giovedì 18 settembre 2014

Lucifer at the movies

Gordon Willis ( looking at me) 1931 - 20014

My maturity in films began with my association with Gordon Willis.” Woody Allen
Se c’è una persona a cui la città di Nuova York deve dire grazie di tutto (è una frase che ricorre spesso in momenti del genere) questi è Gordon Willis, cinematographer colto.
Gordon Willis è stato un fotografo unico avendo circoscritto il suo lavoro di “ Lucifero “ quasi sempre ad un unico territorio, ritrovandosi molto spesso a collaborare con gli stessi registi. Un caso analogo lo possiamo riscontrare nel rapporto che hanno avuto Emilio “ El Indio “ Fernandez e Gabriel Figueroa con sfondo il Messico.
Il suo inizio è dei più rimarchevoli: Il padrone di casa ( The  landlord, 1970) di Hal Ashby anche lui debuttante con quel film. Segue l’incontro con Alan J. Pakula per Klute opera famosa e pluripremiata. I due si ritroveranno sempre fino al 1997 con L’ombra del diavolo, opera che segna l’abbandono delle luci da parte di Willis. Si può dire che la maturità arriva con Il Padrino (The Godfather, 1972) di Francesco Ford Coppola. Il risultato è di prim’ordine dovendo cinematographer soddisfare le esigenze paranoiche del Coppola nonché quelle di Marlon Brando, il cui trucco richiedeva un surplus di fatica nel posare le luci. I Godfather saranno tre, nel frattempo Willis ha la possibilità di ripercorrere la Sicilia ed il messinese, tra Savoca, Forza d’Agrò e l’Alcantara (dove la fortuna ci permise di incontrarlo). Per mezzo di Willis le scene ricostruite e girate in Sicilia, specie nelle parti prima e seconda, sono delle pastorali  assimilabili a nostro avviso alla sesta sinfonia, “Pastorale“, di Ludovico Van Beethoven, alla tranquillità della natura e all’arcaica vita dei campi fa da contrasto l’urto della violenza che si scaglia sugli uomini. Woody Allen, basta la citazione posta ad epigrafe in apertura, è il secondo che deve rendere i sacri ringraziamenti a Willis e se con gli altri registi il lavoro era col e sul colore, con Woody. Gordon è libero di illuminare per il bianco e nero. La parte esterna su New York viene affrontata e restituita con una luce fredda e dark, a volte smagliante, su cui fanno da sfondo le aperture chiare e grigie; citiamo solo Manhattan (1979) o Zelig (1983).
Gordon Willis è stato un autodidatta, non ha fatto l’operatore per nessuno, i suoi soli maestri furono i pittori fiamminghi e, forse, … Il Conformista (1970) di Bernardo Bertolucci e Vittorio Storaro. Ha aperto la strada ad un suo operatore, Michael Chapman cinematographer di Taxi Driver (1976) e Toro Scatenato (1980), il cui lavoro con le luci è per certi versi paragonabile a quello del maestro.

If there is a person to whom the city of New York has to say thank you for everything (it's a phrase that recurs often in such moments ) this is Gordon Willis, cinematographer caught .
Gordon Willis was a photographer only by restricting his work as " Lucifer " is almost always a single territory , finding himself very often to collaborate with the filmmakers themselves . A similar case we can find in the report that they had Emilio "El Indio " Fernández and Gabriel Figueroa background with Mexico.
Its beginning is the most remarkable : The Landlord , 1970, by Hal Ashby too novice with the movie . Following the meeting with Alan J. Pakula's Klute for the famous and award-winning work . The two will meet again until 1997, The Devil's Own , a work that marks the abandonment of the lights by Willis. It can be said that maturity comes with The Godfather , 1972, by Francis Ford Coppola. The result is first-rate cinematographer having to meet the needs of the paranoid Coppola as well as those of Marlon Brando, whose makeup required a surplus of labor in laying out the lights. The Godfather will be three , in the meantime, Willis has a chance to retrace Sicily and the Messina , between Savoca , Forza d'Agro and Alcantara ( where luck allowed us to meet him ) . By Willis and reconstructed scenes filmed in Sicily , especially in the first and second parts , are similar to our view of the pastoral to the Sixth Symphony , " Pastoral " by Ludwig Van Beethoven, the tranquility of nature and the archaic life of the fields contrasts the brunt of the violence and pounces on men. Woody Allen , you just mail the quote to the epigraph at the beginning, it is the second that has to make the sacred thanks to Willis and if the other directors and the work was with color, with Woody . Gordon is free to illuminate the black and white. The outer part of New York is being addressed and returned with a cold light and dark , sometimes dazzling , against a backdrop of the openings clear and gray ; mention only Manhattan, 1979, or Zelig,1983.
Gordon Willis was a self-taught , did the operator to anyone, its only teachers were Flemish painters , and perhaps ... The Conformist, 1970, by Bernardo Bertolucci and Vittorio Storaro . It paved the way to his operator , cinematographer Michael Chapman 's Taxi Driver, 1976, and Raging Bull, 1980 , whose work with the lights is in some ways comparable to that of the master.

mercoledì 17 settembre 2014

La pietruzza e il buon Dio


“ Se sapessi a che cosa serve questa pietruzza sarei il buon Dio, che sa tutto, sa quando nasci, e sa quando muori. Questa pietruzza serve certamente a qualcosa. Se è inutile è inutile tutto il resto, persino le stelle “. Federico Fellini, La Strada

lunedì 15 settembre 2014

Tuco Benedicto Pacifico Juan María Ramírez


 7 dicembre 1915 – 24 giugno 2014


Quando devi sparare spara ... non discutere

Adios, Corbari

 OGGI


Ringo, Arizona o Corbari non è che un titolo per trovarci spettatori al cospetto di Giuliano Gemma, per una volta eroe della resistenza al nazi-fascismo. Valentino Orsini riprende il tema della lotta partigiana in chiave western all’italiana e non sbaglia, nelle intenzioni. Il felice esito finale, a suo tempo prodotto da Giuliani G. De Negri e distribuito dal Cidif, è deviato per colpa vuoi della sceneggiatura, vuoi, peggio, di Roberto Parpignani che coi tagli western si trova con una moviola non sua, e ben altrimenti più efficace con Bellocchio o Bertoluccci. Al suo posto gli Alabiso, Eugenio o Daniele, avrebbero fatto di meglio, come ad affiancare Valentino Orsini nella stesura della sceneggiatura ci voleva Luciano Vincenzoni o Sergio Donati. Ne viene fuori così un film singhiozzante che mette voglia di rifarlo se non fosse che Giuliano Gemma è passato ora nella parte degli angeli che mangiano fagioli.


mercoledì 16 luglio 2014

lunedì 7 luglio 2014

mercoledì 2 luglio 2014

Dopo il Neorealismo


La cosa che oggi mi pare più sorprendente nella produzione italiana è che essa sembra dover uscire dall’impasse estetica in cui si poteva credere che la tenesse il  “ neorealismo “.  Passata l’esplosione degli anni ’46 e ’47, si è potuto temere che questa utile e intelligente reazione contro l’estetica italiana della grande messa in scena e, d’altra parte, più in generale, contro l’estetismo tecnico di cui soffriva il cinema di tutto il mondo, non potesse andare oltre l’interesse di una sorta di super-documentario, o di reportage romanzati. Ci si è trovati a constatare  ch il successo di Roma città aperta, di Paisà, di Sciuscià era inseparabile da una certa congiuntura storica, che esso partecipava del senso stesso della Liberazione e che la loro tecnica era in qualche modo magnificata dal valore rivoluzionario del soggetto. Come certi libri di Malraux o di Hemingway trovano in una sorta di cristallizzazione dello stile giornalistico la forma di un racconto più appropriato alla tragedia dell’attualità, così i film di Rossellini o di De Sica dovevano solo ad un accordo accidentale della forma e della materia il fatto di essere delle opere maggiori, dei “ capolavori “. Ma una volta che la novità ma soprattutto il pimento di questa crudezza tecnica hanno esaurito il loro effetto sorpresa, che resta del “ neorealismo “ italiano, quando deve per forza di cose tornare a soggetti tradizionali: polizieschi, psicologici o anche di costume?  Passi ancora per la macchina da presa per le strade, ma la splendida interpretazione non professionale non si condanna da sola a mano a mano che le rivelazioni vanno ad ingrossare le file delle vedette internazionali? E per generalizzare questo pessimismo estetico: il “ realismo “ non può avere in arte che una posizione dialettica, è più una reazione che una verità- Resta da integrarlo in seguito all’estetica che sarà, così, venuto a verificare. Gli italiano non erano del resto gli ultimi a dir male del loro “ neorealismo “.   Credo che non ci sia un regista italiano compresi i più“ neorealisti “, che non assicuri energicamente che bisogna uscirne.
Così il critico francese si sente preso da scrupoli – tanto più che il famoso neorealismo ha dato ben presto segni di visibile stanchezza. Delle commedie, per altro abbastanza divertenti, sono venute a smerciare con una visibile facilità la formula di Quattro passi fra le nuvole o di Vivere in pace. Ma la cosa peggiore di tutte è statala comparsa di una sorta di super-produzione “ neorealista “ in cui la ricerca della cornice vera, dell’azione di costume, della pittura di un ambiente popolare, degli sfondi “ sociali “ diventava un luogo comune accademico. Cosi quest’anno, a Venezia, Patto col diavolo di Luigi Chiarini, cupo melodramma di amore campagnolo, cercava visibilmente di trovare in una storia di conflitto tra pastori e boscaioli un alibi secondo il gusto del momento. Per quanto riuscito da altri punti di vista, In nome della legge, che gli italiani hanno tentato di spingere avanti a Knokke-le-Zoute, non sfugge affatto agli stessi rimproveri. Si noterà di passaggio, con questi due esempi, che il neorealismo punta adesso sul problema rurale, forse per prudenza verso i successi del neorealismo urbano. Alle “ città aperte “ succedono le campagne chiuse.
Cominciavamo già a volgerci verso l’Inghilterra, la cui rinascita cinematografica è anch’essa in parte frutto del realismo: quello della scola documentaristica che, prima e durante la guerra, aveva approfondito le risorse offerte dalle realtà sociali e tecniche. E’ probabile che un film come Breve incontro sarebbe stato impossibile senza il lavoro decennale di Grierson, Cavalcanti o Rotha. Ma gli inglesi, invece di rompere con la tecnica e la storia del cinema europeo e americano, hanno saputo integrare all’estetismo più raffinato le acquisizioni di un certo realismo. Niente di più costruito, di più concentrato, di Breve incontro, niente di meno concepibile senza le risorse più moderne del teatro di posa, senza attori abili e consumati; si può immaginare tuttavia pittura più realistica dei costumi e della psicologia inglese?
Breve incontro fece allora quasi altrettanta impressione di Roma città aperta. Il tempo si è incaricato di mostrare quale dei due avrebbe avuto un avvenire cinematografico vero. Peraltro il film di Noel Coward e David Lean non doveva granché alla scuola documentaristica di Grierson.

I miei dubbi sul cinema italiano non sono andati tanto in là …. Ma c’è Ladri di biciclette.
Infatti con Ladri di biciclette De Sica ce l’ha fatta ad uscire dall’impasse, giustificare di nuovo tutta l’estetica del neorealismo.

Il neorealismo e il post-neorealismo.
Il cinema italiano secondo André Bazin, op. cit.