mercoledì 26 novembre 2014

Purificata di nome, non di fatto

OGGI
Al Circolo di Cultura Cinematografiva "Yasujiro Ozu"


La magia del mezzogiorno d’Italia merita di essere studiata bene perché il paese è un calderone di demonologia in cui credenze orientali importate direttamente dall’Egitto, la patria classica della stregoneria, si sono mescolate a quelle dell’occidente.
Norman Douglas, Old Calabria, Aldo Martello editore, 1962
Le famiglie nel cinema italiano non si contano: i Bava, i Rossellini, i Vanzina ecc. ecc. … i Rondi. Ecco a noi interessano i Rondi: Brunello e Gian Luigi, il diavolo e l’acquasanta. Brunello è passed away nel 1989 mentre il secondo, longevo, miete ancora riconoscimenti in Italia come all’estero. Uno dei più importanti è quello datogli da Pier Paolo Pasolini : “Sei così ipocrita che quando l’ipocrisia ti avrà ucciso / sarai all’inferno e ti crederai in paradiso”. Brunello di contro ha una carriera cominciata con Rossellini e finita nel genere licenzioso ; secondo noi gli montò la testa Federico Fellini. Tant’è. Nel 1963 diede agli schermi un film, Il demonio, che ancora oggi cattura schiere di  sostenitori e noi siamo tra questi. Merito di Carlo Bellero, di Piero Piccioni, di Mario Serandrei, di Daliah Lavi, di Frank, McBain, Wolff e merito soprattutto di Ernesto De Martino. I lavori e le ricerche del grande etnoantropologo sono alla base della pellicola, come vi è pure La taranta di Gianfranco Mingozzi di un anno prima. C’è anche posto per Superstizione , documentario del 1949 di Michelangelo Antonioni. Le streghe e le possedute nel cinema italiano sono tardive, prendono piede solo nei primi anni settanta. Il loro cantore nel cinema è stato Carl Theodor Dreyer e qui  vogliamo ricordare pure Malombra, 1917,di Carmine Gallone con protagonista una strega di tutto rispetto, Lyda Borelli. Malombra rimandava ad Antonio Fogazzaro ma anche ad Edgar Alla Poe. Finiamola qui è terreno minato, anzi stregato.* Ne Il demonio  la regia di Brunello Rondi lascia stupiti: il soggetto ma soprattutto lo scenario come le figure anonime sono afferrate senza indulgenza. Il fascino di un mondo fuori dal mondo restituito con uno stile che senza difetti risente delle collaborazioni già citate con Rossellini e Fellini. Come in Dreyer siamo condotti sinceramente ad avere compassione di Purif e delle sue vicende. Ella accetta la sua diversità ed il suo sacrificio come Anne in Dies Irae.
* A questo proposito muovendosi di qualche anno in avanti mi viene da citare Il dio nero e il diavolo biondo  (Deus e o diabo na terra do sol, 1964) di Glauber Rocha, il cui sfondo, il Sertao, non è molto dissimile dalla Basilicata del Il demonio come anche  stregoni e  mistiche suggestioni. A Matera il citato Pasolini (il film di esordio di Brunello Rondi era un adattamento de Una vita violenta) vi girerà Il Vangelo ma è nella Medea (1969) che compaiono gli accostamenti: Medea, la strega euripidea del mito, con i suoi cerimoniali  per la fertilità della terra derivati ancora da Ernesto De Martino e James Frazer. Per finire, le sonorità di Piero Piccioni anticipano e ci fanno venire all’orecchio alcuni motivi del Maestro Morricone, editate da CAM, BEAT e CINEVOX, quando ancora a quest’ultimo non difettava la fisiologia della riproduzione, non dovendosi ancora assicurare  un posto in Paradiso, come fa con gli score della vecchiaia.

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