giovedì 12 gennaio 2017

Spot


Presentazione

 

mercoledì 11 gennaio 2017

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DI VASILIJ SUKSIN

La scoperta di Šukšin è stata uno degli episodi eminenti della Biennale cinema '76. Di più: si può dire senza enfasi che s'è trattato d'una rivelazione. Ora sappiamo che accanto ad Andrèj Tarkòvsikij il cinema sovietico può scrivere oggi a referto nella storia del « cinema che resta ›› anche il nome di Vasilij Makàrovic Šukšin.
Quarantacinque anni corrono tra l'alfa e l'omega della sua esistenza: 25 luglio-1929, villaggio di Srostki nel territorio dell'Altaj nella repubblica russa, sezione meridionale della Siberia occidentale; ottobre 1974, villaggio di Kletskaja, provincia di Volgograd nella repubblica russa, per un attacco d'ulcera perforante, male di cui soffriva da tempo: erano in corso le riprese di Oni sraía/is' za rodinu {t.l. Hanno combattuto per la patria) di Sergej Bondarëuik, dall'omonimo romanzo di «Michail šòlochov. E' sepolto a Mosca, dove viveva con la moglie, l'attrice Lidiija Niikolaévna Fedosséva e le sue due bambine.
La fanciullezza l'ha vissuta in campagna. La grande guerra nazionale contro il nazismo lo costringe ad interrompere gli studi. A quattordici anni va a lavorare. Nei kolchozy fa il bracciante, il muratore, lo scaricatore, il fabbro. Quando è il momento, presta servizio militare in marina. Poi fa il direttore della scuola serale per la gioventù operaia nel villaggio natio: il legame con la terra è ininterrotto, appassionato. Nel '54, a venticinque anni, tenta |'avventura a Mosca. Vorrebbe studiare all'Istituto di letteratura. Gli si rifiutano gli esami di ammissione, perché non ha pubblicato una riga.
Tenta la sorte all'Istituto di cinematografia. Il VGlK è l'“accademia" cinematografica più antica del mondo: ha fortuna, è ammesso ai corsi di regia nella classe di Michail ll'iö Romm, l'autore di Pyška [Boule de suif] e di Deviat' dnei odnogo goda (t.l.: Nove giorni in un anno).
Esce diplomato a trentun anni, nel 1960. Comincia a lavorare per il cinema come attore e come sceneggiatore. Intanto si afferma anche come scrittore con racconti e romanzi che si ricollegano alla grande tradizione della letteratura «contadina››.
Interpreta un film dopo l'altro: Dva Fëdora {t.l.: I due Fiodor] di Marlen Chuciev, 1959; Zolotoi ešelon (t.l.: Il convoglio d'oro) di l|'ja Gurin, 1959; Prostaia istoriia [t.l.: Una storia semplice) di Jurij P. Egorov, 1960; Alénka di Boris V. Barnet, 1962; Kogdà derev'ia byli bol'šimi (t.l.: Quando gli alberi erano grandi] di Lev. A. Kulidìanov,1962; tra gli altri, Miška, Serëga I ia [t.l.: Miska, Serega ed io] di Georgij S. Pobedonoscev, 1962; Kommandirovka [t.l.: Missione di lavoro) di Jurij P. Egorov, 1963; My, dvoe muãöin [t.l.: Noi, due uomini) di Jurij Lysenko, 1963; Zurnalist [t.l.: ll giornalista] di Sergej A. Gerasimov, 1967; Muìskoi razgovor [t.l.:Discorso di uomini] di Igor' šatrov, 1969; U ozeru (t.l.: Sul lago) di Sergièj A. Gerasimov, 1970; Oni sraìalis za rodinu {t.l.: Hanno combattuto per la patria) di Sergej -Bondaröuk, 1974.
Nel 1964 incontra sul set di Com'è il mare?, Lìdija Fedoséevna, allieva di Gerasimov al VGIK e debuttante già nel 1969 in Compagne di Vasilij Ordynski. Si sposano. Per otto anni Lìdija rinuncia allo schermo per badare alle bambine, salvo una breve comparsa in Bratka, primo episodio di Strana gente. Vi ritorna con Peški Iavoãki (1972), su insistenza del marito. E' anche la protagonista femminile di Kalina krasnaia (1974).
La morte impedisce la realizzazione di un nuovo film che Šukšin preparava sul suo romanzo di tre anni avanti, « Sono venuto a darvi la libertà ››, incentrato nella figura di Stepàn Razin, il cosacco che sotto il zar Alessio Romanov (1645-1676] coinvolse i contadini in una jacquerie sul Volga, una rivolta che scosse la sicurezza del potere moscovita (1670-71). Domata la rivolta, Razin fu giustiziato entrando così nella leggenda contadina come campione dell'affrancamento del servi della gleba e come anticipatore della rivoluzione sociale. Sarebbe stato il suo sesto film da regista in dieci anni, dopo Zivêt takòi pàren '(1964), Vaš syn ibrat (1966) e Strannye I/'udi (1969).

Bruno De Marchi, BIANCO E NERO, Anno XXXVII, luglio/agosto 1976




lunedì 9 gennaio 2017

Diario di un soggettista - Il pubblico è stupido



Nessun‘arte, e nessuna attività umana, si può tenere in piedi durevolmente e raggiungere l’uomo quando presuppone un disprezzo dell’uomo. Se attori, scrittori, pittori, cineasti vi dicono che il pubblico é stupido e che bisogna lavorare per questo pubblico stupido, tiratene la conclusione che l’arte è a un livello più basso del cosiddetto pubblico stupido. E questo pubblico stupido diserta le arti e gli artisti, si butta dietro le spalle e la pittura e il teatro e il cinema. Poi inselvatichisce e diventa tirannico, stimandosi dappiù dei suoi artisti. Lo è infatti, e pretende d’essere servito e adulato.
Ho conosciuto il regista “che non arriva a certe cose”. E un uomo che parla con dolcezza, mettendo bene in rilievo tutte le sue parole. Egli crea con le mani, fa gesti classici: il gesto delle mani aperte sulle tempie come due paraocchi e di guardare in mezzo ad esse, nell’angolo della macchina da presa. E nutrito di cose viste al cinema, anche lui, e di cose viste nel film americano, russo, francese, ostrogoto. Non sa che tali segreti si scoprono in una lunga consuetudine con la letteratura e che dietro a ogni film buono, russo, francese, inglese, americano, ostrogoto, esiste una base di letteratura. Allora é come se leggesse sempre le grandi opere in traduzione, la traduzione che appunto il cinema fa di ogni motivo letterario. Una volta gli dissero: “Ma perché non leggi, non t’istruisci un pochino?». “ Fossi matto, ha risposto il regista che non arriva a certe cose, fossi matto; non mi voglio sciupare». Egli è convinto, come molti sono convinti, che la cultura guasti certe qualità naturali dell’uomo, la spontaneità, la naturalezza, la volgarità, tulle cose da tenersi gelosamente custodite. Difatti egli concepisce tutto per particolari e per atteggiamenti.
                                                                                                   (continua)
CORRADO ALVARO
(Da “Scenario “, Marzo XV).

BIANCO E NERO  Anno I –  N. 3 –  31 Marzo 1937 -  XV
 

domenica 8 gennaio 2017

Un figlio della forte Sardegna

Quelli che desiderano diventare attori dello schermo

GIANNI MURA

È un figlio della forte Sardegna, di Iglesias, dove è  nato nel 1905.
Anche lui appartiene alla schiera di coloro che vorrebbero intraprendere la carriera cinematografica verso la quale si sente portato; anche lui quindi ha voluto essere presentato da queste colonne a coloro che potessero e volessero avviare dei “nuovi” in questa difficile carriera.
Gianni Mura è un giovanotto bruno, di statura media, sano, robusto. Ha fatto parte di diverse filodrammatiche e si è sempre meritato degli elogi per la sua recitazione.
È intelligente, quello che più importa, e pieno di buona volontà. Crediamo che un direttore artistico che volesse avviarlo alla carriera cinematografica, saprebbe ricavare da lui un ottimo elemento.

Chi eventualmente desiderasse interessarsi di lui può indirizzare presso il nostro giornale che si incaricherà di trasmettere.
CINE SORRISO ILLUSTRATO PER IL PUBBLICO CINEMATOGRAFICO Anno VI – N. 15 – 13 Aprile 1930 (VIII)

mercoledì 4 gennaio 2017

La strada è il loro mondo


 Dal 1954 ad oggi resta immutato l'aspetto coinvolgente del film e su quello del Prossimamente a cui Vittorio Cramer, con la sua voce, sovraccaricava il lirismo felliniano.

lunedì 2 gennaio 2017

Che cosa sono Franco e Ciccio



H. - In questo episodio (*) ha usato Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, in Italia sono due comici famosissimi, ben conosciuti per il loro stile particolare. Quindi li ha usati in due modi: non solo per quello che sono effettivamente, ma anche per il cliché con cui sono noti al pubblico.
P. – Non credo che questo sia un problema, perché loro sono quello che sono, lo si sappia o no. Li ho scelti per la loro impronta plebea, che è un po’ volgare, come l’avanspettacolo o come il teatro dei burattini più popolaresco: la loro comicità è un po’ abietta. Forse, ma è anche immediata. In Italia la gente sa che sono dei comici, all'estero non lo si saprà; ma restano sempre loro, sempre la stessa cosa.
* Che cosa sono le nuvole, 1967
Jon Halliday, Pasolini on Pasolini, 1969

domenica 1 gennaio 2017

Bacioni da film

Un film … bacesco
Parigi, Marzo.


Poiché la censura giapponese proibisce tutte le scene nelle quali gli attori si baciano, un commerciante cinematografico americano, che si trova al Giappone, ha deciso di fare un film composto di tutte le scene censurate. Ne è risultato un film lungo oltre mille metri, che è stato proiettato privatamente in una riunione di critici giapponesi e di stranieri. La visione è risultata assai interessante, soprattutto per i paragoni che si sono potuti fare tra il modo di comportarsi dei vari artisti mentre si baciano. E’ risultato che l’artista meglio adatto a baciare rimane Rampon Novarro, mentre l’attrice che dà la sensazione più grande al pubblico in queste scene di amore è Lily Damita.
CINE SORRISO ILLUSTRATO PER IL PUBBLICO CINEMATOGRAFICO Anno VI – N. 15 – 13 Aprile 1930 (VIII)