lunedì 19 novembre 2012

Un fuoco che brucia sulla spalla di Gesù Cristo

La struttura e la scansione del diario, conservate amorevolmente dal regista, accentuano, esasperandola, la condizione di isolamento: le pagine del quaderno sulle quali il curato annota i poveri fatti e i grandi dubbi e trasalimenti delle sue giornate, riempiono lo schermo fin dall’inizio e vi torneranno più di una volta, a racchiudere e scandire il luogo di una riflessione  solitaria e implacata. Le parole, tracciate sui fogli con una grafia incerta e smozzicata, vengono restituite contemporaneamente dalla voce  uniforme e sommessa del protagonista, spegnendone l’inflessione drammatica, presente nella pagina del romanziere, nella neutralità di quel parlare “recto tono” su cui si ferma André Bazin, per il quale il Diario poteva essere definito “un film muto con sottotitoli parlati”. Adelio Ferrero

Che mi si rimprovera? D’essere quel che siete … la gente non odia la vostra semplicità, se ne difende. E’ una specie di fuoco che brucia.

La vera miseria non ha per risultato né il male né il bene, la vera miseria non ha via d’uscita. La vera miseria dei miserabili non ha uscita che in Dio, ma non vuole una liberazione. Essa si chiude in se stessa. E’ murata come l’inferno. Io credo che una tale miseria, che dimenticato finanche il suo nome, che non cerca più, che non ragiona più, che volge l caso la sua fronte torva, deve risvegliarsi un giorno sulla spalla di Gesù Cristo.


Journal d'un curé de campagne di xavier_sirven
Le Journal d'un curé de campagne - la moto di Patamars

Otello Profazio e la gramigna

Oggi
in contemporanea con


Carlo Lizzani è stato un italico comunista regista che non guardava il colore dei soldi. Accettava, pur di lavorare, sia quelli dello stato, come quelli di una cooperativa ma di più quelli di Dino DeLaurentiis. Di questo Amante di Gramigna,dove la Sicilia verghiana era stata trasportata in Jugoslavia, a parte le fattezze di Stefania Sandrelli va ricordato il ghigno di Gian Maria Volonté che a quel tempo girava i western spaghetti.  Eccoci al punto:  L’amante di Gramigna è un western siculo con codici d’onore, di fattura pedante.
Lo vidi al cinema Orfeo di via Nino Bixio abbinato a Buon funerale amigos … paga Sartana, un vero spaghetti western.
Qui sotto il gorgheggio di Otello per quel film



mercoledì 14 novembre 2012

Paura e morte di Raffaello Matarazzo


In poche parole, La risaia fu un film difficile ed eccitante facemmo undici settimane di riprese nella zona di Novara e il film incassò 600 milioni malgrado il fallimento della Minerva che lo distribuiva. Era la prima parte interpretata  dalla Martinelli in Italia. Non credo affatto che ci sia un rapporto con Riso amaro, che era piuttosto, se ricordo bene, una storia caotica e confusa. Nel mio film ci sono delle situazioni e dei sentimenti molto semplici. Ponti e io avevamo visto l film di De Santis e non avevamo per niente la sensazione di rifare la stessa cosa. Certamente si tratta di un luogo di ambientazione del tutto eccezionale, ma nulla d’altro giustifica l’accostamento dei due film. Raffaello Matarazzo

Del cinema italiano m’è sempre importato molto poco, al contrario di quello americano. Però mi piaceva Matarazzo, era un amico. Un isolato, anche lui come me, considerato dai critici come un cretino, anche lui come me. Con la differenza che io sapevo difendermi e lui no, perché, era un uomo di una dolcezza incredibile , fuori dai tempi, un mite, un uomo di cultura, ma timidissimo, incapace di combattere nella giungla del cinema, di difendersi. Era anche un po’ complessato. Non voleva sposarsi, perché diceva che a uno come lui la moglie, qualsiasi moglie, avrebbe comunque messo le corna! Riccardo Freda

Matarazzo è morto di paura. E’ terribile. Aveva la pressione alta: un cugino medico lo fa ricoverare al Policlinico per fargli delle analisi dato che non c’erano cause che giustificassero questa pressione alta. Lui non voleva farsi ricoverare e domanda all’amico Mario Olivieri di entrare in ospedale con lui. Insomma, va lì
Gli pigliano il sangue e le orine. Dopo gli dicono. “Guardi, il sangue benissimo, orine niente, adesso proseguiamo le analisi”. Lui esce dalla camera, va al telefono del corridoio, telefona alla madre, ai fratelli. Per dire: “Sai, hanno fatto già un poò di analisi, tutto bene”, e nel dire “tutto bene” è cascato per terra e ha avuto un collasso cardiaco. Praticamente è morto di paura, perche era pavido in una maniera … aveva paura di tutto! Era un pessimista nato, per questo era anche grasso. Liana Ferri

L’avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti 1935 – 1959 a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli

martedì 13 novembre 2012

The big red one

Samuel Fuller a Taormina (polaroid Mittiga)

lunedì 12 novembre 2012

OGGI

Il pregio di questo Raffaello è nell'uso magistrale del Cinemascope agli albori in Italia, il resto lo fanno la bella Elsa e il magnifico Folco Lulli, su tutti io prefersco Rick Battaglia, un nome impresso nei ricordi del cinema di quei tempi. Per una volta la musica di Angelo Francesco Lavagnino è intonata alle immagini e al melodramma che si svolge in Padania.

domenica 11 novembre 2012

Il sogno di Noodles

trent'anni dopo


Sognare tutto il sogno. Bisogna che si conoscano perfettamente i propri sogni per non più soffrirne.
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

mi pare l'epigrafe definitiva da apporre sull'ultimo fotogramma di C'era una volta in America

giovedì 8 novembre 2012

Forse questo è il cinema

L'ho visto al cinema Trinacria che ancora non avevo l'età per accedervi, riuscendoci solo per la gran ressa di gente accorsa per i clamori suscitati e per le voci di sequestro che circolavano.
Oggi ha perso lo smalto, è un opera debole, ma quel film nel film, pura nouvelle vauge, resisterà per sempre e Jean- Pierre Leaud qui è figlio di papà Truffaut e mamma Godard come l'omaggio a Vigo antcipa la ghezzopoli di fuori orario.
L'ho incollato escludendovi Marlon Brando e i suoi pianti e godimenti eccessivi.