“ Per le prime veti pagine della sceneggiatura, io sono il personaggio di cui ognuno parla: sta per arrivare, è in arrivo. Io sono proprio quello che promette di arrivare. Povero Jack Nicholson: è lo che aspetta e io sono come un moscerino che gira attorno a una lampada. Volevo che il mio personaggio fosse diverso, un vero ritratto dell’indiano americano.
Ma Arthur Penn mi disse: o Dio Brando, non con quanto costa il film! E io: Arthur, allora lasciami almeno divertire un poco “.
Intervista con Lo Janos, in Time, 15-05-1976
Pochi accenni sul film e su Arthur Penn, e mi dispiace perché su questo gran western si dovrà pur tornare un’altra volta.
Tutto sembra svolgersi all’insegna del doppio: da un lato la sceneggiatura di Thomas McGuane e dall’altro il prodotto finale del regista che non rispetta lo script; due divi che magari si fronteggiano eppure vivono di una vita propria indipendente; e ancora, due rappresentazioni della vita, quella della legge ( che non c’è) e quella dell’esterno alla legge; infine due lavori interdipendenti, l’allevatore di cavalli e i ladri di cavalli. Basta.
Io sto con il ladro di cavalli, un bandito che ama l’orto e gli animali da cortile, a cui, finalmente, una donna dice: “ io ti ammiro ”.
Un’ultima annotazione: in una sovversione che ammiriamo Penn ci presenta dei buoni che sono i cattivi e dei cattivi che sono i buoni. Solo in un western può accadere, ben prima l’aveva sperimentato, con grande sgomento, Sergio Corbucci ne Il grande Silenzio.
Fine, per ora, quello che ci interessa è Marlon Brando. Questo è il secondo incontro con Arthur Penn dopo La caccia del 1965. Pontecorvo si era fatto cadere le braccia, Coppola e Bertolucci si sono lasciati condurre, Penn ha chiuso gli occhi ed ha esclamato : fai quello che vuoi, tanto al montaggio siamo soli io, Greenberg, Rotten ed il fido Dede Allen. Così è stato.
L’Attore qui, ingrassato,assorbendo la fisionomia di un suo alter , Rod Steiger, gigioneggia per un ruolo che appare secondario e che solo l’essere una star pone al primo posto nei titoli e nel battage pubblicitari; dove un comprimario – uno come Lee Marvin prima maniera - avrebbe avuto il “ e con “ alla fine dello scorrimento degli interpreti. Da Queimada ad Apocalypse Now mi pare che gli abbiano dato queste parti ingrate di “ruler” - tradotto come “ regolatore “ – che viene spedito o ingaggiato ad appianare un contesto instabile o anarcoide, come in questo caso. Da istrione usa tutte le maschere possibili, anche quelle della comprensione, ma poi si fa prendere la mano dal suo Creedmore. E’ in pace solo con la natura: la terra riceverà il suo sangue dopo quello che ha fatto versare a quei figli dei fiori che vogliono giocare ai ladri di cavalli, ad assaltare treni come Jesse James.
Segnalo solo una sequenza in particolare, dove il nostro abbigliato come la moglie di un quacchero, con tanto di cuffia, dopo aver riempito di chiacchiere il malcapitato Harry Dean Stanton, lo inchioda ad un albero con quell’ arnese che sembra una croce di Malta, quella del proiettore Cinemeccanica, che talvolta bloccandosi produce una specie di fermo immagine che brucia la pellicola.
“ Brando rappresenta piuttosto la follia di un sistema che ci dice che possiamo uccidere senza essere colpevoli. E’ uno strumento del potere, che il potere usa per salvare se stesso e che prenderà il sopravvento. E’ uso costante della storia americana: quando avete una politica che si basa sulla degenerazione, chiamate un pazzo. Non è importante che si possa provare che sono stati proprio loro. Al potere importa che, d’accordo o no, questi pazzi ci siano “.
Arthur Penn in La Republica, 01-08-1976