giovedì 5 febbraio 2015

Nascita del neorealismo (2)

La critica cinematografica, inaugurata da poco nei quotidiani, incoraggiò come poté l'epifania di Blasetti, il quale tuttavia fu soprattutto aiutato dalla rivoluzione che avvenne allora nel cinema, l’avvento del film sonoro e parlato. Il pubblico internazionale, che affollava le sale oscure sempre avido di nuove favole, che comprendeva benissimo il linguaggio dei suoi mimi, e che non sentiva affatto il bisogno che essi parlassero, fu sconvolto, atterrito e in parte disperso dall'avvento del film parlato. Non solo i nuovi film erano tanto più scadenti degli antichi; ma apparivano lenti là dove gli altri erano rapidi; dialettici e difficili da comprendere, là dove gli altri eran trasparenti e leggeri come acqua di fonte.
Le produzioni locali e nazionali, schiacciate senza remissione dall’imperialismo del cinema americano, capirono subito che il gigante di Hollywood nella sua smania agitatoria e nel suo acrobatico attivismo s'era tagliato le ali da solo. I film americani, che non si capivano, nessuno li voleva più vedere (l’espediente del doppiaggio era di là da venire); le sale erano deserte, ma le masse degli antichi spettatori non aspettavano che un cenno; Inghilterra, Germania, Francia e Italia allestirono in fretta, chiamando tecnici da fuori, stabilimenti cinematografici e in brev’ora nacquero, meglio rinacquero, le cinematografie nazionali.
S'è accennato prima che, al tempo della dissoluzione del primo cinema nostro, registi e attori avevano preso le vie dell’esilio. Appoggiato dallo Stato, che sentiva l’importanza politica del nuovo linguaggio, e dagli investimenti capitalistici che giocavano sul velluto nella contingente carenza della produzione straniera, il cinema italiano aveva fame di gente. Inghiottiva tutti, registi e belle amiche dei produttori, scrittori riusciti e letterati falliti, indigeni e barbari. Per una sorta di capriccio, il produttore più importante aveva chiamato, come direttore generale, un letterato finissimo, e non troppo in odore di santità politica, Emilio Cecchi, che, studioso di letterature straniere e viaggiatore, aveva una certa esperienza delle cose di fuori e che si era fatto notare con note critiche informate a un originale ed illuminato amore per il cinema. La gestione Cecchi fu caratterizzata da un film, sbagliato come impostazione e come interesse spettacolare, ma ricco di germi, Acciaio, di un documentarista tedesco, Walter Ruttmann, su uno scenario originale di Pirandello, e da un paio di film di Camerini, in sé eccellenti quanto caratteristici della produzione di questo direttore artistico. Gli uomini, che mascalzoni! fu la pellicola di Camerini che risultò più accetta al pubblico. Ebbene, ne Gli uomini, che mascalzoni! c’è in gran parte il mondo, la concezione popolaresca, e l’uso dei mezzi tecnici che piaceranno tanto agli << aficionados >> del nuovo cinema italiano del secondo dopoguerra. Ne Gli uomini che mascalzoni! la periferia di Milano coi tram saettanti nei mattini chiari di primavera; la Fiera Campionaria, la piccola gente colta sul vivo delle proprie ingenue passioni e scoperti difetti, il commento musicale,  ispirato da  quelle canzoncine, patetiche, melodiche, condotte  -sembra - sul filo di un rasoio, che gli americani, sbarcati a Salerno poco più di dieci anni dopo, scopriranno con tanto entusiasmo; attori e attrici quasi nuovi nel cinematografo (dei protagonisti, De Sica veniva dalle scene di prosa, e la ragazza, che si chiamava Lia Franca, era al suo primo film). Come non riconoscere in tutto questo gli elementi, anche se privi delle acute droghe della disfatta, che il mondo celebrerà più tardi in Sciuscià e in Vivere in pace?

Vennero poi per il cinema italiano anni di grande felicità materiale, quanto di intima povertà spirituale. Lo stesso precursore Blasetti non era riuscito che a un quasi capolavoro, 1860, in cui però, caratteristicamente, e ancor più che nel film di Camerini, sono riconoscibili i motivi della << nuova scuola ››: gli attori non di professione, gli esterni naturali; e addirittura l'espediente, che poi sarà usato da Rossellini, dei protagonisti che parlano la lingua che è loro propria, anche se è un dialetto quasi incomprensibile allo spettatore comune.
Quasi alla vigilia della guerra intanto, ma con molta più coscienza e preparazione culturale, s’era formata un’altra << chapelle >> di giovani intellettuali, fanatici del cinematografo, che s’erano raccolti attorno a una rivista, in parte dottrinaria e in parte d'informazione, che si chiamava << Cinema>› e che era diretta dal figlio del dittatore, Vittorio Mussolini. I giovanotti erano tutt’altro che degli entusiasti del regime, in quegli anni del resto in netta involuzione, ma il paravento serviva ottimamente. Nel gruppo erano fermenti vitali, nascosti, come accade, da astratte ideologie. Ma il terreno era buono; e nei paraggi, se non proprio tra
le pagine della rivista, dovevano svilupparsi le tre personalità da cui la << nuova scuola >>avrebbe preso lo slancio per gli ulteriori voli. Alludiamo al comandante di marina Francesco de Robertis, i cui Uomini sul fondo e Alfa Tau son nelle memorie di ognuno; il Visconti di Ossessione; e il Rossellini di Un pilota ritorna.  
L’autarchia cinematografica italiana non aveva aspettato il conflitto del ‘40. Già alla fine del '38, con uno di quei colpi di testa che son caratteristici delle dittature, si era deciso all’ostracismo ai film americani. Se il provvedimento risultò subito esiziale alla cultura del paese e alla fame di verità degli spettatori, oppressi dalla chiusa temperie del ventennio, i registi giovani più spregiudicati e coraggiosi ne ebbero un innegabile giovamento (qualcosa di simile capiterà in Francia ai Clouzot e ai Becker durante l’occupazione nazista). Esperimenti come quelli di De Robertis, e soprattutto come quello di Ossessione, non sarebbero stati altrimenti possibili.

Quando, subito dopo l”epifania della Liberazione, spunteranno, come i funghi dopo le prime piogge di settembre, il Rossellini di Roma, città aperta e di Paisà e il De Sica di Sciuscià, pochi penseranno a riconoscere nel primo lo sviluppo del regista di Un pilota ritorna e nel secondo la logica conclusione di certe premesse delle sue ultime pellicole.
Poi è venuto il successo internazionale: Roma, città aperta, Sciuscià, Vivere in pace, Paisà han tenuto gli schermi a Parigi, a Londra, a Nuova York, tra l’ammirazione universale. La << nuova. scuola >› è stata dappertutto imitata e sin dai maestri di Hollywood.
 1948



Pietro Bianchi, Maestri di Cinema, Aldo Garzanti editore,1972

Nella foto in alto il critico cinematografico Pietro Bianchi, 1909 - 1976, seguono screenshot da Sciuscià di Vittorio De Sica












     Pietro Bianchi  1909 - 1976


martedì 3 febbraio 2015

Nascita del neorealismo


Do il via oggi alla esposizione di alcuni articoli scritti da Pietro Bianchi, critico cinematografico dal 1928 al 1976 ma anche insegnante di filosofia e cultore di Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto come Stendhal. Egli operò in un periodo in cui il cinema era giovane come giovani lo erano le persone che vi si accostavano con vergineo amore.


Prima parte

Quasi tutti gli stranieri si sono lasciati prendere al laccio di quella che, proprio fuori d'Italia, è stata chiamata la << nuova scuola >> del cinema italiano.
Apparsa, dunque, a sprovveduti e ad ignari, qualcosa di simile ad Atena uscita, grande, ben fatta ed armata, dal 'cervello di Zeus. Si aggiunga che in tanti c”è una prevenzione moralistica, ben lieta di attribuire il trionfo del cinema italiano all’avvento delle libertà democratiche nel nostro paese.
La verità invece è un’altra. Quasi tutti i trionfanti registi di oggi sono registi non trionfanti di ieri; e molti di essi, i precursori, i Giovanni Battista della << nuova scuola >>, sono addirittura sulla breccia da diecine d’anni, dal tempo del muto.
In Italia, a essere giusti, quasi nessuno è caduto nell’orcio pieno di vento delle lodi straniere: i Rossellini, i De Sica, gli Zampa eran troppo di casa per non riconoscerli, anche se un'improvvisa celebrità rischiarava lineamenti prima oscuri. Non molti invece hanno idee chiare, idee appoggiate a una cronologia e a una storia, sull'origine, sullo sviluppo e infine sulla crisi della << nuova scuola >> cinematografica
nel nostro paese.
Come in una favola, la cosa cominciò così. A un enorme amore, sia delle masse indifferenziate quanto di molti giovani preparati e sensibili, per il cinematografo, non corrispondeva, negli anni sotto il '30, nessun concreto apporto italiano nella produzione. Vagavano, è vero, ancora qua e là i fuochi fatui della movimentata avventura del nostro cinema negli anni prima e dopo la guerra europea del '14: quando, illusi da un precipitoso trionfo, dive, registi e produttori si erano dati alla produzione di pellicole a tambur battente, fatte in pochi giorni, o addirittura in poche ore, e vendute a scatola chiusa. A un certo momento la gente di fuori aveva scoperto le arance marce sotto il primo strato di quelle fresche e aveva rifiutato << in toto >› l”articolo. Delle dive, chi non si era accasata, finì malamente; dei produttori, chi dichiarò fallimento e chi cambiò mestiere; dei registi, i più avventurati se ne andarono all’estero, cercando a Berlino e a Parigi una fortuna fattasi inimica in Italia.
Il disastro si era consumato nei due o tre anni del primo dopoguerra. Ora c'era il deserto, la terra bruciata. Le masse avide del nuovo mezzo espressivo e i giovani che, confusamente, tendevano a diventare creatori, si trovavano soli: senza macchine da presa e senza danaro, senza interpreti e senza tradizione. Sorse allora il Giovanni Battista del nostro cinema, il rozzo ma acceso precursore, Alessandro Blasetti. Chi vede ora il regista Blasetti, ancor giovane e sempre calzato dei mitici stivaloni della sua giovinezza; chi vede in questi giorni il regista Blasetti, onusto della fiducia dei produttori della Universalia, accingersi all’enorme fatica di Fabìola, film che sembra voler rínverdire il tronco già arido che ci dette Cabiria e, ahimè, Scipione l'Africano, fa una certa fatica a immaginarsi che il multanime Blasetti è il precursore in titolo della << nuova scuola >›.
Eppure è la verità stessa.
Accompagnato dalla fede che crea i santi e dall'ostinazione che fa i capitani d”industria, Blasetti, circondato da alcuni giovani, si batteva negli anni mitici attorno al ‘28, che erano gli ultimi anni del cinema muto, per una cinematografia italiana. Condotto da un istinto di vita e da una volontà di creare che erano le ragioni stesse della sua presenza nel mondo, Blasetti invocava, su una rivistina dalle idee confuse e scritta piuttosto male, l'intervento dello Stato negli affari del cinematografo. Come un fiume troppo stretto dalle dighe, infine Blasetti proruppe; quasi miracolosamente, racimolando i soldi per un film che si chiamò Soleche si svolgeva in gran parte all”aperto, che era interpretato da attori ignoti, che fu visto da pochi e che tuttavia fu il suo passaporto per il cinematografo di produzione normale.
Come a dire che Blasetti si tagliò da solo una via nella giungla, a colpi di coltellaccio e di volontà, per imboccare la via reale, la via ben asfaltata e addirittura provvista di alberi da far ombra della produzione filmistica. Press'a poco nello stesso tempo, chissà come, un regista umbratile e schivo, che giuoca su pochi motivi ma che non è privo di grazia, Mario Camerini, se ne usciva con un film coloniale, che si chiamava Kif Tebbi e che, a quell’epoca, non era privo di meriti. 

continua...

lunedì 2 febbraio 2015

Grande come il cinema


In Italia il cinema poggiava su Ferrania

domenica 1 febbraio 2015

Fratello Connery

OGGI

Grazioso filmetto … è OK Connery. Diremo subito che il nostro giudizio, nel 2015, è viziato  dalle musiche della coppia Morricone & Nicolai a cominciare dalla title track cantata da Khristy (altre volte Christy) al secolo Maria Cristina Brancucci, con le parole stupidelle di Audrey Nohra - He freels me - He keels me / He gives me the feeling that maybe it's love / He tarms me / Disarms me, When he looks in my eyes and tells me it's love / He hownts me / He won'ts me / He knows how to make a girl fall in love - . In questi suoni risento l’odore dei pomeriggi domenicali trascorsi dentro il cinema Orfeo di via Nino Bixio e rivedo Lolli in cabina di proiezione, mitico antro di Efesto, che se la diverte a gesticolare con lo zio Peppino. E quanti altri motivetti felici nello scorrere della pellicola, come il passaggio con i capelloni nostrani, beatniks  all’italiana, nel disco il pezzo si chiama Allegri Ragazzi. Neil Connery sfotte il suo fratello più ricco e la coppia Morricone-Nicolai  sfotte la coppia John Barry- Monty Norman . Alberto De Martino da par suo deride Terence Young e tutta una sfilza di attori motteggia se stessi a cominciare da Adolfo Celi e cosi Lois Maxwell  con la sua salda classe british, Anthony Dawson e Bernard M Lee. Ah, c’è anche una Bond girl vera che è Daniela Bianchi.  E ricordiamo ugualmente i doppiatori: Adalberto Maria Merli per Neil Connery e Riccardo Cucciolla per Adolfo Celi. Meglio ebbero cercato di fare Franco Franchi, Ciccio Ingrassia e Mario Bava con Le spie vengono dal semifreddo.



mercoledì 28 gennaio 2015

Caro, caro Signor Francesco Berté


Apprezzamenti per l'Orione
Gentile Direttore, accolgo l'invito per un dibattito sui Cineforum messinesi lanciato da un vostro lettore nel numero scorso.
Non sono più molto giovane ed il cinema è uno dei miei svaghi preferiti. Ho accolto quindi con viva sorpresa le critiche rivolte nei confronti del Cineforum Orione. Seguo questo circolo ormai da diversi anni e non posso parlarne che bene. Se non ci fosse stato l'Orione, penso spesso, che sorte avrebbe avuto
la cultura cinematografica cittadina? A chi sarebbe stata affidata? Al circolo Barbaro che un anno fa
attività in posti per me inaccessibili e per tre anni scompare? Oppure al circolo che svolge attività al cinema Olimpia?
A questo proposito inviterei il lettore critico a fare una visitina a questo Cineforum, di cui ho commesso l'errore di comprare la tessera. Vedrà il sig. Mittiga gente stipata all'inverosimile per colpa degli organizzatori che hanno pensato solo agli incassi; soci abbandonati a se stessi senza nessuno che li
guidi per una buona cultura cinematografica; giovani e giovanissimi che vengono solo per fare caciara con
gli amici. Durante la proiezione del film «La caduta degli dei» ho avuto l'«impudenza›› di chiedere silenzio ad un gruppo di giovinastri. Non l'avessi mai fatto, sono stato sepolto d'insulti e ho dovuto abbandonare la sala. Ho visto in pace il solo «Flauto magico» perché in sala eravamo una decina di spettatori. E vogliamo mettere questo con l'Orione, ma non scherziamo! Al cineforum Orione ho sempre trovato gente educata, ben disposta, competente di cinema, in un ambiente accogliente, con tante ed interessanti attività collaterali e schede esplicative molto chiare.
Quando ha cominciato l'Orione a Messina c`era il nulla. Poi ci sono state decine di tentativi di imitazione, ma nessuno ha avuto la vita e la serietà dell'Orione. Anche quest'anno all'Olimpia si tenta di imitare l'Orione: tessere simili, impostazione dei programmi simili, molti film già proiettati gli anni scorsi all'Orione. Per questo so già in partenza che l'Olimpia prima o poi finirà, nonostante il successo di quest'anno così come sono finiti il Barbaro, l'Achille Grandi e tanti altri. E poi non si può dimenticare che l'Orione ha portato il cinema in periferia  che ogni estate ci consente di vedere gratuitamente la rassegna del Filmnuovo.
Ma forse il sig. Mittiga non si occupa di cinema, perché nella sua lettera era tutto preso dalla politica. Io vorrei consigliargli invece di fare la tessera dell'Orione e vedere i film: non si può dire che un circolo che ha dato tanto alla città non sia valido solo perché un organizzatore ha dato un giudizio su un film che, Mittiga mi consentirà, era molto bello, ma anche un po' spinto». E poi per la gioia della sinistra l'Orione ha organizzato pure un ciclo per le femministe. Mi creda, sig. Mittiga, a Messina chi ama il cinema non può non amare l'Orione.
Francesco Bertè

Pubblicato sul settimanale Il soldo il 23 Dicembre 1978

martedì 27 gennaio 2015

40 Childrens

The Best Performances by Children 12 and Under

By Film Comment

Paper Moon Tatum O'Neil
1. Tatum O’Neal Paper Moon, age 10
Meet Me in St. Louis
2. Magaret O’Brien Meet Me in St. Louis, 7
Alice Doesn't Live Here Anymore
3. Jodie Foster Alice Doesn’t Live Here Anymore, 12
Bicycle Thieves
4. Enzo Staiola The Bicycle Thieves, 9
Let the Right One In
5. Kåre Hedebrant Let the Right One In, 11
Spirit of the Beehive
6. Ana Torrent The Spirit of the Beehive, 7
Welcome to the Dollhouse
7. Heather Matarazzo Welcome to the Dollhouse, 12
Wild Child Truffaut
8. Jean-Pierre Cargol The Wild Child, 12
The Addams Family
9. Christina Ricci The Addams Family, 11
ET Drew Barrymore
10. Drew Barrymore E.T.: The Extra-Terrestrial, 7
The Piano
11. Anna Paquin The Piano, 9
The Bad Seed
12. Patty McCormack The Bad Seed, 11
Bigger Than Life
13. Christopher Olsen Bigger Than Life, 10
National Velvet
14. Elizabeth Taylor National Velvet, 12
Night of the Hunter
15. Sally Jane Bruce Night of the Hunter, 5
I Was Born But
16. Tomio Aoki I Was Born, But... , 6
Let the Right One In
17. Lina Leandersson Let the Right One In, 11
Bright Eyes
18. Shirley Temple Bright Eyes, 6
The Other
19. Chris & Martin Udvarnoky The Other, 11
Ponette
20. Victoire Thivisol Ponette, 5
Good Morning
21. Masahiko Shimazu Good Morning, 7
Interview With the Vampire
22. Kirsten Dunst Interview with the Vampire, 12
The Innocents
23. Martin Stephens The Innocents, 12
City of Pirates
24. Melvil Poupaud City of the Pirates, 10
The Fallen Idol
25. Bobby Henrey The Fallen Idol, 9
Zazie
26. Catherine Demongeot Zazie in the Metro, 12
Tiger Bay
27. Hayley Mills Tiger Bay, 12
Whale Rider
28. Keisha Castle-Hughes Whale Rider, 12
River's Edge
29. Joshua John Miller River’s Edge, 12
The Kid
30. Jackie Coogan The Kid, 7
Near Dark
31. Joshua John Miller Near Dark, 12
Gloria
32. John Adames Gloria, 6
To Kill a Mockingbird
33. Mary Badham To Kill a Mockingbird, 10
Witness
34. Lukas Haas Witness, 9
Tarnished Angels
35. Christopher Olsen Tarnished Angels, 12
The Boy With Green Hair
36. Dean Stockwell The Boy with Green Hair, 12
Secret Garden
37. Kate Maberly The Secret Garden, 11
Alice Doesn't Live Here Anymore
38. Alfred Lutter III Alice Doesn’t Live Here Anymore, 12
Little Miss Sunshine
39. Abigail Breslin Little Miss Sunshine, 10
The Shining
40. Danny Lloyd The Shining, 7
L'originale è qui:
http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20-expanded-to-40-the-best-performances-by-childr

domenica 25 gennaio 2015

Provvidenza per Iginio Lardani

Soltanto raffrontandolo ad altri si può attribuire questo prossimamente ad Iginio Gigi Lardani. La grafica e i fermo immagini rielaborati sono inconfondibilmente Lardani.