martedì 7 aprile 2015

Acid, electric, strangest of all, Elvin Jones: Zachariah


By Daniel Spicer
The psychedelic period of the late 1960s/early 1970s produced a number of movies that sought to incorporate youth music with film. From the elegiac tragedy of Easy Rider to the Monkees’ Day-Glo comedy Head, the best of these represented and reflected the era’s curious mix of turbulence and naïveté.
And then there was Zachariah. This head-scratcher from 1971 was directed by George Englund (who’d previously worked with Marlon Brando on 1963’s The Ugly American) and featured a script by cult US comedy troupe The Firesign Theatre, with a storyline loosely based on Herman Hesse’s hippy-pleasing novel of spiritual discovery Siddhartha. It tells the tale of the improbably beautiful and white-toothed Zachariah (played by John Rubinstein) who, with his equally dreamy young friend, Matthew (a 21-year-old Don Johnson, later of Miami Vice fame), sets out to pursue the glamorous life of a gunfighter. Clearly, the film broadly falls into the genre of Acid Western, alongside classics such as Peter Fonda’s The Hired Hand, released the same year, and Sam Peckinpah’s Pat Garret and Billy the Kid from 1973: movies that attempted to address countercultural concerns (Zachariah and Matthew’s first scene together has them sharing a joint), within the Western milieu. But, while most films of this genre explored serious themes and maintained an element of verisimilitude, Zachariah blasts off somewhere else entirely. Almost singlehandedly creating a new genre, the publicity blurb excitedly trumpeted it as ‘the first and only Electric Western.’
In this instance, ‘electric’ essentially means ‘psychedelic rock.’ The opening scene captures power trio The James Gang rocking-out in the desert with huge amps plugged right into the sand, while Zachariah runs around firing a pistol into the air. It’s the kind of temporal incongruity you might find in Thomas Pynchon’s epic Western novel Against the Day, in which dynamite-chucking anarchists get bombed on peyote and hallucinogenic explosive putty. But Zachariah becomes still more disorientating as its protagonists’ adventures lead them into surprising encounters with a range of real-life musicians. San Francisco’s psychedelic pioneers, Country Joe and the Fish, play The Crackers – a gang of inept outlaws whose performances induce unrestrained go-go dancing in respectably attired frontierswomen; fiddler Doug Kershaw – aka The Ragin’ Cajun – makes a lightning cameo with a yodelling piece of plot exposition; and, strangest of all, Elvin Jones, arguably the greatest jazz drummer of all time and veteran of the late John Coltrane’s Classic Quartet, turns up as the suave gunslinger, Job Cain, shooting a man dead before bashing out a drum solo.
The result is oddly surreal – but not in the way that Jodorowsky’s nightmarish Western allegory, El Topo(released in 1970) is surreal. In tone and execution, Zachariah seems closer to the closing scenes from Mel Brooks’ screwball Western spoof, 1974’s Blazing Saddles, in which the cast spills off the set and into the bustling streets of downtown 1970s Burbank. Zachariah’s fairly negligible storyline makes a half-hearted lunge at profundity – clumsily advocating pacifism and brotherhood – but it’s so flimsy that, in the end, all that’s left is the music: an eclectic mix of rock, pop, folk and jazz that fails to hang together with the conviction of the equally wide-ranging soundtrack to Antonioni’s 1970 countercultural lament Zabriskie Point.
Ultimately, the fact that the soundtrack to Zachariah has been out of print and unavailable for so many years hardly seems to matter. You probably had to be there.
L'originale è qui:
http://www.soundandmusic.org/features/sound-film/found-soundtracks-zachariah


lunedì 30 marzo 2015

Asili in Calabria

OGGI
in contemporanea con
http://daplatiaciurrame.blogspot.it/2015/03/bambini-del-sud-reg-michele-gandin-1959.html
L'asilo di Platì




Bambini del Sud (tit. originale), 1959
Soggetto:  Umberto Zanotti Bianco
Sceneggiatura: Paolo Balbo, Michele Gandin, Giuseppe Isnardi
Organizzazione: Luciano Pesciaroli
Commento: Stelio Martini
Fotografia: Dario Damicelli (A. I. C.)
Musica e adattamenti: Mario Nascimbene
Voce: Riccardo Cucciolla
Regia: Michele Gandin

giovedì 26 marzo 2015

Western Siddharta




La visione di Zachariah (1971) di George Englund fa ergersi nella mente del mangiatore di film tutta una serie di accostamenti con altre opere cinematografiche  sue contemporanee o anteriori. Esse abbracciano lavori di autori intellettuali europei come di abili commercianti hollywoodiani. Ma questo dato è comune a tutti i film della counterculture  sia che venissero realizzati nella coste west o  east  statunitensi.  Zachariah è pressoché inedito in Italia. Non attirò dapprima i distributori italici come successivamente i canali televisivi. Per fortuna c’è il “ vostro/nostro tubo “.
Per alzare il tono gli autori fanno ricorso a Herman Hesse, scrittore molto in voga tra i giovani di allora. Zachariah cerca l’avventura e il rischio per colpa della sua pistola comprata per corrispondenza, finendo col meditare sulla vacuità e vanità degli uomini.
Oggi a noi interessa l’aspetto musicale del film che si amalgama bene col progressivo svolgimento delle immagini, facendo  uso ora di partiture originali di Jimmie Haskel, ora di musica roots alla maniera di Dug Kershaw, ora di un arrangiamento velocizzato dell’overture del Guglielmo rossiniano, ora della folk-psichedelia di Country Joe and the Fish, dell’acid rock della James Gang e, infine, data la presenza del bronzeo Elvin Jones  esecutore  di un tellurico assolo di tamburi, del jazz d’annata. Non poteva essere altrimenti data la mole di contaminazioni dissipate nell’opera da parte di chi ha scritto e sceneggiato Zachariah.

mercoledì 25 marzo 2015

martedì 24 marzo 2015

Palma senza punteruolo rosso

20 Best Cannes Palme d’Or Winners

By Film Comment

Taxi Driver
1. Taxi Driver Martin Scorsese, 1976
The Leopard
2. The Leopard Luchino Visconti, 1963
Viridiana Luis Buñuel
3. Viridiana Luis Buñuel, 1961
The Conversation
4. The Conversation Francis Ford Coppola, 1979
The Third Man
5. The Third Man Carol Reed, 1949
The Umbrellas of Cherbourg
6. The Umbrellas of Cherbourg Jacques Demy, 1964
Rosetta
7. Rosetta Jean-Pierre & Luc Dardenne, 1999
Blow-Up
8. Blow-Up Michelangelo Antonioni, 1967
Apocalypse Now
9. Apocalypse Now Francis Ford Coppola, 1979
The Wages of Fear
10. The Wages of Fear Henri-Georges Clouzot, 1953
La Dolce Vita
11. La Dolce Vita Federico Fellini, 1960
Othello Orson Welles
12. Othello Orson Welles, 1952
Under the Sun
13. Under the Sun of Satan Maurice Pialat, 1987
Taste of Cherry
14. Taste of Cherry Abbas Kiarostami, 1997
If... Lindsay Anderson
15. If… Lindsay Anderson, 1969
The Wooden Clogs
16. The Tree of Wooden Clogs Ermanno Olmi, 1978
The Cranes Are Flying
17. The Cranes are Flying Mikhail Kalatozov, 1958
Kagemusha
18. Kagemusha Akira Kurosawa, 1980
Padre Padrone
19. Padre Padrone Paolo & Vittorio Taviani, 1977
4 Months, 3 Weeks and 2 Days Cristian Mungiu
20. 4 Months, 3 Weeks and 2 Days Cristian Mungiu, 2007
L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20-expanded-to-30-best-cannes-palme-dor-winners

lunedì 23 marzo 2015

Non fare il cinema o farlo


Per esempio, Un uomo a metà era uno straordinario film. lo ho fatto le musiche di cui sono ancora oggi orgoglioso; una delle poche musiche da me composte che porto nelle sale da concerti quando posso. Ebbene quel film è stato distrutto dalla critica a Venezia, perché era straordinario come noi sentiamo che è straordinario. Quello è stato il mio primo colpo e il momento in cui ho capito che cosa era realmente il cinema. Non era più possibile andare avanti su quella via. De Seta, il regista, non ha fatto più film per parecchi anni. Lui aveva messo tutti i suoi soldi in quel film e lo aveva fatto straordinariamente bene. Non ha avuto nessun guadagno. E stato rovinato. Queste cose non posso non considerarle. La scelta è o non fare il cinema o farlo.

Ennio Morricone, Il cinema è musica
Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990


giovedì 19 marzo 2015

Bavaresi e co

OGGI



Per sgombrare l'aria e renderla respirabile dirò subito che a me Mario Bava ci crea molte perplessità. La sua pecca è che non doveva abbandonare la sua arte nelle invenzioni come nei trucchi così come nel posare le luci. Questi i valori nei suoi film. Peggio di lui i suoi emuli: Argento e Fulci. L'unico a incuterci  terrore è stato Ingmar Bergman e con lui Sigmund Freud. Il cinema di Bava in fin dei conti è approssimato: nella scrittura, nella regia e peggio nell'editing e nella post produzione. Io di cinema non capisco niente, mi piacciono i Sergio e accanto vi metto i grandi del Sol Levante. Come non faccio distinzione tra Michelangelo Antonioni e John Ford, conoscitori dell'animo umano, e la compassione la trovo sia in Rossellini sia in Totò. A Charlot accosto Franco & Ciccio; non mi accade però di accostare accanto a Bava Kaneto Shindo. Shindo è i Sergio; Bava, Wood (Ed o Sam). Ora se io sono fatto così accetto che ad altri piacciano i bavaresi e gli argenti.