giovedì 24 ottobre 2013

From William Golding to Peter Brook

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE


“ Non avevo bisogno di una sceneggiatura e tutto quello che volevo era una modesta somma di denaro, bambini, una macchina da presa e una spiaggia …se il libro di Goding è un concentrato della storia dell’uomo, la storia della realizzazione di questo film è come un concentrato della storia del cinema, che fa luce su tutte le insidie, le tentazioni e le sofferenze patite a diversi livelli “. Peter Brook


In un’isola dell’oceano indiano precipita un aereo che trasporta bambini nel tentativo di allontanarli da un prossimo conflitto, questa volta nucleare, in Europa; dal Regno Unito erano diretti in Australia. Sono rampolli di gente al potere: nobili, militari, borghesi, insomma ricconi e con i soldi in Svizzera. Provengono da svariati collages con solide basi lutero-calviniste o da esso derivati come anglicani.
Una volta riuniti i piccoli superstiti ed eletto un capo comincia la lotta di prevaricazione da parte del sottocapo, colui che comanda i cacciatori ma soprattutto comanda gli addetti al fuoco, acceso come segnale di avvistamento. E’ davvero una lotta intestina che porta all’annientamento dei più miti e dei più saggi, condotta a termine da coloro che sono ritornati ad uno stato di imbarbarimento sfrenato.
Sul capolavoro di William Golding ,1911 – 1993, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1983, da cui il film è tratto si è detto di tutto e con competenza specifica, lo stesso accadde e continua ad accadere oggi  al film di Peter Brook, un’opera che lascia sbalorditi soprattutto per l’aiuto che il regista ha avuto da Tom Hollyman e Gerald Feil sul piano figurativo.
Quello che mi pare non evidenziato, sia per il romanzo originale sia per il film di Peter Brook, è l’aspetto ludico preferendo mettere l’accento sulla metafora, che i due certamente propongono, col, mondo degli adulti e la progressiva affermazione dei poteri nell’avanzata della civiltà.
Bambini e ragazzi non smettono di giocare, un po’ come avveniva nei piccoli spettatori del cinema Loreto di Platì che dopo aver assistito alle nefande avventure dei grandi, usciti dal cinema, ispirati, cercavano di riprodurle sotto forma di gioco nella fiumara.
Nel romanzo come nel film il male è reale ed il sangue è rosso.

mercoledì 23 ottobre 2013

martedì 22 ottobre 2013

Le olive sono mature

In attesa di una fiction su una bella raccoglitrice di olive e sulla dura fatica che facevano segnalo questo bel documentario di Luigi Di Gianni. Il regista cattura e registra un  momento della storia calabrese al suo termine, consegnandoci immagini abbastanza realiste sulla fatica delle donne.


lunedì 21 ottobre 2013

Una vita al margine del cinema

Renato Terra
Napoli, 26 luglio 1922 – Roma, 28 novembre 2010
Con Pietro Germi, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Valerio Zurlini e molti, molti altri.
Da napoletano divenne sullo schermo siciliano e soprattutto calabrese.

giovedì 17 ottobre 2013

Don Peppino Musolino




« Nd'ebbiru alligrizza chiddu jornu
quandu i giurati cundannatu m'hannu...
ma si per casu a lu paisi tornu
chidd'occhi chi arridiru ciangirannu »

Se avete mai assistito ad un’opera dei pupi vi potete fare un’idea di questo film, Il brigante Musolino di Mario Camerini. Il pupo protagonista muovendosi a scatti, voce grossa grassa, bastona tutti, ma è anche innamorato; i carabinieri fanno da contorno.
Nella realtà Giuseppe Musolino ( 1876 – 1956 ) accusato di un crimine non commesso, esasperato, non riconoscendo né la giustizia di Dio, tanto meno quella degli uomini, scappa e con un serbatoio di sangue freddo in corpo uccide quanti lo hanno fatto condannare. Compiuta la vendetta, povero ed infelice, comprende che l’unico posto dove può rifugiarsi è il carcere. Lo stato senza riaprire il precedente processo e riconoscere i torti commessi sulla sua testa, lo condannò all’ergastolo a vita, causandogli con ciò l’infermità di mente.
Nel film di Camerini, il secondo sulle gesta di don Peppino, dopo quello di Elena Notari del 1924, come nell’opera dei pupi, l’ambiente dove i personaggi si muovono è del tutto assente, nessuna descrizione che colloca in un contesto preciso le azioni sceniche, come riconosciuto a Il lupo della Sila, anche se vengono nominati, da Nazzari, San Luca e il Santuario.
Le pecche del film, recitato discretamente, provengono tutte dal soggetto e principalmente dalla sceneggiatura a cui prese parte un mucchio selvaggio di nomi che diventeranno molto attivi, in seguito, nella regia. Camerini in fase di realizzazione farà ulteriormente di testa sua mischiando il melodramma all’opera pupara. Questo non toglie che il film vada bene con gli incassi e le presenze nelle sale disseminate in tutta la penisola, isole comprese. Del resto in quegli anni il pubblico, fatto per la maggior parte, dal popolo delle periferie, di qualsiasi origine, urbana come della provincia, non chiedeva che fango, sudore e polvere da sparo, verniciati con un po’ di erotismo. Se cercate qualcosa di calabrese nel film ne troverete poca, anche la parlata è viziata di siculo-campano. Rimane Calabresella mia, accennata nella colonna sonora di Enzo Masetti e nella scena della vendemmia cantata dalle popolane, ma in realtà registrata in studio e sovraimpressa in bocca alle vendemmiatrici.
Tra gli attori voglio segnalare Gino Morisi nella parte del capo ‘ndranheta don Pietro Solemi. In certi momenti, per altro pochi, mi ricorda il Jason Robards di C’era una volta il west di mastro Sergio Leone, uno degli assistenti di Musolino. Pardon, di Camerini.

Resistenza e Rivoluzione


Roberto Rossellini 1906 - 1977
 

Alberto Lattuada 1914 - 2005



Alessandro Blasetti 1900 - 1987

Già nella Corona di ferro il genere sembra parodiare se stesso. Rossellini, Lattuada, Blasetti tentano già un realismo di classe internazionale. E’ tuttavia con la Liberazione che esso imparerà a liberare, altrettanto pienamente, le sue volontà estetiche, a permettere loro di svilupparsi in condizioni nuove che non mancheranno di modificarne sensibilmente il senso e la portata.

I Italia Resistenza e Liberazione non sono affatto, come la rivolta di Parigi, semplici frasi storiche. Rossellini ha girato Paisà in un periodo in cui il suo racconto era ancora attuale. Il bandito mostra come la prostituzione e il mercato nero si siano sviluppate nelle retrovie dell’esercito, come la delusione e la disoccupazione portino un prigioniero liberato al gangsterismo. A parte alcuni film che sono incontestabilmente dei film di “ Resistenza “ come Vivere in pace e Il sole sorge ancora, il cinema italiano si caratterizza soprattutto per la sua adesione all’attualità. … anche quando il nucleo essenziale della storia è indipendente dall’attualità, i film italiani sono prima di tutto dei reportage ricostruiti.

 Ne deriva che i film italiani presentano un valore documentario eccezionale, che è impossibile tirarne via la storia senza trascinare con essa tutto il terreno sociale nel quale affonda le sue radici.

Ciò che continua ad essere ammirevole e ad assicurare al cinema italiano un credito morale amplissimo nelle nazioni occidentali è il senso che acquista in esso la pittura dell’attualità. In un mondo ancora e già ossessionato dal terrore e dall’odio, in cui la realtà non è più quasi mai amata per se stessa ma solo rifiutata o difesa come segno politico, il cinema italiano è il solo a salvare, nel senso stesso dell’epoca che dipinge, un umanesimo rivoluzionario.



mercoledì 16 ottobre 2013

Fedeltà e rinnovamento

Scirocco d’inverno Miklos Jancso
  Nel cinema di Jancso, Scirocco d’inverno, ha la stessa importanza che hanno avuto Luci d’inverno e Persona di Bergman. Davanti a questi autori per i quali la fedeltà a se stessi coincide con un incredibile rinnovamento, corriamo il rischio di commettere gli equivoci più grossolani. Accusare autori come Hawks, Bergman o Jancso di ripetersi dimostra una fondamentale incapacità di mettersi in rapporto con la figura del cineasta.