo: l’irruente presenza scenica di Pina Menichelli. Dire che la Menichelli recita è come schernirla. Essa vive in eterno per mezzo dello schermo.
Ora il cinema dopo un lasso di tempo molto più breve rispetto alle altre forme visive apparse prima è diventato terreno archeologico e molto ancora c’è da rinvenire nel buio e sotto la polvere delle cineteche nazionali e personali.