Nel 1959 con Le Legioni di Cleopatra sotto le apparenze del genere storico-mitologico, gli autori del soggetto e della sceneggiatura arrivano a darci un film politico ed a tentare di spiegarci i fatti del passato un po’ come il Queimada di Gillo Pontecorvo.
In Italia Vittorio Cottafavi è noto soprattutto per alcuni illustri sceneggiati televisivi. Per citarne uno io preferisco ricordare A come Andromeda, mentre i più ricordano meglio I racconti di Padre Brown.
Oltralpe invece è riverito ed osannato per il genere storico-mitologico, i frutti migliori sono suoi, che faceva molti più incassi nei cinema parrocchiali come il ben noto Cinema Loreto di Platì.
Le critiche per questo genere di film erano esclusive di un famoso recensore chiamato Vice. Questi aveva tanti volti per quanti erano i quotidiani disseminati lungo la penisola: dalla Stampa di Torino al Giornale di Sicilia di Palermo.
Le legioni di Cleopatra risulta un notevole lavoro: la regia si districa alla grande specie nelle scene dominate dai fondali dipinti a mano e dalla carta pesta come nei passaggi comico grotteschi. Il tutto lavorando con meno soldi di quelli che disponeva Joseph L. Makiewicz per tenere a freno Liz Taylor e Richard Burton, quest’ultimo anche lontano dalla bottiglia di Nero d’Avola.
Curridio (Ettore Manni) è inviato in Egitto dal futuro dittatore, nonché imbavagliatore di intelletti, Augusto per cercare di far ragionare Antonio (Georges Marchal) e farlo passare sotto la sua tunica,tradendo i pepli e la bellezza di Cleopatra(Linda Cristal), ballerina anonima nei locali notturni di Alessandria e seduttrice dello stesso Curridio.
La storia, l’abbiamo risentita tante volte , porrà Ottaviano Augusto sul piedistallo -i suoi contemporanei fecero di meglio,lo divinizzarono - dopo essersi sbarazzato di Antonio e Cleopatra, pur tuttavia rimpiangendo l’immagine di quest’ultima, all’insaputa della titolare del letto coniugale, la perfida Livia.
Curridio, ultimo repubblicano, a missione compiuta, sceglierà l’esilio e l’avventura in terre oltre l’impero, lontano dalla corte e dai meschini cortigiani e cortigiane.
Tra gli interpreti citati sopra vorrei ricordare un caratterista che apparivain questo genere di film e richiamato spesso da Vittorio Cottafavi: il nano Salvatore Furnari.
Great political movies (No17) Queimada (Burn!) Posted on February 7, 2011 by matthewashton
Everyone seems to have seen The Battle of Algiers, which I reviewed last week. However for some reason it’s follow-up, Queimada, better known by its title in the US, ‘Burn!’, is now undeservedly forgotten. The director Gillo Pontecorvo revisits many of the themes of his earlier work, such as colonialism and revolution but this time has a significantly bigger budget to play around with. As result the film is made in colour and features Hollywood’s most mercurial talent, Marlon Brando, as it’s star. Queimada is a historical epic that tells the story of a decade in the life of a small Portuguese colony in the 19th century. Sir William Walker, played by Brando, is an English agent sent to the colony to help stir up revolution for the benefit of the British Empire. He arrives to discover that the man who was going to be the leader of the rebel army has just been executed by the authorities, and so sets about manufacturing himself a new one. He quickly tricks porter Jose Delores, played by newcomer Evaristo Marquez, into first robbing a bank, then killing a Portuguese guard and then taking up arms against the government. At the same time he is also fermenting revolution amongst the white settlers by making them promises of the benefits free trade will bring. The revolution is a success, but parties on all sides quickly discover that once taken power is a difficult thing to wield. Of course this isn’t Sir Walker’s problem as he is seen departing the island for similar work in Indo-China (a nod to the ongoing Vietnam War). The film then flashes forward ten years as he returns to the island to help put down the native rebellion that he created in the first place. This is one of the best ever films to explore the issues of racism and colonialism from a Marxist perspective. For instance, in the scene below Walker explains to the colonists the benefits of freeing their slaves, not because it is the right things to do, but because of the economic benefits of having a more flexible workforce, (warning: some nudity and a lot of sexism): Later in order to destroy the rebel army, Walker orders all of the crop fields to be burnt down. A representative of the sugar trading company is appalled because it will damage their profits. Walker coolly tells him that it will only impact their profits for a few years and that they have hundreds left to exploit the island. He also points out that the company has dozens of possessions like this one where the workers might be encouraged to rebel, which is why the revolution must be put down with such force. Rarely has the relationship between big business and colonial empire been given such a thorough economic critique on film. While Brando is clearly the villain of the piece, it’s a fantastic piece of acting on his part. He plays Walker as being cheerfully amoral, a man who knows the value and price of everything but is largely unconcerned by the consequences of his actions. At one stage he even admits that he is not well paid for his services but does it because he enjoys it. Apparently the film shoot was a nightmare for all concerned and they were beset by technical and language difficulties. There should probably be a rule for filmmakers that if you want to film an epic, don’t film it in the jungle with Marlon Brando. As Francis Ford Coppola discovered a decade later with Apocalypse Now, it rarely ends well. The lessons of Queimada are still relevant today. For instance, the idea of a colonial power creating a rebel movement for its own ends, but then loosing control of it, has parallels with the USA’s role in supporting the Taliban in the 1980s. It also asks the question of what happens when a revolution leaves you less free than before? Finally if that doesn’t convince you then the film also boosts one of Ennio Morricone’s best scores, as used here over the opening credits:
La rassegna che oggi andiamo ad incominciare prende l’avvio con Queimada, il film più controverso (davvero, è così!) dei cinque che circoscrivono, come già detto, il periodo più felice e denso di prospettive del ‘Attore rebel with a cause. Non è un caso che questo cerchio parta, lancia in resta, parlando di colonialismo inglese nell’epoca dei lumi e finisca col colonialismo statunitense nell’epoca delle sbandierate e false democrazie.
Ad eccezione di Lui, gli autori di questa pellicola sono tutti italiani che si imposero proprio all’attenzione pubblica al principio degli anni sessanta e li cito a gloria del loro lavoro: Alberto Grimaldi, il produttore; Franco Solinas e Giorgio Arlorio, soggettisti e sceneggiatori; Giuseppe Ruzzolini e Marcello Gatti, alle luci; Mario Morra al montaggio; Iginio Lardani ai titoli; Ennio Morricone alla partitura musicale, il quale non si ferma ad abbozzare quattro note, come John Williams o Hans Zimmer, lasciando orchestrazioni ed arrangiamenti ad altri. Il maestro compose ed orchestrò, colorando e contaminando i suoni tra loro con pennellate di ritmi selvaggi o con cadenze dell’epoca di Handel. Ed in fine Gillo Pontecorvo che lo diresse, come accadde con La battaglia di Algeri, con un formato da cinegiornale per renderlo più verosimile.
C’è un però, il regista de La battaglia di Algeri si dimostrò debole, pensando di domare con la volontà
l’ Attore fornito di una dottrina di stampo sovietico, che gli condoniamo, rivista alla luce dei fatti d’Ungheria del 1956. Pensò, come dicevo di catturare ed imbrigliare un ribelle per natura.
Marlon Brando è da aggiungere alla lista dei nomi citati sopra, come autore del film. Queimada pende dalla fisionomia dell’Attore, come la sua riuscita finale. Egli si avviava verso il cammin di mezza vita e veniva da esperienze fallimentari di natura artistica e sentimentale ma era dotato di una solida base ideologica. Bisogna ricordare che è stato l’unico a mettere dietro la porta Stanley Kubrick ai tempi de I due volti della vendetta (One- Eyed Jack) nel 1961.
Queimada fu prodotto in un periodo di fermenti di rivolta giovanile poi finita come José Dolores (Evaristo Marquez). Walker (Marlon Brando) dapprima lo mette a capo della rivolta, successivamente del governo, ponendolo in finedentro il cappio della forca.
L’Attore solca il film come un aratro il campo da seminare, passando dalla riflessione psicologica agli scoppi d’ira, da leone qual’era. E ancora, brutale e cinico dietro le sue colorate fusciacche, tuttavia simpatizzante con José Dolores e diffidente verso i bianchi colonizzatori.
La sua statura di interprete soggioga gli altri interpreti e lo stesso buon Gillo ed alla fine il film è Lui.
Per inciso c’è da dire che il film di Gillo Pontecorvo è ancora oggi più apprezzato ed analizzato nel mondo anglosassone e dove il colonialismo miete ancora vittime, che in Italia dove la critica bianca, rossa o nera continua a snobbarlo.
Il cinema italiano contemporaneo è cresciuto regredendo nell’immaturità. L’assenza di dogmatismo della lezione rosselliniana è diventata sospensione del giudizio, quando non si è rovesciata in rigidità ideologica. Rossellini era molto odiato,più di tutti da quelli che oggi lo piangono pubblicamente e che lo ricordano ancora una volta come il padre del neorealismo, come l’autore di quella trilogia sulla guerra che è stata prima di tutto la fotografia del passaggio dell’Italia dalle ferite della distruzione alle cicatrici della ricostruzione.