lunedì 7 maggio 2012

La guerra non è finita



Su questo film sarebbero  tante le cose da dire, unico in tutti i sensi: il debutto come regista di Dalton Trumbo a 66 anni suonati, che rimarrà il suo unico film. Il soggetto, la guerra come neanche  Kubrick, che si avvalse in altre occasioni delle sceneggiature di Trumbo, la affronterà e descriverà. L’antimilitarismo,il libro  del 1939 aspetterà anni per essere pubblicato definitivamente e mal digerito dai militari di carriera.
Infine la religione, attraverso i sogni di Joe,  Gesù sembra avere bisogno del lettino di uno psicanalista.
La sua visione al Don Orione fu un trauma che mi accompagnò nei primi giorni in cui misi piede, da recluta,nella caserma di Sulmona e all’arrivo alla caserma Pasquali di L’Aquila, in una serata d’inverno, con tanta neve mai vista in vita mia, col pensiero andavo sempre a quelle immagini.

Qualche volta, anche desso, continuo a sognare che qualcuno mi voglia uccidere. Sento il rumore dei soldati che mi rincorrono, le loro urla, anch’io urlo, e le mie urla mi svegliano. Gesù

Non voglio più sentir dire che dio è amore, perché se no finirò per odiarlo. Joe


domenica 6 maggio 2012

Di tutto di più

Gabriele Lavia a Taormina ( polaroid Mittiga)
 prestò pure, gentilmente, la voce  per una mia segreteria telefonica

giovedì 3 maggio 2012

OGGI

Vittorio  Cottafavi  fu un regista italico molto più ben voluto in Francia, dove  chi voleva fare del cinema, si affaticava dapprima in  un apprendistato da critico, scrivendo su riviste battagliere, a volte in netto contrasto tra loro, che avevano i loro personali autori innalzati su un piedistallo.
Luc Moullet fu tra quelli che difendevano a spada tratta il nostro Cottafavi, il quale nel suo paese era considerato come un discreto artigiano da affidare alla recensione di quell’onnipresente firma sotto il nome di Vice.
La rivolta dei gladiatori non è certo il suo maggiore lavoro. Pensando alla destinazione finale di questo genere di pellicole, la sala parrocchiale, l’unica nei piccoli centri di montagna, specie nel sud, come il cinema Loreto di Platì, era un capolavoro per gli occhi dei bambini in cerca di avventure, risse e cattivi da uccidere, che nulla sapevano di critica a qualsivoglia livello. Chissà quanti bambini, in quei tempi di berlinese muro, sapevano dell’Armenia, quella reale e non quella imperiale.
Ettore Manni e George Marchal reggevano molto bene i loro incarichi, per merito anche, quest’ultimo , del suo doppiatore Emilio Cigoli, la voce del primo era  di Nando Gazzolo; Gianna Maria Canale era sempre la perfida strega assetata di sangue e potere.

mercoledì 2 maggio 2012

Non ci resta che ricordare



Saprete già che la sequenza è tratta da La valigia dei sogni di Luigi Comencini, io lo rimaneggiato inserendovi il tema de Le mepris di George Delerue nella prima parte.
E' doveroso ricordare Umberto Melnati come portavoce di tutti quelli che amano il cinema vecchio.

Carax il rosso

domenica 29 aprile 2012

Harvest



Come ho ricordato prima ho prestato mano d’opera con Taormina Arte, e in quella sede con i circoli messinesi si organizzarono retrospettive su Roger Corman, Brian De Palma, Peter Weir e il cinema australiano.
Già negli anni del mio apprendistato al Cineforum Don Orione per mezzo di Ubaldo avevo timidamente collaborato alla “Settimana del Filmnuovo” una sezione della Rassegna Cinematografica di Messina-Taormina affidata al professor Sandro Anastasi, critico cinematografico della Gazzetta del Sud, creata negli anni della contestazione per tacitare i turbolenti giovani – un pallido scopiazzamento tutto buddace di quanto era accaduto a Cannes e a Venezia dove a scendere nella strada era gente come Godard, Truffaut, Malle, Pasolini, Bertolucci provocando turbolenze davanti al Palais e al Lido – che si opponevano a quanto gestiva dispoticamente Gian Luigi Rondi.
Le proiezioni della “Settimana”, si svolgevano nella varie sale messinesi affittate di anno in anno; il Trinacria e il suo Giardino, l’Odeon, il Garden e il Giardino Corallo. Più avanti dopo l’abbandono da parte mia del Cineforum continuai, chiedendo, assieme a Franco Cingari, al gentilissimo professor Anastasi di poter dare una mano, soprattutto per la retribuzione che ci veniva accordata, poca cosa di fronte a quanto percepivano impiegati e dirigenti dell’E.P.T di allora. Questa partecipazione mi diede comunque l’occasione, talvolta, di mettere piede a Taormina, con la macchina e l’autista, Silvio, della Rassegna, e recarmi al San Domenico dove c’era la vera e propria organizzazione e intravedere nell’andirivieni di quelle stanze qualche personaggio famoso.
Nel frattempo giunse il 1984, non quello di Orwell ma quello di Leone con l’arrivo nelle sale di C’era una volta in America, per dirla con Walker Percy  “sono un uomo giovane, ventinovenne, ma sono pieno di sogni, quanti  potrebbe averne un vecchio”,  il mio ideale di bellezza ha finalmente un volto e un corpo e per giunta si chiama il suo cognome è come nonna Mariuzza.


giovedì 26 aprile 2012

Il più faraonico dei registi

Lui non dorme mai. E’ una persona ossessiva. E’ il più faraonico dei registi con i quali ho mai lavorato … Il suo sguardo è fisso sul futuro. Non da importanza alle sottigliezze. Oliver Stone

Se parlando di Michael Cimino,  vale l’etichetta film di genere, questo è un film di genere, anzi di generi.
Tratto da un novel  di Robert Daley - non il produttore del suo film di debutto con Clint Eastwood -  e sceneggiato con Oliver Stone, ricalca il tema principale di tutta la filmografia di Michael Cimino: lo scontro tra le razze in America per un qualsiasi predominio. Qui abbiamo un polacco contro un cinese, perché poi lo scontro, frenetico,  vero è tra i due con il contorno della chinatown e la classica storia d’amore che coinvolge il polacco, un ex veterano del Vietnam,  e la bella cinesina, il cui compito è pure quello di risollevarlo dal matrimonio fallito.
I due protagonisti principali, Mickey Rourke e John Lone fanno il loro lavoro con coscienza e destrezza, rievocando il ricordo di tanti sceriffi e villain del cinema americano, ma, come, e mi ripeto, in tutti i film di Cimino è l’ambiente il vero protagonista di quanto racconta, qui il quartiere cinese e la sua comunità abilmente cinematografati  da Alex Thompson.
Accusare Cimino di razzismo per questo film è come accusare, tutto questo è accaduto, Eastwood ed il suo ispettore Callaghan di fascismo, accuse a cui non sfuggirono e sfuggiranno nemmeno Tolstoj e Dostoevskij;  la sua è una campagna  contro la perdita dei valori tradizionali su cui si basavano i rapporti tra gli uomini;  il nostro Michael, lo ripeto, è dotato di un proprio umanesimo lontano dagli schemi rigidi di molti conservatori e progressisti che si servono di questi modelli per definire una geografia interiore per non smarrirsi nello svolgersi quotidiano della vita.
Unica pecca nella versione italica del film è la voce di Vernellone che fa apparire Mickey Rourke una fotocopia  di quell’animale, letteralmente, di Silvester Stallone.